Irriverente, sregolato, idealista. Candidato a dieci premi Oscar (tra cui miglior film) Mank di David Fincher è un affresco in bianco e nero della Hollywood degli anni ’30 attraverso il racconto della vita dello sceneggiatore Herman J. Mankiewicz sospesa tra eccessi e lampi di genio. Costretto a letto da un incidente, Mank riceve l’incarico da parte di Orson Welles di scrivere la sceneggiatura del suo primo lungometraggio, Quarto potere. La narrazione si svolge su due binari temporali. La stesura di quello che ancora oggi è considerato il vero capolavoro della storia del cinema è scandita dal racconto della vita professionale e personale dello sceneggiatore, valorizzata da un Gary Oldman (candidato agli Academy Award come miglior attore protagonista) in stato di grazia che, dopo aver vestito i panni di Churcill, bissa di nuovo il successo della grande interpretazione nel genere biopic.
Sullo sfondo della Grande depressione e della crisi del mercato cinematografico, che per sopravvivere è costretto ad asservirsi alla propaganda politica, il film riesce nell’intento di raccontare l’illusione creata dal cinema: la manipolazione della realtà attraverso il meccanismo della finzione. L’idealismo di Mank in favore di un cinema libero è il punto di rottura che segna il confine tra l’arte e le logiche imprenditoriali che risentono dell’influenza dei salotti. La dipendenza dall’alcol e l’estromissione dalla casa di produzione per “non allineamento” alle idee politiche disegnano il ritratto decadente di un uomo che, pur sentendosi in trappola, non rinuncia all’autenticità della sua unica vita possibile.

L’irruzione alla cena di gala al cospetto di attori, registi, produttori e finanziatori in cui Mank, ubriaco, di fatto mette in scena con un monologo la trama di ‘Quarto potere’ e la sfuriata di Orson Welles (Tom Burke) che dà allo sceneggiatore l’idea per scrivere la scena finale del suo capolavoro sono un omaggio allo spettacolo che racconta sé stesso, alla narrazione del “mentre” in cui la realtà diventa finzione, alla magia che solo il cinema è in grado di creare.
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