“La Campania paga lo scotto di un’immagine di un territorio trascurato e abbandonato. Spesso le imprese hanno difficoltà a portare i clienti nelle proprie imprese perché poco fiere di attraversare zone o territori che presentano infrastrutture fatiscenti e discariche a cielo aperto”. Sono le amare riflessioni finali del rapporto Pmi Campania 2020, in cui la sezione della Piccola industria di Confindustria Campania consegna “una fotografia della composizione strutturale e della condizione economica e finanziaria del sistema produttivo regionale”.
Il report rappresenta i dati economici “cristallizzati per lo più al 2019” e, allo stesso tempo, fornisce le “prime analisi dell’impatto della pandemia e delle relative ripercussioni a livello economico e finanziario sia per il 2020 che per gli immediati anni successivi”. In particolare, il rapporto sulle Piccole e medie imprese della regione Campania parte dallo scenario relativo alla popolazione residente nelle cinque province, che “risulta, in maniera generalizzata, in diminuzione”. Ciò che preoccupa, però, è l’andamento della disoccupazione “in quanto la ripresa produttiva del terzo trimestre 2020 non è riuscita a compensare il calo tendenziale a livello nazionale”. La provincia che ha un valore più prossimo rispetto alla media nazionale (10 per cento) è quella di Benevento con il 10,5, mentre chi doppia, e di molto, il dato è Napoli, con il 23,3 per cento, mentre Caserta s’attesta al 18, Salerno al 17,2 e Avellino al 14,5. Per il 2020 “l’impiego della Cassa integrazione guadagni, in tutte le sue varie forme, ha solo frenato la riduzione complessiva degli occupati ma si attende il termine dell’utilizzo di tali misure per quantificare le reali perdite”.
Nel rapporto è confermato che le Piccole e medie imprese sono il cuore pulsante non soltanto della Campania, ma dell’intera Italia. “In Campania – specifica la ricerca – sono il 99,4 per cento le Pmi rispetto al numero di imprese attive. In particolare, sono 95,4 per cento le micro imprese, ovvero le realtà imprenditoriali con un numero di addetti fino a 9, il 4 per cento le imprese con numero di addetti da 10 a 49 e solo lo 0,6 per cento supera i 50 addetti”. Entrando ancora di più nel dettaglio “le Pmi occupano, in Campania, il 75 per cento dei lavoratori. Nello specifico, il 55 per cento degli addetti è occupato nelle micro imprese, il 24 per cento dei lavoratori è occupato nelle imprese con addetti da 10 a 49, mentre il 21 per cento degli occupati regionali lavora nelle aziende con più di 50 dipendenti”. Relativamente al numero di imprese, “la regione Campania registra un incremento graduale e costante del numero di imprese iscritte al Registro delle Imprese. Si tratta di un trend in costante crescita che fino al 2018 riguardava in maniera generalizzata tutte le province ma che nel 2019 investe solo Napoli e Caserta, in quanto per Benevento, Avellino e Salerno si registra una lieve flessione“.
La Piccola industria campana abbraccia imprese di numerosi settori merceologici, ma “è il settore tecnologico e terziario avanzato che apporta il maggior numero di imprese associate, seguito dal settore metalmeccanico/meccatronico e impiantistica/edilizia. Volendo ancora macro aggregare – prosegue il report – emerge che il comparto manifatturiero rappresenta il 54 per cento delle imprese iscritte contro il 46 per cento delle imprese del comparto servizi”. Il rapporto si conclude valutando i punti di forza e di debolezza del contesto territoriale in cui operano le Pmi campane. I primi fanno forza sulla presenza nel territorio “di porti, interporti e aeroporti. L’area, inoltre, gode della presenza di centri universitari e di ricerca con i quali è possibile instaurare rapporti di collaborazione” oltre ad “ampie zone su cui poter realizzare investimenti a basso costo”. Le note dolenti riguardano, invece, le infrastrutture “perché incompiute e non riescono a esprimere il massimo supporto per i sistemi produttivi. La stessa struttura aziendale e le caratteristiche imprenditoriali possono essere lette in un certo qual senso come un limite che in certi momenti imbriglia la crescita”. Infine, i rapporti con la pubblica amministrazione che “rappresentano un enorme punto di debolezza regionale che rispecchia, purtroppo, una caratteristica nazionale”. A questo si aggiunge quanto accennato all’inizio, cioè “le immagini di degrado che un cliente potrebbe trovarsi a vedere”, motivo di scoraggiamento per commesse e avvii di partnership con le imprese locali.

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