Era il 30 luglio del 2000, quando Giulio Giaccio, 26 anni, scompare nel nulla: fu ucciso al posto di un altro, per ordine di un boss del clan Polverino perché ritenuto l’amante “indesiderato” della moglie di un detenuto. E il suo corpo venne distrutto, con l’acido.
Ebbene, dopo circa 23 anni, al termine di indagini coordinate dalla DDA, i carabinieri del Nucleo Investigativo di Napoli hanno notificato nuove accuse e due ordinanze di arresto ad altrettanti esponenti di spicco del clan Polverino. Si tratta di Salvatore Cammarota, 55 anni, detenuto all’Aquila, e di Carlo Nappi, 64 anni, in carcere a Livorno.
Stando al lavoro della Dda di Napoli, Giulio fu sequestrato e ucciso con un colpo alla testa da finti poliziotti, soggetti legati alla camorra di Marano, clan Polverino. Venne scambiato per un soggetto legato alla camorra locale, fu ucciso per un errore di persona, nell’ambito di una vendetta organizzata in cella. Venne quindi preso di mira Giulio Giaccio, onesto operaio di Pianura, appartenente a una famiglia di persone per bene, ovviamente estraneo alla camorra.
Per fare luce sull’accaduto sono state necessarie anche le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, tra cui Giuseppe Simioli, ex boss del clan Polverino, e Roberto Perrone. Dalle indagini emerge un dato atroce: dopo il colpo alla tempia che uccise Giulio, il ragazzo venne portato in un campo desolato della periferia ovest e il suo corpo venne sciolto nell’acido.