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Esclusiva / Intervista al presidente della commissione antimafia Morra: “Spezzare i legami della politica con la criminalità”

Il parlamentare sui beni confiscati: “In Campania ci sono esperienze in questo senso meravigliose, le quali hanno creato una rete che lavora in sinergia portando legalità dove non ce n'era”

Domenico Cacciapuoti di Domenico Cacciapuoti
27 Febbraio 2021
in Società
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Esclusiva / Intervista al presidente della commissione antimafia Morra: “Spezzare i legami della politica con la criminalità”

Il presidente della commissione antimafia Nicola Morra

La commissione parlamentare antimafia nasce da una legge che ebbe come primo firmatario Ferruccio Parri. Composta da venticinque senatori e venticinque deputati, nominati in proporzione dei componenti dei gruppi parlamentari, è dotata di poteri d’inchiesta analoghi a quelli dell’autorità giudiziaria. La sua sede è a Palazzo San Macuto, nel centro di Roma. Tra i suoi compiti, rinnovati a ogni legislatura, ci sono la proposta di norme antimafia e la valutazione di quelle esistenti. Nicola Morra è il sedicesimo presidente della commissione. Nato a Genova, si è laureato all’Università La Sapienza di Roma, poi ha frequentato un corso di perfezionamento in bioetica a Bari. Attualmente insegna storia e filosofia nei licei della Calabria per quasi vent’anni.

“Non potremo mai essere un Paese civile finché ci saranno camorra, cosa nostra e quella mafia dal nome impronunciabile che si trova in Calabria”. Questo, nel lontano 1985, il monito lanciato dall’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini. A distanza di circa quarant’anni l’Italia non è ancora un “Paese civile”. Presidente, quali potrebbero essere le cause di questo fallimento?
“Non parlerei assolutamente di fallimento. E l’Italia non solo è un Paese civile, ma è anche all’avanguardia nella lotta alle mafie, proprio per la sua pluridecennale esperienza con questo grave e terribile problema. Si tratta di un punto fondamentale; sicuramente c’è ancora molto da migliorare, dobbiamo spezzare i legami della politica con le mafie, eradicare la corruzione quale secolare problema italiano che distrugge l’economia quotidiana dei cittadini onesti. Non tutto è perfetto, ma abbiamo avuto il sacrificio di tante donne e uomini che hanno servito lealmente lo Stato e oggi sono ancora di più di ieri coloro che combattono le mafie dando la loro vita per questa causa, ma deve essere un sentire, un volere, un pensare di tutti i cittadini”. 

Nonostante omicidi come quello del consigliere regionale Francesco Fortugno e nonostante molte inchieste abbiano dimostrato come le attività delle tradizionali organizzazioni mafiose e la degenerazione della politica, potenziate da una certa massoneria deviata che fa spesso da volano, coinvolgano ampie fasce dell’economia e inquinino la politica e le istituzioni locali, continua a essere sottovalutato il problema. In tema di mafie è giusto dire che la storia non è mai maestra di vita?
“La disattenzione è il vero male del nostro Paese e dei tempi che viviamo. Quando non si rimane concentrati su un problema, lo si sottovaluta, e allora tutto il male diventa possibile. Lei giustamente ricordava l’omicidio Fortugno, avvenuto ben quindici anni fa. Una vicenda di corruzione che ha dimostrato come ci fossero le mani della ‘ndrangheta nella sanità. Nel 2019 sono state sciolte due Asp in Calabria per infiltrazioni mafiose. Oggi si parla tanto e forse in ritardo delle mani della mafia nell’emergenza della pandemia da Covid-19. Ecco, la storia deve essere maestra e forse potevamo fare ancora più tesoro di molte lezioni che abbiamo avuto”.

