Dopo l’allarme lanciato da Confesercenti, in questi giorni a rincarare la dose ci pensa Confcommercio-Imprese per l’Italia, secondo cui la corsa continua degli aumenti dell’energia e un’inflazione prossima all’8% mette a rischio da qui ai primi sei mesi del 2023 circa 120 mila imprese del terziario di mercato e 370 mila posti di lavoro.
È la stima contenuta nella congiuntura di settembre dell’ufficio studi di Confcommercio. Secondo il direttore, Mariano Bella, intervistato questa mattina dall’agenzia di stampa AdnKronos, si tratta di “una stima prudenziale. Abbiamo preso soltanto le imprese più piccole e solo il 10% più debole di queste aziende. Quindi si tratta di una stima estremamente prudenziale”.
Una realtà drammatica, che rischia di mettere in ginocchio la nostra economia, il nostro Paese e la tenuta stessa di un sistema democratico. “I costi sono fuori controllo, i prezzi alla produzione fanno segnare un +21% nei primi sette mesi del 2022. Ma nei primi sette mesi del 2022 l’inflazione, al netto dell’energia, non è in realtà andata oltre il 2,8%. Il direttore dell’ufficio studi di Confcommercio ricorda poi che “gli indicatori di redditività delle imprese sono letteralmente crollati negli ultimi trimestri, questo anche per sfatare l’altro aspetto mitologico per cui le cose le pagano le famiglie consumatrici e i pensionati. No, il maggiore costo delle bollette energetiche lo sta pagando anche il sistema produttivo”.
Tra i settori più a rischio, rientrano il commercio al dettaglio, in particolare la media e grande distribuzione alimentare che a luglio ha visto quintuplicare le bollette di luce e gas, la ristorazione e gli alberghi con aumenti tripli rispetto a luglio 2021, i trasporti che oltre al caro carburanti (+30-35% da inizio pandemia ad oggi) si trovano ora a dover fermare i mezzi a gas metano per i rincari della materia prima; ma a risentire pesantemente di questa situazione sono anche i liberi professionisti, le agenzie di viaggio, le attività artistiche e sportive, i servizi di supporto alle imprese e il comparto dell’abbigliamento che, dopo una stagione di saldi marginalmente favorevole, si trova oggi a dover sopportare incrementi consistenti. Le imprese chiedono un aiuto concreto, ora.