Finalmente! Evviva! Ora è noto come, e in quanti, potremo celebrare le festività. Questo governo, puntellato dall’emergenza come un rudere dalle impalcature, non sempre ha goduto del favore dell’opinione pubblica. Eppure, bisogna ammettere che l’ultimo decreto legge è una genialata.
Ispirato da un’incantevole reinterpretazione dello “stato di natura” di Hobbes (“Il diritto di natura quale libertà che ogni uomo ha di usare il suo potere come egli vuole, per la preservazione della specie”), le disposizioni dell’ultimo decreto, per contrappasso, ci chiamano tutti a una profonda meditazione sul senso del Natale e dello stare assieme. O separati. Non tragga in inganno l’apparente frammentarietà e confusionarietà del decreto: il principio che lo ispira è di certo innovativo e meritevole della più alta considerazione.
Per quanti, e sono molti, ancora non abbiano compreso la diversa colorazione del territorio, la tempistica delle chiusure e le fumose regole delle festività, è consigliabile una dispensa di diritto, una laurea breve o, a scelta, un periodo di meditazione ascetica sul senso ultimo delle festività religiose e sul digiuno terapeutico. Non ci si lasci disorientare dalle contraddizioni legislative: shopping compulsivo con assembramento consentito, ma lezioni a distanza e chiusura degli esercizi commerciali, solo a un osservatore malizioso e miope questi possono apparire provvedimenti incoerenti e contraddittori.
Resta il fatto che l’Italia era rimasta testardamente ancorata al passato. La rituale tortura della sopportazione dei parenti pressoché sconosciuti, prontamente riapparsi da lontananze siderali per partecipare a sbafo al rito natalizio, era vissuta come delle vestigia nazionali, amplificata da spot pubblicitari che colano retorica e cinismo imprenditoriale. Oggi tutto cambia. Un po’ di sobrietà en fin! In tempi che somigliano a quelli delle durezze post belliche, potremo finalmente lasciare Brontolo, il settimo nano, a lamentarsi fuori dall’uscio della casa illuminata a festa e dedicarci a praticare un sano e sobrio raccoglimento domestico e spirituale. Voilà la difference!
Un tempo per sottrarci alle abboffate natalizie e parentali, tanto penose quanto inopportune, eravamo costretti a dar fondo alla creatività più sfrenata, a sotterfugi umilianti, a stratagemmi indegni di persone rispettabili, a inventare scuse roboanti e, spesso, grottesche: una paralisi linguofacciale, “certamente dovuta a quel posto gelido e pieno di correnti che ti ostini a chiamare casa, speriamo che per Capodanno ti rimetti, a mammà!”; oppure un incidente che ci aveva tenuti la notte della vigilia dell’‘83 fermi al bivio tra Casoria e il Litorale domizio per più di quattro interminabili ore di gelo, mentre la parentela si preoccupava per le nostre sorti di naufraghi del cenone e noi sotto le lenzuola ce la spassavamo con la nuova amante ghanese.
Intanto, il cenone si consumava come ogni anno, tra nipoti sovraeccitati dalla nutrita platea familiare e il cognato molesto che al secondo bicchiere di prosecco era già in vena di penose barzellette, sempre le stesse da un ventennio, sempre inevitabilmente oscure e fiacche. La matriarca onnipotente, con l’approssimarsi della mezzanotte sintonizzava la tv sullo spettacolo circense da Montecarlo, deprimente senza ritmo come un cetaceo agonizzante. La tristezza chiudeva le palpebre dei convitati e un senso di gelo faceva capolino nell’ambiente iperriscaldato. Il figliolo celibe, inspiegabilmente zitello e devoto, vestito a festa come per la prima comunione, portava il bambinello alla sua dimora nel presepio comprato trent’anni prima a San Gregorio Armeno. Il più piccolo tra i nipoti era pronto a massacrare la poesia al bambin Gesù nell’esaltazione più forsennata, tra osanna di giubilo e meraviglia della platea alticcia, che avrebbero imbarazzato lo stesso Carmelo Bene.
Ma ora, grazie a Dio, l’incubo è finito. Una nuova era si apre per gli uomini di buona volontà. Grazie alle regioni rosse e ai lockdown mirati sapremo ritrovare la gioia della contemplazione… del desco vuoto come della santa natività. Rinunceremo collettivamente ai falsi riti del consumismo globale per stringerci ai valori dell’avvento senza condivisione. Taglieremo senza nostalgia l’usanza dispendiosa e angosciante dei regali natalizi, visto che non ci saranno commensali ai quali portarli in dono. Saremo liberi dalle angosce rituali riguardo al cambio merce, le misure sbagliate o l’inopportunità di un regalo sgradito di due Natali prima rifilato al parente meno simpatico. Basta ipocrisie e inutili mal di pancia. Da quest’astinenza dalla convivialità forzata delle tombole e dei giochi di società saremo letteralmente rinnovati. Una nuova umanità cercherà nuovi riti asociali. Per riempire di senso una festività divenuta la pubblicità di se stessa.
Torneremo a sentire finalmente la religiosità del Natale. Lo spirito santo volteggerà sui capi canuti degli anziani genitori finalmente liberi di addormentarsi alle nove e trenta, senza il collettivo “orgasmo” dell’avvento della mezzanotte. I nostri avi adorati potranno godersi, come troppo a lungo sognato, un Natale di brodini vegetali e di cassatine divorate senza strepito di parenti preoccupati per il picco diabetico. Una nuova era di serenità è inaugurata da questo Natale forzatamente solitario. Per i milioni di insonni vedovi di mondanità ecco un collegamento Zoom per un brindisi virtuale, dove sfoggiare la nuova camicia a fantasia psichedelica unico regalo che si sarà provveduto da soli a lasciarsi sotto l’albero in punta di piedi per non rivelare alla casa la sorpresa dell’oggetto bramato. Come nel “Vagabondo delle stelle” di London, si potrà all’occorrenza stendersi sul materasso nudo verso le otto e trenta, liberi da ogni ansia, controllare il respiro e, digiuni, in un sublime sforzo di concentrazione psichica, congiungersi agli affetti al di là dell’oceano o del confine di paese per godere di una comunità spezzata dalla pandemia o, secondo l’umore, soddisfarsi in un veloce quanto appagante gesto autoerotico, dimentichi degli anziani congiunti, genitori, nipoti, zii, parenti tutti, mollati da soli in case orfane di mugolii infantili, per godere finalmente di un’immacolata, finalmente incolpevole, onda di puro egoismo natalizio.

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