È una vastissima rete di solidarietà e di innovazione economico-produttiva quella che sta prendendo piede in Campania: oltre cento aziende attive sul territorio regionale, infatti, hanno annunciato la riconversione dei loro apparati industriali per realizzare mascherine, respiratori, strumenti di diagnostica e di monitoraggio e altri dispositivi fondamentali per il contrasto dell’emergenza epidemiologica da Coronavirus in atto. A fare da centro di coordinamento tecnico e logistico per questo importante apparato, tuttora in crescita, c’è l’Università degli studi di Napoli Federico II, che grazie a docenti e ricercatori fornisce il know how necessario per la riconversione dei macchinari e per la supervisione dell’intero processo produttivo di ogni singola fabbrica coinvolta. L’equipe messa in campo dal rettore Arturo De Vivo, già a poche ore di distanza dal decreto Innova per l’Italia, ha dimensioni tali da permettere una gestione efficace dell’impresa, con 165 professori e ricercatori, 51 gruppi di ricerca di sedici Dipartimenti diversi, sparsi su tre Poli universitari.
A dirigere le operazioni il professor Pier Luca Maffettone e Leopoldo Angrisani, a capo del Centro servizi metrologici avanzati, incaricati di coordinare una squadra numerosissima che segue le singole aziende dalla richiesta dei permessi legali per la riconversione alle autorità fino ai test dei prodotti finiti. Molti i settori diversi accorsi in aiuto della comunità ma, come prevedibile, il comparto più rappresentato è quello della moda, con oltre sessanta società impiegate attualmente nella produzione di mascherine chirurgiche e protettive, a proposito delle quali il governatore Vincenzo De Luca ha annunciato oggi la messa in produzione e la conseguente distribuzione di massa di tre milioni e mezzo di pezzi, in vista dell’ordinanza che, da maggio, ne renderà obbligatorio l’utilizzo anche in Campania quando si uscirà da casa. Tra i primi marchi scesi in campo per i dispositivi di sicurezza si annoverano la Kiton, azienda specializzata nella sartoria di lusso, e la Natuzzi, che può avvalersi di grosse quantità di tessuto non tessuto, materia prima necessaria nella fabbricazione di mascherine di tipo chirurgico.