È stato pubblicato lo scorso 18 settembre il report annuale dell’Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione Europea. Nello specifico, nello studio sono presenti le statistiche riguardanti le persone a rischio di povertà e di esclusione sociale tra gli stati comunitari. Al primo posto di questa classifica, condati raccolti a partire dal 2018, figura la Campania, con il 41,4% di persone a rischio di povertà a fronte di una media europea del 16,8%, seguita dalla Sicilia con il 40,7%. Presente anche un’altra regione italiana, la Calabria, all’ottavo posto con il 32,1%.

Facendo però un passo indietro, è opportuno fare diversi chiarimenti. Caratteristiche sociodemografiche come l’età, il livello di scolarizzazione, il genere e il luogo di nascita, giocano un importante ruolo nel determinare le condizioni di vita di ogni singola persona. A ciò si devono aggiungere anche situazioni ben più ampie, come la crisi finanziaria ed economica e, ovviamente, anche l’impatto che il Coronavirus ha avuto sulle popolazioni, un’influenza da non sottovalutare solo dal punto di vista sanitario, ma anche in altri ambiti, poiché ha aiutato ad accrescere ancora di più il divario tra ricchi e poveri. Proprio a proposito di povertà, l’Eurostat sottolinea che ne esistono due misure principali: la povertà relativa concerne situazioni dove il reddito delle persone impedisce loro di poter usufruire di una vita basata su standard quantomeno “normali”. L’assoluta povertà, invece, è la privazione delle essenziali esigenze degli esseri umani, come cibo, acqua, educazione e sanità. C’è, però, una sorta di terza via, ovvero quella delle persone a rischio di povertà o di esclusione sociale. Questo terzo punto viene calcolato basandosi su tre criteri, in cui i cittadini, per essere definiti tali, devono trovarsi in almeno una di queste situazioni: la prima prende in considerazione il reddito, dove, per essere considerati tali, le persone non riescono a superare una certa soglia chiamata “mediana”. Il calcolo viene fatto dividendo la popolazione tra chi guadagna di più di questa cifra e chi guadagna meno. Si calcola poi il 60% di questo valore e chi non supera nemmeno questa percentuale è considerato a rischio. Il secondo è la mancanza di diversi mezzi materiali necessari per avere una qualità di vita adeguata. L’ultimo, invece, è l’intensità di lavoro all’interno di un nucleo familiare: sono considerati nella soglia di esclusione sociale coloro che hanno lavorato meno del 20% del loro tempo negli ultimi 12 mesi.

Ritornando quindi alla classifica stilata dall’Eurostat, si può notare come molte zone con alte percentuali di persone a rischio povertà facciano parte del Sud e dell’Est Europa: oltre alle già citate regioni italiane, molto presente è anche la Spagna: Ceuta si trova al terzo posto con il 38,3%, seguita da Estremadura con 37,6%, al nono posto ci sono le Canarie (32,1%) mentre è decima l’Andalusia (32%). Sebbene diverse zone della Romania facciano parte di questa classifica, la regione București-Ilfov presenta una delle minor percentuali di rischio di povertà, con il 4,1%.
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