Con il protrarsi della permanenza obbligata tra le mura domestiche risulta sempre più necessario che ognuno di noi, oltre a mantenersi costantemente aggiornato sulle principali notizie provenienti dal mondo esterno, sia capace di ritagliarsi un momento della giornata per una fuga controllata dalla realtà, un’evasione mentale che diventi anche, se possibile, occasione di scoperta e arricchimento. Largo, quindi, ad attività come la lettura o l’ascolto di musica, alle quali nel caos della quotidianità riservavamo minimi ritagli del nostro tempo libero. A tale scopo, ecco la sesta parte della nostra playlist: altri dieci album, sempre in ordine cronologico, da scoprire o riscoprire nel corso di questa settimana. Qui è possibile trovare la prima, la seconda, la terza, la quarta e la quinta parte della selezione musicale.
1. Blues Breakers with Eric Clapton – John Mayall & The Bluesbreakers, 1966
Album seminale per il blues rock e per la scena musicale britannica degli anni Sessanta in generale, è caratterizzato dal sontuoso contributo chitarristico di Eric Clapton, che in questo disco suona la sua leggendaria “Beano” Les Paul, la chitarra Gibson che sarebbe stata rubata al musicista pochi mesi dopo. Un binomio, quello tra lo strumento e Clapton, che avrebbe influenzato pesantemente il sound, il modo di suonare e concepire la chitarra blues rock negli anni successivi. Fu dopo questo disco che “God”, come venne soprannominato proprio in quegli anni, diede vita alla breve e fortunata esperienza dei Cream con Jack Bruce e Ginger Baker.
2. Pearl – Janis Joplin, 1971
Ultimo album in studio della leggendaria cantante statunitense, è costituito dal materiale registrato tra il 5 settembre e il 1 ottobre 1970, pochi giorni prima di quel famigerato 4 ottobre che strappò alla musica uno tra i suoi talenti più cristallini, quando le session in studio non erano ancora terminate. Nonostante ciò, Pearl non è una sconclusionata raccolta di take incollate assieme alla meno peggio, ma un album coerente e ben realizzato, che con brani come Cry Baby e Me and Bobby McGee dimostra inconfutabilmente come al momento della sua dipartita la cantante texana avesse ancora molto da dire musicalmente.
3. Band on the run – Paul McCartney and Wings, 1973
Questo disco è universalmente considerato il miglior album di Paul McCartney con i Wings ed è senza dubbio uno tra i più riusciti lavori pubblicati da un membro dei Beatles dopo lo scioglimento dei Fab Four. Le doti compositive di Sir Paul e i temi ricorrenti di evasione e libertà fanno di questo album un compagno perfetto per rinverdire una forzata permanenza domestica di pensieri positivi e musica di altissimo livello. Sia Jet sia la title-track rimangono, ancora oggi, magnifici cavalli di battaglia delle esibizioni dal vivo del musicista di Liverpool.
4. If you want blood you’ve got it – AC/DC, 1978
L’energia prorompente della musica di Angus Young e soci, specialmente nei contesti live, non è argomento di discussione. Questo album dal vivo sarà tuttavia una scoperta anche per molti, specialmente per chi si è stufato dei grandi abusatissimi classici del gruppo australiano: registrato all’Apollo Theatre di Glasgow nel 1978, prima di Highway to Hell e ben prima di Back in Black, cattura perfettamente la potenza selvaggia dei primi anni della band con Bon Scott alla voce. Le ruggenti interpretazioni di Riff Raff, Whole Lotta Rosie e Let There Be Rock vi travolgeranno senza alcuno scampo.
5. Discipline – King Crimson, 1981
L’ottavo lavoro in studio della band britannica è anche il primo dopo sette anni di vuoto, a seguito di un primo scioglimento e di una successiva rifondazione non interamente programmata. Quando Robert Fripp ridà vita al progetto, la scena musicale è totalmente cambiata, così come le carte in tavola: con l’entrata in formazione degli americani Adrian Belew e Tony Levin, i King Crimson danno alle stampe un disco che strizza l’occhio alla modernità e alla new wave del periodo. Il ritmo ipnotico di Elephant talk e l’eterea bellezza di Matte Kudasai sono i due volti che convivono e si intrecciano in questo disco.