Nel 2020 sono stati circa trenta i Comuni italiani colpiti da un decreto di scioglimento. Le istituzioni locali campane, in particolare, risultano sempre più deboli e permeabili rispetto alle ingerenze della criminalità. È corretto ritenere che la crisi della politica sta nell’essersi trasformata nella ricerca ossessiva del consenso senza regole, nello scambio privato, non essendo più la risposta generale e trasparente ai bisogni diffusi?
“Non credo che siano solo le istituzioni di una sola regione più permeabili, ma tutte le amministrazioni locali in Italia sono a rischio se giustamente, come osserva, si antepone la ricerca del consenso, che diventa scambio di favori tra privati piuttosto che risposta alle esigenze di benessere comune dei cittadini tutti. Qui la politica deve essere eccellenza ed essere un vero servizio civile. Soddisfare i bisogni dei più deboli, dei più fragili che non devono diventare preda delle mafie e dei loro favori, questo deve essere missione della politica”. 

Morra con Beppe Grillo, Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista

In tema di mercato e impresa, decine sono state le interdittive antimafia firmate dal Prefetto di Napoli. Interdittive che hanno riguardato soprattutto imprese edili e funebri. Al riguardo, non si è registrata alcuna reazione da parte dell’Associazione nazionale costruttori edili di Napoli. Un campanello di allarme?
“Ogni volta che un’associazione di categoria non prende una posizione netta davanti a fenomeni criminali che coinvolgono il proprio settore di competenza, a perdere sono la società civile e gli onesti. Non si deve colpevolizzare nessuno, anzi io parto dal presupposto che le attività economiche, soprattutto le medio-piccole sono la linfa vitale del Paese, ma devono essere protette dalla criminalità e, dall’altra parte, essere agenti attivi di cambiamento attraverso la denuncia di estorsioni o manipolazioni del mercato. Questo è necessario per difendere la reale economia, i posti di lavoro e per far continuare a crescere il benessere delle comunità locali. Le associazioni di categoria devono però essere centrali nella lotta alle mafie, con coraggio e decisione”.

Sui beni confiscati alla criminalità sono in tanti a chiedere una modifica della normativa per quanto riguarda la durata della concessione e per quanto riguarda il loro uso produttivo. Ci sono novità?
“Io mi auguro che attraverso un ferreo controllo continuo, le concessioni dei beni possano e debbano essere allungate temporalmente per le cooperative che hanno dimostrato un reale cambiamento, la creazione di una vera economia sociale. In Campania ci sono esperienze in questo senso meravigliose, come Nco, la Nuova cooperazione organizzata, che hanno creato una rete di beni confiscati che lavorano in sinergia portando legalità dove non ce n’era. Ho visto con i miei occhi in Campania, ma anche in Calabria, Sicilia, Lazio e tante altre regioni, beni confiscati messi a regime, che danno frutti, che rappresentano per davvero il segno del cambiamento aiutando i più fragili, e allora la domanda è: perché poi si deve interrompere questa esperienza? Ovvio che si devono accompagnare le esperienze, fare un controllo di qualità, ma davanti all’evidenza dei frutti bisogna dare una mano a farle continuare”.

“La mafia non è altro che un’attività economica a fondamento esclusivamente economico. E come tale è pronta a riversarsi laddove si presenta l’occasione di profitto”. Così ha definito la criminalità organizzata, in un convegno, Sebastiano Patanè, per anni titolare della Procura della Repubblica di Caltanissetta. In che modo le mafie stanno provando a trarre guadagno dalla crisi dovuta al Covid-19?
“Semplicemente facendo quello che fanno da sempre: sfruttare un’emergenza per profittare. Sfruttare il dolore e la morte, sfruttare la necessità di milioni di cittadini per arricchirsi e solo questo dovrebbe portare a una continua rivolta sociale e civile contro le mafie. Quando truccano un appalto in sanità, stanno letteralmente assassinando un paziente in un letto d’ospedale e questo vale anche per coloro che agiscono attraverso la corruzione, tipico reato dei colletti bianchi”.

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Tags: camorraNicola Morra
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