Si parte da un asciutto, per quanto pregnante, comunicato: “Mettiamo in sicurezza il Paese“, dice Mario Draghi durante la riunione della cabina di regia a Palazzo Chigi. Lo ripete l’indomani a Fiumicino, visitando un hub vaccinale. Spiega così agli italiani il senso del decreto, le nuove restrizioni, l’inevitabile ultimo “sforzo” da qui a Pasqua, che è anche “sacrificio” necessario per la riscossa. Ora ai più assennati di voi si porrà urgente la domanda: “Cos’è un hub vaccinale? Perché a me che non rientro nelle fasce protette e che, probabilmente, sarò vaccinato alla fine del 2023, non è stata comunicata l’esistenza di queste realtà che paiono, sin dal suono esterofilo, estremamente interessanti e promettenti, quasi erotiche?”
L’ho detto! Ora, nei confronti del neopresidente del consiglio io nutro solo stima e ammirazione, mista, lo ammetto, ad una perplessità vaga: ma è forse matto da legare nel prendersi una responsabilità di tal fatta? Scendere senza armatura né lancia in una fossa dei leoni da prima repubblica? Fare una sfacchinata del genere, perché? Debbo dire che, nonostante mi arrovelli notte giorno su domande di questo tipo, ancora non sono arrivato a dare a me stesso una plausibile spiegazione. Quanto alle domande cocenti che l’iniziativa governativa ci pone, non solo non trovo risposte, ma il solo pormi le questioni, sia pure nobili, mi provoca uno stato di narcosi comatosa misto a vomito e irritazione cutanea che non mi abbandona fino a che non ho completamente svuotato il barattolo gigante di Nutella, proprio quello che frequentava l’ottimo Nanni in una delle sue scorribande… e bravo il mio lettore cinefilo!
Solo che io, meno narciso e prestante nello svuotarlo, non sono nudo ma indosso un logoro pigiama di pile con le mucchine stampate, perché cazzo se è freddo ancora questo marzo! Sono all’ultima cucchiaiata quando un nuovo sussulto di angoscia mi prende alla gola: le parole “ultimoooo sforzooo” mi rimbombano nel padiglione auricolare tra la pinna e la conca creandomi un pericoloso sbandamento. Mi pare che un sistema ossessivo di echi mi rimandi le due parole conficcandole nella coscienza, oltre che nelle orecchie. All’ennesimo rimbalzo dell’eco al termine “sforzo” si sostituisce a tradimento “viaggio” e il barattolo gigante crolla per terra ferendomi le dita, oltre alle babbucce fatte a mano da nonna. Non è finita: “Sacrificio per la riscossa”. Qui mi placo e tento di esercitare un pensiero, ma mi accorgo che sulle dita nodose spunta una peluria bionda finissima un po’ fané.
E il fenomeno misterioso, più ci penso e tento delle argomentazioni, più procede inesorabile e la peluria, che ora arriva ai polsi, è di colore grigio scuro, quasi nero, e infine ricopre i gomiti e le spalle. Ora è nera come la notte e qualcosa dentro di me cerca un varco verso l’esterno lacerandomi la pelle del viso, da cui ora spunta una dentatura da canide lupino, sanguinolenta. Sacrificio! A me, che non lavoro da un anno e ho visto Salvini e Berlusconi tornare al governo. A me, che ho visto le menti migliori della mia generazione distrutte dalla pazzia, affamate, nude e isteriche, trascinarsi all’alba per teatri deserti. A me la parola sacrificio istiga veri riti sacrificali, molto barbari, avverto! A dispetto di ogni raziocinio, così lecco il mio nuovo manto di lungo pelo quasi rossastro e ululo alla luna il mio cosmico e oceanico: Vaffanculo!