Il 25 giugno sarà una giornata storica per la città di Aversa e per la provincia di Caserta nonché per tutti coloro che credono nell’uguaglianza, nella forza dell’amore e nei diritti delle persone. In questa data le strade e le piazze della città normanna saranno attraversate dalla gioia, dalla felicità e dai colori della comunità LGBTQI+. Aversa sarà infatti una delle tappe principali della nona edizione dell’Onda Pride 2022, manifestazione fortemente voluta nella città dell’hinterland casertano dall’associazione Rain Arcigay. L’Onda Pride è una piattaforma che raccoglie ogni anno tantissime manifestazioni promosse su tutto il territorio nazionale dalle associazioni e dal movimento LGBTQI+. L’Aversa Pride, in particolare, avrà l’importante compito di dare linfa e seguito alla stagione dei Pride in Campania: il primo appuntamento sarà il 4 giugno con il Vesuvio Pride di Torre Annunziata al quale proseguirà appunto quello del 25 giugno nella città normanna; gli appuntamenti successivi proseguiranno il 2 luglio nel capoluogo campano con il Mediterranean Pride of Naples per poi concludersi il 30 luglio a Mercogliano con l’Irpinia Pride. In tutto il Paese sono più di una ventina le date confermate in diverse città italiane dove si scenderà in piazza al fianco del mondo LGBTQI+ per reclamare il diritto fondamentale di ogni persona di poter vivere liberamente e senza condizionamenti il proprio genere e orientamento sessuale.
Nel frattempo fervono i preparativi nel quartier generale di Rain Arcigay in vista della manifestazione del 25 giugno. A parlarcene è il presidente dell’associazione Bernardo Diana. “Finalmente ci mettiamo alle spalle gli anni bui della pandemia di Covid-19 e possiamo tornare ad attraversare con la gioia e il sorriso le strade delle nostre città”, afferma soddisfatto l’esponente dell’organizzazione LGBTQI+, che prosegue: “Già dal palco del Napoli Pride anticipammo che la città di Aversa avrebbe ospitato una tappa importante del nostro percorso collettivo di emancipazione civile, sociale e culturale. Adesso che lo stato d’emergenza è superato possiamo annunciare pubblicamente che l’Aversa Pride si farà e che si svolgerà ufficialmente nella data di sabato 25 giugno. Nei territori della provincia – continua Diana – il Pride rappresenta una doppia sfida per noi. Non si tratta di una semplice manifestazione di piazza bensì assume un significato ben più importante. Si tratta infatti del punto di arrivo di un lungo percorso composto da settimane di lavoro tra assemblee, riunioni, laboratori, dibattiti e confronti e rappresenta al tempo stesso un punto di partenza per continuare a svolgere le nostre iniziative sociali sul territorio”.
“Il giorno della parata sarà accompagnato da un calendario ricco di eventi incentrati sui temi e sulle rivendicazioni della comunità LGBTQI+. Per far sì che la manifestazione abbia successo – sottolinea Diana – sarà fondamentale il contributo di tuttə coloro che lottano e credono in una società più giusta e inclusiva, e che contrasta il triste fenomeno dell’omotransfobia con gli strumenti dell’educazione, del rispetto e della cultura. Dobbiamo essere noi stessi i protagonisti del cambiamento, senza avere paura o nasconderci, costruendo la società che vogliamo, una società in cui ognuno di noi venga rispettato e accettato per ciò che è. Per questo motivo – ribadisce il presidente di Arcigay – sentiamo vivo il bisogno di scendere in piazza il 25 giugno ad Aversa, nel cuore dell’hinterland casertano e a due passi dall’area nord di Napoli, per tornare a riabbracciarci e a baciarci liberamente, così da poter continuare la nostra rivoluzione arcobaleno. Detto ciò vi aspettiamo in tantə e numerosə in piazza ad Aversa! Non mancate!“, conclude con un accorato appello Bernardo Diana.
Ma che cos’è il Pride? Il Pride è una manifestazione pubblica e pacifica aperta a tuttə, un’esplosione di gioia, di colori e di felicità che non fa distinzioni di sesso o di genere e che non parla solamente al mondo gay bensì è aperto alla partecipazione e al sostegno delle persone eterosessuali affinché diventi la giornata dei diritti e dell’amore di tuttə. I Pride sono famosissimi per le loro tonalità sgargianti e vivaci che richiamano i colori della bandiera arcobaleno nonché per gli abiti fantasiosi che celebrano l’energia e la gioia che caratterizza da sempre la comunità LGBTQI+ la quale rivendica, per l’occasione, la propria identità e appartenenza. La sigla LGBTQI+, nella fattispecie, sta a indicare le persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer, intersessuali, ma si apre anche ad altre possibilità.
Al di là di ogni etichetta, che pure potrebbe andare stretta, qualunque sia la definizione utilizzata, è un diritto di tuttə poter esprimere la propria sessualità in maniera libera e naturale, senza destare alcun sospetto o pregiudizio. Erroneamente da quel che potrebbe pensare qualche bigotto o malpensante, i Pride non sono affatto una “carnevalata”, ma la festa della diversità e del suo valore, una festa alla quale può partecipare chiunque, uomini e donne, famiglie e bambini, mamme e papà, giovani e anziani, omosessuali ed eterosessuali, italiani e stranieri, perché è dando valore alla diversità che si rendono gli esseri umani unici, speciali e irripetibili, comprendendo fino in fondo l’importanza dell’uguaglianza. La diversità è dunque l’unica vera forma di “normalità”.
