A Sant’Arpino, città della provincia di Caserta situata nel cuore dell’Agro atellano, è nato da qualche anno un interessantissimo progetto culturale che fonde alla perfezione arte, storia e archeologia industriale. In Corso Atellano, al civico 51, si trova infatti l’Opificio Puca, uno grosso spazio espositivo che ha preso vita in una suggestiva e caratteristica cornice post-industriale, un progetto ambizioso che vuole fungere da hub culturale sperimentale di primo ordine, puntando tutto sull’innovazione e sull’avanguardia artistica. Il centro, istituito per ospitare importanti mostre, opere e installazioni di arte contemporanea ad opera di artisti non solo locali, ma anche provenienti da ogni parte dell’Italia oltre che dall’estero, si pone anche un obiettivo di fondamentale importanza: quello di promuovere, attraverso l’arte e la produzione artistica indipendente, il riscatto e la rinascita culturale e sociale dell’hinterland casertano.

In quelli che erano un tempo i luoghi della fatica e del lavoro oggi prende forma e spazio una nuova visione del mondo dove l’immaginazione e la creatività degli artisti si riappropriano della loro funzione per proiettarsi verso il presente e il futuro grazie alle nuove forme dell’arte, riallacciando così un legame indissolubile tra l’arte stessa e le radici storiche del territorio. Tra le mura, le sale e i grandi spazi aperti dell’Opificio Puca vige un’unica e sola regola universale, valida per ogni artista, ed è quella di dare libero sfogo all’estro creativo e alla libertà espressiva di chi, attraverso le proprie opere, ha storie da raccontare e messaggi da lanciare. Qui l’arte in tutte le sue declinazioni è di casa: all’interno del polo culturale sia le arti figurative che quelle visive si incontrano e si fondono tra loro per dimostrare le molteplici possibilità espressive che l’arte è capace di offrire. E allora spazio non solo alla pittura, alla scultura, al disegno e alla fotografia, ma anche al design, alle installazioni digitali, alle proiezioni cinematografiche, alle pièce teatrali e alle performance musicali.

Per comprendere l’importanza che questo luogo riveste oggi per il rilancio culturale del territorio è fondamentale fare un passo indietro, quando ha rappresentato per circa un secolo uno dei motori dello sviluppo economico e commerciale della zona. L’opificio venne fatto costruire nel 1912 dal commendatore Enrico Piro per farne un calzaturificio, divenendo così uno dei primi siti produttivi dell’Agro atellano. La facciata e gli interni vennero realizzati riprendendo lo stile liberty dell’epoca, mentre l’impianto architettonico era stato sviluppato su due corpi di fabbrica: il primo era destinato al personale amministrativo e alla famiglia del proprietario, un edificio che conserva ancora oggi tutto il fascino decadente dei fasti del passato; il secondo era invece destinato alla produzione industriale e ospitava numerosi operai provenienti da Sant’Arpino e dai paesi vicini. La fabbrica venne successivamente acquisita da una società di Frattamaggiore ma l’originaria industria calzaturiera cadde in crisi così, nel 1930, lo stabilimento venne acquistato dall’industriale Carlo Puca di Sant’Antimo, il quale convertì l’impianto ai fini della produzione di conserve alimentari. Il nuovo assetto produttivo portò a un ulteriore ampliamento dello stabilimento, con la realizzazione di una grossa ciminiera che ancora oggi sovrasta l’abitato.

Tra gli anni Trenta e Quaranta la Fabbrica Puca ottenne un successo commerciale straordinario, esportando i propri prodotti in Italia e all’estero. Tale successo fu dovuto alla vicinanza strategica della linea ferroviaria Napoli-Caserta che passava sui territori di Sant’Arpino e Sant’Antimo. L’affermazione dell’azienda fu resa possibile soprattutto grazie all’ottima qualità dei prodotti che provenivano dalle fertilissime campagne dell’Agro atellano. La produzione ricevette una battuta d’arresto a causa dello scoppio della seconda guerra mondiale, per poi riprendere a pieno ritmo nel dopoguerra. Tra gli anni Cinquanta e Sessanta la fabbrica raggiunse la sua massima espansione, occupando oltre 250 operai e dando lavoro e sfamando tantissime famiglie del territorio. Sul finire degli anni Sessanta l’industria conserviera si avviò verso il declino e si preferì destinare il sito al commercio della frutta secca da destinare all’estero. Oggi la fabbrica, dopo essere sopravvissuta a un secolo di storia, oltre ad ospitare in alcuni suoi locali diverse attività commerciali e artigianali, rappresenta un importante esempio di archeologia industriale perfettamente integrato nel tessuto urbano.

Il processo di riconversione e di riqualificazione dell’ex sito produttivo è tuttora in atto, e la struttura, messo finalmente alle spalle questo difficile biennio appena trascorso segnato dalla pandemia, è pronta a divenire nuovamente un punto di riferimento e di ritrovo per tutti gli artisti del territorio nonché un’attrattiva e un polo culturale pronto a ospitare mostre, esposizioni, installazioni, kermesse e performance di ogni tipo. La direzione artistica dello spazio espositivo è affidata alle sapienti mani e alle innovative idee all’artista visuale Francesco Capasso, presidente dell’associazione culturale che gestisce e cura gli spazi dell’opificio, la quale è impegnata da sempre nell’organizzazione di eventi e iniziative artistiche e culturali di spessore per il rilancio e il riuso a fini artistici del vecchio stabilimento industriale.

