A ridosso della crisi bancaria che ha visto il fallimento di tre banche statunitensi, la più grande è la Silicon Valley Bank, e il contagio della sfiducia estendersi al grande malato della finanza europea, il Credit Suisse, il secondo istituto svizzero, comprato da Ubs. L’oro torna a essere il cosiddetto “bene rifugio” per eccellenza insieme a bond, Nasdaq e Bitcoin.
Dal 9 marzo scorso un’oncia (circa 33 grammi) del metallo è passata da 1.811 dollari fino alla quotazione di 2.009 dollari toccata la mattina del 20 marzo. Di fronte all’imprevedibilità della situazione, come in ogni momento di crisi, gli investitori, cercano dei “beni rifugio” dove concentrare il denaro perché considerati “più sicuri” anche se a volte meno remunerativi. Ebbene, il metallo giallo è stato fra i salvagenti a cui si sono appellati gli investitori. E i recenti dati lo confermano.

Come riportato da Il Sole 24Ore, David Campomaggiore, Ceo di OroEtic e autore del libro must per il settore La verità sull’oro, sostiene che sia il momento migliore per vendere l’oro che non si usa: “Quanto sta avvenendo sta facendo schizzare verso l’alto il prezzo del metallo prezioso. La tempesta finanziaria ha effetti positivi per chi ha investito nell’oro. Impossibile prevedere cosa possa accadere da qui a una settimana, ma di certo chi ha fatto una scelta del genere deve riflettere seriamente se monetizzare o no. Le condizioni sono le migliori per ottenere un ottimo rendimento“.
Certo, il metallo prezioso non è stato l’unico porto sicuro durante la tempesta sui mercati. Anche i titoli di Stato hanno mostrato il loro appeal. I decennali statunitensi, che a inizio mese scambiavano al 4,1%, sono scesi sotto la soglia del 3,5%. I tassi del Bond tedesco di pari durata sono crollati dal 2,8% al 2,1%. Un altro bene rifugio, spiega il quotidiano economico, è stato il Nasdaq: da inizio anno ha attirato capitali aggiornando l’attivo al 14,5% e si è confermato come la migliore risorsa azionaria in Occidente per il 2023. Al contrario l’indice Russell 2000, che include molte banche regionali in difficoltà così come le aziende che rappresentano la street economy Usa, cede il 10%. Il Nasdaq saliva invece del 6%.

Tra gli altri beni rifugio che hanno reagito con un’impennata delle quotazioni alla crisi bancari – come cita Il Sole 24Ore – c’è il bitcoin e più in generale il mondo delle criptovalute. Il bitcoin ha infatti rivisto quota 28 mila dollari per la prima volta da giugno 2022, con un rialzo che dall’8 marzo ha avuto punte del 25%. La criptovaluta, specifica il quotidiano economico, è stata acquistata nelle sedute più instabili. La forza di questo bene rifugio digitale sta, fra gli altri fattori, anche nella debolezza del dollaro: con questa moneta il Bitcoin ha infatti una correlazione inversa al pari dell’oro. A questa si è aggiunta la discesa dei tassi reali (anche con questi ha una correlazione inversa). Infine il quarto fattore, definito da Il Sole il più rilevante: l’aumento della liquidità da parte della Federal Reserve (La Fed, banca centrale degli Stati Uniti), dato nel tentativo di supportare le banche in difficoltà.