Ma per capire l’importanza del Pride bisogna fare un passo indietro e conoscere la sua storia e le sue origini. Molti infatti non conoscono nulla o quasi delle discriminazioni che hanno dovuto e che continuano a subire tutt’oggi i gay, né delle dure battaglie che hanno combattutto per poter vedere riconosciuti i propri diritti civili e sociali, sebbene ancora oggi siano discriminati in numerosi Paesi. Tutto ebbe inizio negli Stati Uniti nell’estate del 1969 con quelli che sono passati alla storia come i Moti di Stonewall. Era la notte tra il 27 e il 28 giugno di quell’anno quando la polizia fece irruzione nello Stonewall Inn, uno dei locali più trendy e alla moda di New York nonché punto di ritrovo della comunità LGBTQI+; una notte che cambiò per sempre la storia dell’umanità dando avvio alla nascita del movimento di liberazione gay. A quell’epoca – bisogna specificarlo – le retate e le repressioni della polizia nei locali frequentati dai gay erano frequenti poiché gli omosessuali non venivano solamente discriminati e ghettizzati ma erano avvertiti addirittura come una “minaccia sociale” e all’ordine pubblico.
Quella notte diversi agenti in borghese fecero irruzione allo Stonewall Inn arrestando tutti coloro che assumessero atteggiamenti considerati “ambigui”. In manette finirono anche ragazzi e ragazze che secondo gli agenti erano vestiti in maniera “provocante”, “inadeguata” e “indecente” o che avrebbero potuto offendere il senso del pudore. Anche chi osava ballare in discoteca con una persona dello stesso sesso, uomo o donna che fosse, veniva accusato di comportamenti “immorali” o “impudici”, accuse che potevano costare anche la denuncia e l’arresto. Parliamo dunque di un’epoca e di un contesto pieni di odio e di omofobia, nel quale la società era pesantemente discriminatoria nei confronti di lesbiche, trans e omosessuali, e l’innocuo gesto di passeggiare in strada mano nella mano con il proprio partner poteva essere pagato con il linciaggio o anche a costo di rimmetterci la vita. Non è un caso che l’omosessualità venisse considerata una “devianza sessuale”, una malattia psichiatrica da estirpare con ogni metodo di correzione, anche violento e coercitivo, adottando pratiche illegali che distrussero l’esistenza, la psiche e le famiglie di decine di migliaia di giovani in tutto il mondo.
Gli avvenimenti del 27 giugno allo Stonewall Inn scoperchiarono il vaso di Pandora. Durante le perquisizioni e i rastrellamenti della polizia nel locale la giovane ragazza transessuale Sylvia Rivera, poi diventata simbolo del movimento LGBTQI+, venne presa a manganellate perché vestita da drag queen. La giovane reagì e assieme a essa i presenti, mossi da un profondo sentimento di rabbia e di sdegno di fronte alle continue vessazioni subite, decisero di opporre resistenza ai metodi violenti e discriminatori adottati dalla polizia. La notte stessa si sparse la voce delle violenze perpetrate dagli agenti contro i gay e nel giro di poche ore una folla di oltre duemila persone si raccolse fuori al locale per esprimere la propria solidarietà nei confronti degli arrestati, ma venne anch’essa caricata con la forza dalla polizia che nel frattempo si era schierata in assetto antisommossa. Lo scontro tra i presenti e la polizia, a quel punto, fu inevitabile, e si trasformò in vera e propria guerriglia urbana che si concluse con decine di arresti e di feriti tra i manifestanti.
Quella notte diventata tristemente nota per le violenze, le discriminazioni e le umiliazioni subite dalla comunità gay fu la scintilla che fece scoppiare l’incendio, dando vita a una lunga stagione di proteste e di lotte sociali per il riconoscimento dei diritti delle persone LGBTQI+. Il mese dopo, nel luglio del 1969, nacque il GLF – Gay Liberation Front il quale rivendivaca non solo i diritti degli omosessuali ma si schierò apertamente al fianco delle lotte dei lavoratori e del movimento antirazzista delle Black Panthers. I Moti di Stonewall rappresentarono dunque uno spartiacque per la storia e l’evoluzione del movimento LGBTQI+: per la prima volta venne utilizzato il termine “gay” tra le persone omosessuali che rivendicavano la piena parità di diritti. Un anno dopo le proteste, nell’estate del 1970, il Gay Liberation Front organizzò la prima marcia dell’ “orgoglio omosessuale”, passata alla storia come il primo Gay Pride mai realizzato.
Da quel momento in poi, in ogni angolo del pianeta, sono state organizzate decine di migliaia di manifestazioni per celebrare il momento esatto in cui il mondo omosessuale acquistò la piena consapevolezza della propria identità e dei propri diritti, comprendendo di rappresentare un ingranaggio fondamentale nel processo di emanicipazione civile, sociale e culturale dell’umanità. L’era in cui i gay erano costretti a nascondersi perché derisi, discriminati, umiliati, picchiati e perfino ammazzati per la loro “diversità” stava volgendo finalmente al termine: era invece arrivato il momento di diventare protagonisti della propria vita, andando a riprendersi con orgoglio e coraggio quei diritti e quella dignità dei quali erano stati privati per troppo tempo.
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