‘Ndrangheta, maxi-operazione in tutta Italia: indagato il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa
Tra gli arrestati c'è anche Franco Talarico, assessore al Bilancio della Regione Calabria. Nel mirino dei magistrati i rapporti tra politica, imprenditoria e criminalità
È in corso in queste ore, su tutto il territorio nazionale, la maxi-operazione denominata “Basso Profilo”, coordinata dalla Procura della Repubblica di Catanzaro con lo scopo di far emergere gli stretti rapporti tra la ‘ndrangheta, la politica e importanti settori dell’economia italiana e calabrese. L’operazione, guidata dal procuratore generale di Catanzaro Nicola Gratteri, assieme al comandante della Direzione investigativa antimafia Maurizio Vallone, vede impegnato un folto contingente delle forze armate, composto da oltre duecento uomini della Dia e centosettanta unità appartenenti ai corpi speciali della polizia di Stato, dell’Arma dei carabinieri e della guardia di finanza.
Tredici in totale sono le persone arrestate e portate in carcere mentre trentacinque sono state sottoposte agli arresti domiciliari. Tra gli arrestati ci sono molti volti noti della politica e dell’imprenditoria calabrese, tra questi spicca soprattutto la figura di Franco Talarico, assessore al Bilancio della Regione Calabria e importante esponente politico del centro-destra calabrese. Nel registro degli indagati è finito anche Lorenzo Cesa, segretario nazionale dell’Udc, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Nella mattinata il personale della Dia ha provveduto a perquisire la casa romana dell’ex deputato centrista. L’avviso di garanzia emesso nei suoi confronti dai magistrati calabresi risalirebbe ai fatti commessi nel 2017, esattamente un anno prima della sua candidatura alla Camera nel collegio uninominale di Nola.
Non è la prima volta che Cesa viene coinvolto in prima persona in importanti inchieste giudiziarie. Già nel 1992, quando era esponente della Democrazia Cristiana, venne indagato per abuso d’ufficio su di un presunto illecito da 90 miliardi di vecchie lire, accusa dalla quale venne assolto. Nel 1993 fu accusato invece di concussione per aver riscosso una tangente da 150 milioni di lire per alcuni appalti pubblici eseguiti dall’Anas, di cui era dirigente, e nel 2001 fu condannato con sentenza di primo grado a tre anni e tre mesi di reclusione per corruzione aggravata. La sentenza fu però annullata l’anno successivo dalla Corte d’Appello per “incompatibilità” del provvedimento adottato dal Tribunale dei Ministri, al quale subentrò la prescrizione del reato in virtù delle modifiche alla legislazione ordinaria adottate nel 2005 dall’allora Governo Berlusconi.
Nel 2006 il parlamentare romano finì nuovamente nel mirino dei magistrati, questa volta nell’inchiesta “Poseidone”, condotta dall’allora pm catanzarese e attuale sindaco di Napoli Luigi De Magistris: Cesa fu accusato in quel frangente di truffa e associazione a delinquere per aver intascato illecitamente finanziamenti per oltre due milioni e mezzo di euro dall’Unione Europea, grazie all’utilizzo di una società fantasma. Nel 2010 il Giudice per le indagini preliminari dispose, nel merito dell’inchiesta, un sequestro di beni nei suoi confronti di oltre un milione di euro, ma l’anno successivo, nel 2011, i giudici del Tribunale di Roma archiviarono la sua posizione in quanto gli elementi di colpevolezza sarebbero stati meno gravi di quanto ipotizzato dai magistrati. A margine di quanto accaduto oggi, l’onorevole, in un’intervista rilasciata sulle pagine del quotidiano La Repubblica, ha dichiarato di essere totalmente estraneo ai fatti, annunciando il ricorso ai suoi avvocati e dichiarandosi sereno e tranquillo sul corso delle indagini. Tuttavia, sempre nella giornata odierna, lo stesso Cesa ha presentato le dimissioni con effetto immediato dal ruolo fino a questo momento ricoperto di segretario nazionale dell’Udc.
Nell’operazione “Basso Profilo” sono coinvolte le più potenti e famigerate ‘ndrine calabresi, tra cui le famiglie egemoni nei territori di Crotone, di Isola di Capo Rizzuto e di Cutro: tra gli arrestati ci sono infatti affiliati alle cosche Bonaventura, Arena e Grande Aracri, quest’ultima coinvolta anche nell’inchiesta denominata “Farmabusiness”, che ha portato, nel novembre dello scorso anno, all’arresto del presidente del consiglio regionale calabrese Domenico Tallini. In manette sono finiti anche noti imprenditori ed esponenti della pubblica amministrazione, i quali sarebbero stati collusi con le organizzazioni criminali. Nel corso dell’indagine è stata individuata anche un’ingente movimentazione illecita di denaro per oltre trecento milioni di euro. La Procura della Repubblica di Catanzaro ha pertanto disposto l’esecuzione di numerosi sequestri preventivi di beni immobili, aziende e conti correnti bancari appartenenti alle persone coinvolte nell’inchiesta.
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