“La nostra missione – spiega Capasso – è quella di riconvertire quelle aree dismesse che un tempo erano adibite alle attività manifatturiere e alla produzione industriale in spazi espositivi per la creazione e la libera fruibilità dell’arte attraverso la realizzazione di mostre, laboratori ed eventi. L’obiettivo che ci siamo fissati – prosegue – è quello di ospitare le più svariate attività artistiche e culturali affinché l’opificio si trasformi in un vero e proprio laboratorio di idee, uno spazio creativo dove gli artisti possano confrontarsi e scambiare tra loro linguaggi, visioni ed espressioni artistiche liberamente. L’Opificio Puca – sottolinea – vuole essere un luogo dinamico e accogliente, un porto aperto al confronto e al dialogo, capace di raccogliere stimoli e riflessioni sull’arte contemporanea così da promuovere produzioni artistiche autonome e indipendenti, incoraggiando allo stesso tempo lo studio, la condivisione, la ricerca e la sperimentazione dei nuovi linguaggi dell’arte. Per questo motivo abbiamo puntato molto sul concetto di open art. Le nostre iniziative vogliono dare spazio un’arte partecipata che nasce per abbattere ogni barriera visuale e confine concettuale tra il visitatore, il semplice curioso e l’artista, così che tutti possano assistere alla nascita di un’opera d’arte. Abbiamo attualmente in cantiere diversi eventi espositivi e iniziative culturali che già a partire da settembre prenderanno forma e saranno liberi e accessibili a tutti”, conclude Francesco Capasso.

L’opificio vuole essere anche una finestra aperta sul mondo che cambia, riaffermando la propria appartenenza al territorio casertano e sottolineando il valore sociale che può assumere l’arte nella promozione e nella tutela dell’ambiente. Per questo motivo lo spazio espositivo è promotore del progetto OhAhSi! Sul fiume fuori rotta, un’iniziativa nata da un’idea dello stesso Francesco Capasso e della giovane e talentuosa artista Maria Giovanna Abbate con il supporto dell’architetta ed esperta in rigenerazione urbana Maddalena Milena Simeone. Il progetto, che vede il coinvolgimento di diversi enti e istituzioni culturali, ha partecipato al bando Creative Living Lab indetto dal Ministero della Cultura (MiC) e nasce con l’obiettivo avviare una costante opera di riscoperta dei luoghi bagnati dalle acque del fiume Volturno proprio attraverso le forme espressive dell’arte affinché si possa iniziare a guardare la natura da una prospettiva diversa, più intima ed esistenziale. Arte e natura si fondono così insieme diventando un unico “corpo vivente”.

Al centro del progetto c’è inoltre la riscoperta di due aree naturalistiche di grande importanza paesaggistica: l’Oasi di Caricchiano, nel territorio di Cancello ed Arnone, e l’Oasi dei Variconi, situata alla foce del Volturno. Lo scopo è quello di trasformare il fiume in un luogo di scambio, di apprendimento e di confronto con le comunità locali, rendendo le aree fluviali fruibili secondo un nuovo modello di sviluppo che metta al centro la partecipazione e la sostenibilità. Al progetto prendono parte numerosi artisti del territorio tra cui Luigi Pingitore, Salvatore Di Vilio, Robert Pettena, Rosaria Iazzetta, Alessandro Lanciato, Valentina Pagliarani, Adriano Stinca, Luca Dell’Aversana, Federica Langellotti e il gruppo musicale Degoya. OhAhSi! verrà presentato inoltre agli Art Days 2022, evento culturale di rilievo nazionale giunto alla sua seconda edizione nato per promuovere l’arte contemporanea e i suoi protagonisti.

Per restare sempre aggiornati sulle imperdibili mostre, sulle iniziative e sugli interessanti eventi culturali in programma all’Opificio Puca è possibile seguire i canali social dello spazio espositivo, il quale è presente sia su Instangram che su Facebook. L’arte e la cultura sono motori fondamentali e indispensabili per lo sviluppo del territorio, soprattutto dopo il periodo di forte crisi culturale che abbiamo vissuto in questi due anni di pandemia. Per tale ragione i creatori di questo spazio culturale e gli artisti che hanno sposato e condiviso la filosofia di questo ambizioso progetto hanno un grande bisogno del supporto e del sostegno di tutti noi affinché questa realtà artistica e culturale autonoma, indipendente e nata dal basso non si fermi. Il riscatto delle comunità locali passa necessariamente attraverso la valorizzazione dell’arte contemporanea, la salvaguardia del territorio e la riscoperta della bellezza.

In copertina la giovane artista Maria Giovanna Abbate con l’opera La pelle del Volturno per il progetto OhAhSi!. Foto di Marzia Caramiello.
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