Il clan Picca stava pianificando la costruzione di un impianto di cremazione, utilizzando terreni appartenenti alla Curia Vescovile di Aversa (Caserta), che li aveva, a sua volta, affittati a due persone, padre e figlio, quest’ultimo professore. Entrambi sono stati contattati dal boss del clan, che ha cercato di costringerli a cedergli l’uso del terreno. C’è anche questo tentativo di estorsione, tra i vari reati contestati ad Aldo Picca dai carabinieri di Caserta e dalla Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) di Napoli, che hanno recentemente portato all’emissione di 42 misure cautelari, tra arresti, domiciliari e divieti di dimora in Campania.
Le indagini degli investigatori hanno permesso di far luce sulla vicenda, che vede il boss Picca, ex capozona di Teverola e Carinaro per conto della fazione Bidognetti del clan dei Casalesi, minacciare direttamente gli affittuari per ottenere ciò che voleva. Durante gli incontri con le vittime, il boss ha chiarito le sue intenzioni con minacce esplicite: “La terra serve a me”, ha intimato al professore, che, inconsapevole dell’identità del suo interlocutore, ha risposto minacciando di denunciarlo. La reazione del professore ha spinto il padre a intervenire per cercare di smorzare la tensione, mentre Picca ha ribadito la sua natura criminale, affermando: “Lui è professore, io sono delinquente“. L’area in oggetto, finita nel mirino del boss Picca, è stata poi sottoposta a sequestro: malgrado fosse destinata all’esclusivo uso agricolo vi erano stati realizzati un campo di calcetto e alcune baracche. È importante sottolineare che, tutta la vicenda è avvenuta all’insaputa della Curia Arcivescovile di Aversa.