Si è parlato tanto di banche nel nostro percorso su Covid-19 e criminalità, perché dalle banche passa quel flusso di denaro che lo Stato ha offerto alle imprese in difficoltà e grazie a questo denaro le aziende avrebbero la possibilità di evitare di imbattersi nelle sabbie mobili dell’usura. Amedeo Manzo è il presidente della Banca di credito cooperativo di Napoli e a lui, massimo dirigente di un istituto fortemente radicato sul territorio e che ha nel suo statuto l’obiettivo di costruire il bene comune attraverso “l’innovazione sociale e l’economia positiva”, abbiamo chiesto di soffermarsi su alcuni punti toccati in questo focus.
Come funziona per le aziende la procedura di richiesta del prestito garantito dallo Stato?
“Abbiamo creato, in chiave digitale, la possibilità di fare questa domanda in maniera molto semplice, con soli quattro documenti da ‘scannerizzare’. Ci siamo aperti al territorio, per dare una mano a chi, adesso, ha delle difficoltà. Questo è per quanto riguarda i 25mila euro. Non ci siamo tirati indietro anche per le operazioni più grandi, perché le banche devono sviluppare un rapporto con le persone, mettendo al centro l’uomo e non fermandosi all’aspetto burocratico e agli algoritmi. È necessario portare avanti un ragionamento che punti al rating umano, che vada oltre all’algoritmo, dando la possibilità alla persona di poter sviluppare i propri programmi, le proprie idee. Tutta una serie di fattori che vengono fuori dalla conoscenza e che possono consentire a un’impresa di vedersi finanziato un progetto che da altri parti non lo sarebbe. Tutto questo può proiettare realmente in una fase 2. Abbiamo avuto sicuramente un momento difficile, le imprese hanno chiuso, rispondendo agli obblighi normativi, ma ora è necessario ripartire, progettare un’economia nuova. Le fasi 2 e 3 non possono prescindere dal sostegno bancario. Questo momento può essere anche una grande opportunità imprenditoriale”.
Da più parti si sollecitano le banche a fare presto nel dare le risposte. Ritiene che queste pressanti richieste siano giustificate o che le banche facciano già molto per velocizzare le pratiche?
“Io credo, al di là di qualche sparuto esempio, che le banche si sono caricate il sostegno dell’Italia, soprattutto in questo particolare momento. Le garanzie sono cose importanti, ma è importante anche sostenere chi realmente opera in attività imprenditoriali. Per fare questo le banche hanno bisogno di istruttorie, che possono essere minime nel caso dei 25mila euro e un po’ più consistenti per importi maggiori. È chiaro che, in questo momento, bisogna cercare di dialogare con le imprese, dargli sostegno e una consulenza, perché questi sono prestiti e i prestiti vanno rimborsati. Alle persone bisogna far capire che sicuramente c’è la possibilità di fare finanza ma, al contempo, questi prestiti se non rimborsati portano all’escussione delle garanzie. Un imprenditore, dunque, deve utilizzare queste possibilità quando ha le idee chiare e quando pensa che la sua azienda sia in condizione di navigare in questo mare agitato, trovando delle soluzioni da terzo millennio, che prevedono l’uso di sistemi informatici più avanzati, ma che, allo stesso tempo, lasciano al centro la persona, il dialogo e lo sviluppo di una vera democrazia di opportunità. Fare in modo che a tutti sia data l’opportunità di poter fare impresa, ma con l’attenzione e la selettività, per evitare di finanziare persone che non meritano ciò”.
A tal proposito, oltre ai controlli sulla documentazione, le banche hanno anche la possibilità di verificare se i soldi vanno ad imprese controllate o in odore di criminalità?
“Parlo della nostra esperienza. Noi operiamo nell’area metropolitana, abbiamo un approccio molto prudente e selettivo. Lo definirei un coraggio misurato. Effettuiamo una serie di accertamenti per avere la certezza che la liquidità, e soprattutto questi fondi dello Stato, vengano immessi nei circuiti trasparenti. Noi siamo tra i sostenitori più forti del rating della legalità. La nostra è un’attenzione meticolosa e mi sento di dire che tra le centinaia di finanziamenti che abbiamo fatto e stiamo facendo ci sono tutti imprenditori meritevoli di avere fiducia. Attraverso questa fiducia potranno ripercorrere quella spirale positiva, che sul nostro territorio significa posti di lavori e benessere per tutti. Se le imprese vanno bene pagano imposte, canoni di locazione, assumono persone. il riavvio della spirale positiva può trainare la Campania fuori da questo momento”.
Dall’attendere i tempi lunghi della pratica, al chiedere i soldi alla criminalità il passo può essere breve. Cosa prova quando un cittadino, un imprenditore cade nelle grinfie dell’usura?
“Siamo stati tra i primi a sottoscrivere il protocollo con la Prefettura per l’utilizzo dei fondi antiracket e antiusura, utilizzando le garanzie delle legge 108/96 e sono tantissimi i finanziamenti che abbiamo elargito ai cosiddetti soggetti non bancabili, con la garanzia dello Stato. Questo modello di affiliazione, che io ho chiamato rating umano, è un modello che ci consente, attraverso il dialogo, di sostenere famiglie e imprenditori in difficoltà. Sono convinto che efficienza e umanità possano essere frutti dello stesso albero. Quando una famiglia o un imprenditore cade nell’usura o nel racket è una sconfitta per tutti. Dobbiamo cercare di sviluppare un’attività congiunta, mettendo da parte la massimizzazione del profitto, pensando a un profitto misurato, ma guardando soprattutto a un interesse collettivo”.
Detto con sincerità, ma alle banche conviene elargire questo tipo di prestiti, anche se garantiti dallo Stato?
“Mi immagino che elargire dei finanziamenti di 25mila euro a tassi previsti da un decreto non dia l’idea di profitto. È un’operazione che le banche stanno facendo in sinergia con lo Stato per aiutare i nostri concittadini. Da quello che mi risulta tutte le banche stanno dando il loro sostegno, qualcuna più velocemente, altre meno, però credo che la misura, dopo un’iniziale fase di rodaggio, stia dando risultati. Le banche stanno finanziando chiaramente i soci e i clienti che conoscono, ma poche sono quelle che hanno l’interesse di andare fuori dalla propria cerchia. Noi lo abbiamo fatto, perché pensiamo che non si può essere una buona banca in un territorio che non funziona. Dobbiamo dare un sostegno, con attenzione, ma darlo”.
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