6. Lawyers in love – Jackson Browne – 1983
Album conosciuto al grande pubblico principalmente per la title track e per la hit Tender is the night, questo lavoro del cantautore statunitense rappresenta un affresco della upper-middle class americana dei primi anni Ottanta, divisa fra sogni, romanticismo e vita quotidiana su cui fanno spesso e volentieri capolino le cupe nuvole della guerra fredda. Un disco pop ben scritto, che scivola via piacevolmente all’ascolto e, tuttavia, riesce a delineare un’immagine molto vivida di un’epoca.
7. Paté d’animo – Claudio Bisio (e Rocco Tanica), 1991
Momento goliardia, o forse non del tutto. Questo disco è in realtà una collaborazione fra il comico milanese e Rocco Tanica, geniale tastierista e compositore di Elio e le storie tese, impegnati nel dar vita a un irresistibile divertissement musicale, anzi di più: Tanica, grazie a un sapiente gioco di campionamenti e a un paio di incursioni dei suoi compagni di band, riesce a sfornare un prodotto musicalmente interessante e, tra il serio e il faceto, tra Aretha Franklin e un gruppo di pescatori greci, si dimostra avanti anni luce rispetto alla scena musicale italiana del periodo. La canzone più conosciuta del disco, Rapput, divenne un vero e proprio tormentone dell’estate 1991.
8. Automatic for the people – R.E.M., 1992
Nel 1992, Michael Stipe e soci erano un gruppo sulla cresta dell’onda: il loro precedente lavoro, Out of time, aveva trasformato i R.E.M. da cult band americana a musicisti di fama internazionale, specialmente grazie al successo del singolo Losing my religion. Il nuovo Automatic for the people è un album riflessivo e a tratti enigmatico, la cui natura intimistica si rivela fin dalla prima traccia, Drive, per raggiungere vette di lirismo musicale e poetico con brani come Nightswimming e Man on the moon. Sui raffinati arrangiamenti d’archi c’è la prestigiosa firma di John Paul Jones dei Led Zeppelin.
9. Dummy – Portishead, 1994
Lato oscuro della musica anni Novanta con il suo mix di hip hop, elettronica, psichedelia, acid jazz e tanto altro, il trip hop è uno tra i migliori prodotti forgiati in quella fiorente e melanconica fucina musicale che era la scena alternativa di quel periodo in Gran Bretagna. Tra i pesi massimi del Bristol sound, oltre ai famosissimi Massive Attack, si annoverano anche i Portishead, il cui primo disco è considerato un capolavoro assoluto del genere, sospeso tra suggestioni vintage e innovazione in un connubio che suona fresco ancora oggi.
10. St. Elsewhere – Gnarls Barkley, 2006
Album di debutto del duo americano formato dal cantante CeeLo Green e dal produttore Danger Mouse, riscosse un immediato successo in tutto il mondo grazie a una formula che univa il soul, l’hip hop e notevoli influenze provenienti da un passato più o meno remoto. La musica del singolo apripista Crazy, una hit indiscussa di quell’anno, si rifà a un brano scritto dagli italiani Gian Franco e Gian Piero Reverberi per il film Preparati la bara!, spaghetti western diretto da Ferdinando Baldi del 1968. Uno tra i tanti collegamenti un po’ improbabili dei quali è costellata la storia della musica.
(Si ringrazia, per la preziosa collaborazione fornita, gli organizzatori del Music Remains, un’interessante realtà culturale che periodicamente, al Civico 103 di Aversa, promuove incontri di ascolto collettivo e riscoperta degli album che hanno fatto la storia della musica, rigorosamente in vinile).
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