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Eurocompost, la controversa storia della “fabbrica della puzza” di Orta di Atella

Domenico Cacciapuoti di Domenico Cacciapuoti
18 Febbraio 2020
in Inchieste
Eurocompost

Eurocompost

Questa non è solo la storia dell’Eurocompost, un’azienda che, grazie ai fondi europei, avrebbe dovuto produrre compost azotato biologico ad Orta di Atella, nel Casertano, ma è il racconto di una strage infinita, del vissuto di tutti quelli che l’hanno combattuta, di coloro che l’hanno provocata, ma soprattutto di tutti quelli che a causa dei veleni della Terra dei fuochi sono morti e moriranno ancora. I dati sono impressionanti. Secondo l’Istituto Superiore della Sanità, in alcuni paesi della provincia di Caserta, come a Orta di Atella, c’è un preoccupante aumento della mortalità per tumori a polmoni, fegato, stomaco e rene. La percentuale è più alta del 13 per cento rispetto alla media nazionale. In molte parti del territorio il cancro non è, quindi, una sventura, ma è causato da una precisa scelta decretata dall’imprenditoria criminale. Ci troviamo di fonte a vicende che fanno piangere, fanno arrabbiare. Però, per capire bene il problema della Terra dei fuochi bisogna raccontare prima qualcosa di diverso: una storia di amore, di coraggio e di dignità.

Vincenzo Tosti, attivista della rete Cittadinanza e comunità ed ex consigliere comunale, da anni, per amore della sua terra, denuncia gli sversamenti illegali di rifiuti e i roghi tossici ad Orta di Atella, nel pieno del triangolo della Terra dei fuochi. Quando le persone morivano di tumore e non si sapeva nulla, perché in tanti stavano zitti, Enzo denunciava, fotografava, segnalava, allontanava dai campi chi trovava a sversare rifiuti. Un atteggiamento per lui normale: “Come si fa ad aspettare senza fare niente? Chi ha perso un marito, un figlio, un genitore come fa a starsene zitto quando non succede nulla?”.

Quell’uomo, provato da mille battaglie, ci accompagna nell’ex Eurocompost, situata in quell’area che il pentito Carmine Schiavone ha definito “la pattumiera d’Europa”. L’azienda, costruita nel 1998, da sempre ha prodotto miasmi che hanno ammorbato l’aria di tutto l’Agro atellano, mentre il compost venuto fuori dai macchinari è risultato essere sempre nocivo. Diverse ispezioni sindacali rivelarono che quel compost era stato trattato con materiale altamente inquinante come i fanghi tossici. Il sistema malato e marcio della Terra dei fuochi si nascondeva anche dietro l’abito di una’azienda “biologica”.

Le esalazioni negli anni si fecero sempre più acri, al punto che gli ortesi scesero in piazza contro quella che ormai era stata definita “la fabbrica della puzza”. A seguito di proteste e segnalazioni, nel 2008 ci fu un’ordinanza sindacale, che ne stabilì  la chiusura nei primi mesi del 2009. Da quel momento in poi, la società Eurocompost fu abbandonata e, dopo il fallimento, venne per anni sistematicamente devastata dalla microcriminalità locale, che l’ha spogliata di macchinari e suppellettili delle strutture interne ed esterne, trasformando l’intera zona in un ricettacolo di auto rubate e di continui roghi tossici, dei quali il più nocivo è avvenuto nell’agosto 2013, procurando enormi danni all’ambiente e alla salute dei cittadini, oltre a produrre una nube tossica talmente fitta da essere segnalata anche dai medici dell’ospedale di Caserta, tra i primi ad allertare i comitati ambientali. I segni dell’incendio sono ancora visibili: la plastica fusa della copertura del capannone è ancora avvolta attorno all’acciaio della struttura. In quel rogo bruciarono cumuli di plastica, solventi e additivi chimici.

Dopo quell’incendio doloso, il Comune di Orta di Atella ordinò alla curatela fallimentare dell’Eurocompost di mettere in sicurezza il luogo e di verificare i livelli di tossicità della zona. Nulla di fatto se non delle analisi parziali, che comunque non portarono ad alcun risultato. Il sindaco di allora, Angelo Brancaccio, dichiarò: “Non mi importa dei soldi, li troveremo, adesso conta solo bonificare l’Eurocompost”. Sono passati sette anni e di bonifiche nemmeno l’ombra. Con Vincenzo Tosti, che quasi ogni giorno, viene a controllare l’area, attraversiamo le campagne di Orta prima di arrivare nella zona della fabbrica. All’ingresso la scritta con la vernice rossa appuntata dai vigili urbani: “Non entrare. Zona contaminata”.

