Il boss Raffaele Imperiale, arrestato ad agosto nella “sua” Dubai, continua a far parlare di sé. Un personaggio capace di allargare o chiudere i rubinetti della droga proveniente dagli Emirati Arabi, quindi di determinare le sorti della camorra. Ma anche un elemento capace di utilizzare le più sofisticate tecnologie e di essere in rapporti importanti con le principali organizzazioni malavitose del mondo. Indubbiamente il primo boss globalizzato e delocalizzato della storia criminale. Ma non solo: secondo la Procura di Napoli, che ne ha tracciato un accurato identikit e richiesto l’estradizione appunto da Dubai, dove attualmente è detenuto, il narcotrafficante internazionale sarebbe stato anche un fine investitore nonché un affermato uomo d’affari.
Imperiale, insieme al suo socio Mario Cerrone, è destinatario in carcere di una misura cautelare emessa per l’accusa di associazione a delinquere di tipo mafioso emessa dalla Gip di Napoli su richiesta della Procura partenopea. Quest’ultima ha inoltre ottenuto il sequestro delle quote della società AA Investments & Development LLC con sede proprio a Dubai, ora inserite nella lunga lista di asset finaziari localizzati in Spagna e nell’isola di Man, così come già accaduto ai due famosissimi quadri di Van Gogh di valore inestimabile sequestrati nel 2016 in una villa del boss e restituiti all’Olanda qualche mese dopo. Alcune intercettazioni hanno addirittura fatto venire a galla l’avvenuto incarico da parte di ‘O Parente – così come era soprannominato Imperiale dagli affiliati del clan Amato-Pagano – all’architetto di fama mondiale Zaha Hadid, iracheno naturalizzato britannico, di realizzare a Dubai dieci ville dall’architettura avveniristica del valore di venti milioni di dollari ciascuna. Imperiale, per concludere nel migliore dei modi i suoi affari miliardari, si presentava nelle vesti di facoltoso imprenditore italiano pronto a spendere qualsiasi cifra.