Dopo quattro mesi di indagini laboriose, tutte le altre ipotesi che erano state messe in campo cadono. Era il 2 maggio scorso, quando Mariantonietta Cutillo, quindicenne residente in provincia di Avellino, perse la vita tragicamente mentre conversava al telefono con un’amica, immersa nella vasca da bagno. Lo smartphone, in fase di ricarica, le sfuggì di mano, cadendo in acqua e causando una scossa elettrica fatale. La sua amica assistette impotente all’orribile evento.

Ebbene, sulla morte della 15enne ha fatto chiarezza la Procura di Avellino, dalle indagini, condotte dai carabinieri di Mirabella Eclano, è emerso che non si trattò di una fatalità o di un uso negligente del cavo elettrico in un ambiente acquatico, ma piuttosto di un cavo usb per la ricarica difettoso. Il cavo avrebbe dovuto rispettare standard di sicurezza specifici. In una nota la Procura spiega “sono emersi difetti di fabbricazione di uno dei componenti interni del caricabatteria, difetti, spiega la Procura in una nota, “riconducibili alla scarsa qualità tecnica del materiale”
I carabinieri hanno quindi identificato e denunciato cinque imprenditori, sequestrando una grande quantità di caricabatterie di produzione cinese che non soddisfacevano gli standard di sicurezza europei. I sequestri sono avvenuti in diverse località: Calenzano e Sesto Fiorentino in provincia di Firenze, Pontedera in provincia di Pisa e Trezzano sul Naviglio in provincia di Milano. I cinque imprenditori, importatori e distributori della merce, sono oggetto di indagine per omicidio colposo, frode in commercio e vendita di prodotti industriali con marchi mendaci.
La vittima, figlia di un commerciante, fu ritrovata senza vita nel bagno di casa. Inizialmente, si sospettò che la causa della sua morte fosse legata al cellulare in ricarica che era scivolato nella vasca in cui si trovava. A scoprire il corpo della giovane furono i genitori, allertati dall’amica con cui la vittima stava parlando. L’indagine condotta dai militari, sotto la supervisione della Procura di Avellino e con il supporto del Reparto tecnologie informatiche del Racis, sono riuscite a rivelare la presenza di difetti di fabbricazione in uno dei componenti interni del caricabatterie utilizzato dalla quindicenne, confermando che non si trattava di una fatalità ma di un difetto strutturale. In particolare, il condensatore ceramico a disco, componente chiave di questo specifico prodotto cinese, è stato sottoposto ad analisi tecniche che hanno evidenziato difetti attribuibili alla scadente qualità del materiale impiegato nella produzione di tali dispositivi.
Secondo l’analisi del Racis, se il condensatore interno del caricabatterie fosse stato costruito con componenti elettrici in conformità ai criteri tecnici previsti dal decreto legislativo 86/2016, l’evento tragico – ovvero la scarica che ha causato la morte della ragazza – non si sarebbe verificato. Ulteriormente, i dispositivi sequestrati erano privi di istruzioni d’uso, avvertenze di sicurezza e dichiarazioni di conformità “CE”, così come della marcatura di “classe Y”, requisiti tecnici essenziali per dispositivi elettronici di questo tipo. Se il caricabatterie fosse stato a norma, scrivono nella loro relazione i carabinieri del Reparto tecnologie informatiche, Maria Antonietta sarebbe ancora viva.