Con Enzo, invece, entriamo liberamente. “Quando l’hanno sigillata, qui c’era un cancello di ingresso che non si poteva oltrepassare”. Ora, in questo luogo infernale, ci sono siringhe, amianto, inerti, pneumatici, scarti tessili ed edili. Enormi pile di rifiuti carbonizzati si trovano vicino ad alberi di arance e limoni, unici sopravvissuti a questo disastro ambientale. Una montagna di immondizia si trova lì da dodici anni e l’intera zona rischia di essere contaminata. Nemmeno i razziatori hanno osato mai smuovere quello che si trova in quel capannone con tonnellate di rifiuti tossici. Macchinari, cavi elettrici, l’acciaio dei capannoni: tutto viene rubato per essere poi rivenduto. In barba al curatore fallimentare sono stati trafugati macchinari che pesavano tonnellate. Negli uffici infissi, porte, servizi igienici, sono stati portati via in maniera scientifica ed organizzata. Nei vecchi locali della Eurocompost per terra ci sono ancora documenti, registri strappati e bruciati. Sulle scale il sangue di un cane sgozzato presumibilmente da qualche tossico che occupava la struttura.

Qui Enzo Tosti ha nascosto e conservato un cartello: indica che l’opera è stata realizzata grazie ai fondi europei: “L’affare Eurocompst, non lo dimentichiamo, è anche un enorme spreco di denaro pubblico. La mia ultima denuncia risale al 2017, ma i magistrati mi hanno chiamato solo a novembre 2019. Capisco le difficoltà della Procura, ma nel frattempo la situazione è diventata difficile. Questo ormai è un sito che conoscono tutti, comprese le autorità, i politici, le forze dell’ordine e i militari. Ciò che ci fa arrabbiare di più è che chi governa la Campania si ostina a dire che la Terra dei fuochi non esiste, che è un’invenzione mediatica e degli attivisti. Negare tutto questo, negare l’evidenza, significa dare una mano ai criminali, ai camorristi che si approfittano del nostro territorio e che diventano ricchi con i crimini ambientali”.

L’Eurocompost rimane là, una bomba ecologica, una faccenda aperta da troppo tempo a cui bisognerebbe mettere un punto. Il 14 febbraio i commissari prefettizi del Comune di Orta di Atella, attualmente commissariato a causa dello scioglimento per infiltrazioni della camorra, hanno emesso un’ordinanza urgente a tutela della salute pubblica per la bonifica della zona. Dopo anni, Enzo con le sue denunce ha vinto la prima battaglia di questa assurda guerra contro la fabbrica della puzza: “Sarebbe bello se certe storie riuscissero a smuovere tanta indignazione da andare oltre le condanne penali e da riuscire a cambiare davvero le cose”.

Su questo punto, l’associazione “Orta città visibile” aveva proposto di pianificare una serie di interventi per portare a termine due cose utili: bonificare il sito e fare dell’Eurocompost l’isola ecologica di cui Orta aveva bisogno. Ci spiega Enzo Tosti: “Ritenevamo e riteniamo ancora che combinando i vari fondi a cui era possibile attingere, con una strategia che tenesse conto della natura privata del bene, si sarebbero messe in atto due opere per troppo tempo considerate impossibili. L’amministrazione del sindaco Andrea Villano, invece, ha ritenuto fare altre scelte, localizzando l’isola ecologica nell’area di quello che fu e non sappiamo se ancora sarà il Consorzio moda. Bene, scelta legittima, ma è stato accantonato il problema Eurocompost. Una responsabilità che faccio pesare maggiormente sull’ex primo cittadino non solo perché ha tenuto la delega all’Ambiente, ma perché era titolare della stessa delega anche con l’amministrazione precedente”.

La nostra storia sulla Eurocompost, sui veleni della Terra dei fuochi, sul coraggio di eroi comuni come Enzo Tosti sta per finire qui. Per chi la vive quotidianamente sulla propria pelle, però, sembra non avere termine. Alcuni contadini delle campagne vicine all’impianto, mentre stiamo per andare via in auto, ci fermano per dirci che si sentono abbandonati dalle istituzioni: “Ma possibile che questi processi durino mille anni? Possibile che nessuno venga mai condannato nonostante questi disastri? Possibile che non ci sia un minimo di giustizia a questo mondo?”.

 

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Tags: Orta di Atella
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