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Home Rubriche Le sprezzature di Dionisio

E quindi uscimmo a riveder le stelle

Gli avvenimenti dell'ultima settimana, tra Covid-19 e lockdown, raccontati dalla penna lisergica e sopra le righe del regista Sandro Dionisio

Sandro Dionisio di Sandro Dionisio
27 Marzo 2021
in Le sprezzature di Dionisio

Sono da sempre un appassionato del concetto di lieto fine. Una costruzione così apparentemente semplice, eppure così complessa. La tenuta narrativa di storie che confluiscono in un finale positivo coccola la mia parte infantile, ancora (lo ammetto) così presente e importante nella mia visione di uomo adulto. Ne ammiro la capacità drammaturgica di frapporre, con calcolata frequenza, ostacoli progressivi alla visione dell’eroe perché questo giunga a una finale risoluzione dei suoi conflitti, emozionando il pubblico. L’happy ending è tutto in un buon film americano, negli anni Quaranta come nella cinematografia attuale. Perché, diciamocelo, l’umanità meritatamente vola verso un happy ending.

Poco importa che i ghiacciai continuino a sciogliersi e che è destino che le più importanti capitali marinare del globo saranno prima o poi sommerse dagli oceani. Né va data eccessiva importanza al fatto che il nuovo anno si sia presentato con la calata nel Campidoglio americano degli Unni. Proprio quelli, con tanto di elmo con le corna. Nulla potrà impedire all’illuminato sceneggiatore dell’universo il sospirato lieto fine. Gli umani non si estingueranno, metteranno basi su Marte e massaie galattiche coltiveranno nuovi frutti cibernetici tra le sabbie del pianeta rosso, innalzando palizzate a difesa del territorio e scotennando alieni inermi come i pionieri americani fecero con le tribù indiane. Le arti troveranno nuova linfa vitale nel distanziamento. Il divario economico e sociale tra i popoli rimasti sul pianeta azzurro sarà sempre più sottile e, col tempo, una nuova pace sociale prospererà tra i popoli sofferenti sopravvissuti all’Apocalisse, finalmente consapevoli.

Solo una mente ostinata e abiettamente scettica potrebbe obbiettare che, intanto, il 2021 si sia fatto conoscere con mala grazia, che il rottamatore con la faccia da fumetto continui a dettare l’agenda politica di un paese diviso su tutto, che i sovranisti nostrani siano all’apice della popolarità, che nel mondo ci siano masse armate convinte che una lobby di pedofili governi il mondo, tramando di succhiare il sangue vivo degli infanti, che le popolazioni globali di animali selvatici abbiano subito negli ultimi anni un declino di più di due terzi o che, nel solo 2019, una foresta pluviale grande quanto la Svizzera sia andata perduta. Non basta.

Bisogna saper leggere tra le righe, cogliere il geniale disegno dell’happy ending e avere fede! Anche Dante affida a sé stesso e a Virgilio il faticoso attraversamento della “natural burella” che collega l’Inferno alla spiaggia dell’Antipurgatorio prima della conquista del Paradiso, prima di quel tornammo a riveder le stelle che è, ormai, oltre che un verso geniale e paradigmatico, una promessa certa di futuro e un appuntamento con la felicità.  

Soffermiamoci su questo: l’anniversario del poeta più caro alla patria sensibilità sia da monito e conforto a tutte le menti instabili provate da un anno e più di defaticante segregazione, miseria e deprivazione. Nel settecentesimo anno dalla morte del Sommo poeta, come ciascuno di voi mi affaccio titubante alla finestra delle notizie giornalistiche, paventando l’ennesimo elenco di sciagure e divieti e, invece, mi ritrovo inondato da un venticello da happy ending, da una poderosa e benaugurale ondata di ottimismo e di sincretica, euforica bramosia di vita.

Veniamo ai fatti: il presidente del Consiglio già soprannominato Dragon Ball nonostante la ben meditata assenza mediatica, punta in alto promettendo 500mila dosi di vaccino inoculato al giorno, mentre super Salvini ha ordinato una tutina in latex e si prepara a incarnare l’ennesima squisita declinazione del mito del superuomo: afferma, infatti, di lavorare (lui, tutto solo, a quanto pare di capire) a una riapertura degli esercizi commerciali per aprile, cioè dopodomani. In pratica il nostro, nella sua infallibile capacità di mediazione, sta cercando un compromesso accettabile col temibile virus del Covid-19 perché la smetta di molestare gli italici suoli e vada, come giusto e auspicabile, a concentrarsi sulle popolazioni indigene di qualche remota località australe.

