Villa Ebe, una delle meraviglie architettoniche di Napoli, è stata posta quest’oggi sotto sequestro dai carabinieri del nucleo di Tutela del patrimonio culturale (Tpc) in seguito a un’esplicita richiesta di confisca avanzata dalla Procura della Repubblica di Napoli. I militari hanno pertanto provveduto ad apporre i sigilli alla villa la quale, da diverso tempo, versa in totale stato di degrado e di abbandono. Gli inquirenti, sollecitati dalle diverse inchieste giornalistiche e denunce effettuate in questi anni sul pessimo stato di conservazione del bene architettonico, hanno avviato un procedimento di accertamento per individuare le responsabilità oggettive che avrebbero pregiudicato l’intero edificio considerato ad alto rischio di crolli. Nel corso delle valutazioni effettuate sul posto i carabinieri hanno dovuto addirittura sgomberare alcuni cittadini stranieri i quali si erano letteralmente impadroniti dell’edificio trasformandolo abusivamente in loro dimora personale.

La villa, nota anche come “Castello di Pizzofalcone”, fu costruita agli inizi degli anni ‘20 sul versante occidentale del Monte Echia in cima alle antiche rampe di Pizzofalcone. L’edificio, in stile neogotico, fu progettato dal famosissimo architetto partenopeo di origini scozzesi Lamont Young il quale aveva già realizzato in città numerosi edifici in stile vittoriano come il Castello Aselmeyer e Palazzo Grenoble. Villa Ebe divenne così la residenza privata dell’architetto all’interno della quale lo stesso si suicidò nel 1929 molto presumibilmente a causa delle sprezzanti critiche che ricevette all’epoca per il suo stile architettonico eclettico. Da qui iniziò la lunga e travagliata storia dell’edificio considerato “maledetto”: parte del complesso venne infatti distrutto durante la seconda guerra mondiale sotto i bombardamenti degli alleati. Nel 1970 gli eredi di Young donarono la proprietà al Comune di Napoli. Negli anni 2000 un incendio doloso devastò le meravigliose sale interne del palazzo e la sua suggestiva scala elicoidale decretandone il lento e inevitabile declino. Nel 2008 la Regione Campania ha stanziato fondi per oltre tre milioni di euro per avviare i lavori di riqualificazione del sito ma a oggi, a distanza di tredici anni, l’intero castello neogotico versa ancora nel degrado più totale.

Un altro provvedimento di sequestro è stato eseguito sempre stamane dai carabinieri del nucleo Tpc i quali hanno interdetto anche il Cimitero dei Colerosi. L’antico luogo sepolcrale, edificato nell’Ottocento, avrebbe infatti subito ingenti danni a causa di un cantiere abusivo realizzato in una proprietà adiacente. In particolare sarebbe stato sversato all’interno del sito diverso materiale di risulta proveniente da uno scavo effettuato per la realizzazione di un grosso spiazzale da adibire a parcheggio d’auto. Tali lavori avrebbero altresì provocato il crollo di un muro di cinta le cui macerie si sono riversate su una dozzina di sepolcri i quali sarebbero stati danneggiati irrimediabilmente. Il cimitero monumentale, che sorge nell’Arenaccia alle spalle del camposanto delle “366 fosse”, fu edificato nel 1836 per fronteggiare la grave epidemia di colera che decimò la popolazione partenopea. Il luogo di sepoltura ospita numerose cappelle gentilizie che custodiscono le reliquie appartenenti a diversi personaggi illustri dell’epoca i quali perirono sotto il colpi mortali del morbo. A oggi il sito si trova anch’esso in totale stato di incuria assieme a tanti altri luoghi di Napoli di inestimabile valore storico e architettonico ormai caduti nell’oblio e persi nella memoria.
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