Una donna, un furgone, una scelta di vita. Candidato a sei premi Oscar nel 2021 (tra cui miglior film e miglior fotografia) Nomadland è il manifesto dell’emarginazione e del nomadismo, condizione di vita sospesa tra scelte e necessità. Frances McDormand (candidata all’Oscar come miglior attrice protagonista) è Fern, vedova che abbandona la città di Empire, Nevada, a seguito della chiusura dell’azienda presso la quale lavorava e che inizia un viaggio fuori dalle convenzioni. Alla regista cinese Chloé Zhao (in lizza agli Academy Awards per miglior regia, per miglior montaggio e miglior sceneggiatura non originale) va il merito di aver adattato al grande schermo l’inchiesta della giornalista Jessica Bruder e di averla trasformata in una meditazione sulla vita.
Sullo sfondo della grande recessione e della crisi delle convinzioni legate alla stabilità, Fern si fa pioniera di nuove frontiere di possibilità che esaltano il senso del vagare. Lo sradicamento dell’uomo masticato e sputato dalla “tirannia del dollaro” è al centro di una scenografia che si avvale della fotografia naturalistica del deserto e di un montaggio che gioca sul rapporto uomo\natura per conferire spiritualità al racconto. Le musiche di Ludovico Einaudi accompagnano il viaggio della protagonista con la giusta dose di malinconia e diventano il sentiero emozionale che guida lo spettatore attraverso le lande desolate degli Stati Uniti occidentali. Gli stenti quotidiani della vita nomade sono messi in risalto dallo sguardo introspettivo della regia, forte dell’espressività visiva e corporea della McDormand che dimostra di essere in grado di reggere da sola il peso delle inquadrature.

La forza della narrazione sta tutta nella scelta esistenzialista della sceneggiatura che si affida a toccanti dialoghi sulla morte, sull’elaborazione del lutto, sulla solidarietà. Lo scorrere di vecchie diapositive di famiglia, l’incontro con la sorella, il ritorno a casa per l’ultimo saluto alla memoria del marito prima di rimettersi di nuovo in viaggio sono le immagini con cui Fern si congeda dallo spettatore lanciando un monito: nomade non è chi non ha radici, ma chi sceglie di vivere secondo la sua natura portando con sé il ricordo del passato e la speranza di nuovi incontri lungo la strada.
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