Impresa ardita, ma evidentemente alla portata dei superpoteri di super Salvini, politico forse non dalle numerose idee, ma di sicuro granitiche e immutabili, com’è noto! (la tutina, mi comunicano in questo momento è di quel verdognolo spento che rimanda raffinatamente alle acque del Po). La sua ex socia, invece, più pragmatica e razionale nel pieno di questo nuovo picco della pandemia, acciuffa Dante per i capelli per proporre una legge parlamentare che inserisca l’italiano come lingua nazionale nella Costituzione e limiti l’utilizzo di termini esterofili nella promulgazione di leggi nazionali.

Per carità, non vi scaldate! Sostituire gli anglicismi con i corrispettivi italiani non è un vezzo da puristi anacronistici, non significa tornare alla guerra contro il “barbaro dominio” di epoca fascista, né negare che le lingue vive evolvono anche attingendo da quelle straniere (ed è un bene che lo facciano). Si tratta di ratificare con il grande Tullio De Mauro, un problema linguistico emergenziale e fondante!  

Ma torniamo al clima festoso che ogni italiano non afflitto da faziosa prevenzione può limpidamente percepire: il numero dei morti per Covid-19 raggiunge cifre ultimative, i teatranti e musicisti ridotti alla fame si propongono come cavie per la sperimentazione di un nuovo vaccino bielorusso, pare finanziato largamente coi soldi della mafia albanese (quando si dice la multietnicità e il sano spirito di collaborazione tra popoli). Il premier britannico, che la permanenza casalinga forzata e la fruizione compulsiva di audiovisivi ha riportato a una dimensione squisitamente cinefila, cita Greed: il capolavoro di Von Stroheim del 1924 in cui un rapinoso menage a trois celebra il sopruso come inevitabile portatore della legge naturale e teorizza il diritto dei paesi più ricchi ad accaparrarsi in esclusiva ogni dose di vaccino disponibile. Chapeau! La cancelliera tedesca, a sua volta, al borde de un ataque de nervios, annulla l’ennesimo lockdown e con accenti di rara sensibilità chiede scusa per l’ennesima figura escatologica e tira dritto, mentre il paese affonda in una palude di inadeguatezze!

I cugini francesi, quegli adorabili monelli, li conosciamo bene! È da un anno che non possono mettere il naso fuori maison, ma con gran classe fingono nonchalance e lanciano l’allarme sull’avanzare dell’epidemia che, ha dichiarato al termine del Consiglio dei ministri il portavoce del Governo francese Gabriel Attal, “sta accelerando ovunque”. Per arginare il virus, aggiunge il politico con insperato acume “dobbiamo limitare gli spostamenti e chiudere qualcosa”. Ma dai? Vraiment? A ciascuno i propri riferimenti cinephile: Johnson è tragicamente decadente, mentre Macron come lo svagato Hulot cammina ignaro tra le rovine con passo saltellante!

Alors, per tutti coloro che volessero comunque godere di questo vento di primavera che comincia a soffiare sulle nostre povere menti stanche, consiglio di posizionarsi al centro del tappeto nella stanza più luminosa (ho un monolocale! Diranno i soliti polemici), di assumere la posizione del fiore di loto, inspirare voluttuosamente l’aria fresca della pandemia in un lungo sonoro respiro diaframmatico da tenere nella cassa toracica per almeno un minuto e quindici secondi e poi, per liberare completamente la mente da tutte le bestialità di cui ci siamo bombardati, unire i pollici appena sotto lo sterno, ripetersi mentalmente dodici volte “io mi prendo cura di te” rivolgendosi a se stessi, chiudere gli occhi e controllare la postura della schiena (che sia dritta ma non rigida, anzi morbida, come questa primavera!). Di seguito, respirare ancora tre volte perché il sangue affluisca con più forza al cervello, e, finalmente, mentre dalla tv ci raggiunge la notizia di una nuova variante riscontrata in India e della drammatica situazione in Brasile, lasciare che il peso della morta stagione defluisca con una dolce espressione sonora propria del demone Barbariccia, mentre si cerca di concretizzarne l’immagine e si recita a memoria il passo celeste dei versi danteschi:

 
Lo duca e io per quel cammino ascoso
intrammo a ritornar nel chiaro mondo;
e sanza cura aver d’alcun riposo,

salimmo sù, el primo e io secondo,
tanto ch’i’ vidi de le cose belle
che porta ’l ciel, per un pertugio tondo.

E quindi uscimmo a riveder le stelle.

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Tags: Mario DraghiMatteo Salvini
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