C’è anche un film italiano nella selezione ufficiale del prestigioso International Film Festival di Rotterdam. E si tratta del lungometraggio d’esordio di un regista campano, il quarantottenne Marcello Sannino, che dopo una carriera ultradecennale da documentarista firma Rosa pietra stella, che viene proiettato questo venerdì in anteprima mondiale proprio al festival olandese.
Interamente girato tra Napoli e Portici, prodotto da Antonella Di Nocera, Gaetano Di Vaio e Pier Francesco Aiello per Parallelo 41, Bronx e PFA, con Rai Cinema e in collaborazione con la Film Commission Regione Campania, il film – scritto dal regista assieme a Guido Lombardi e Giorgio Caruso, da un soggetto di loro tre e Massimiliano Virgilio – abbina sguardo poetico e impegno civile e si giova di un notevole gruppo di attori, a partire dai tre protagonisti Ivana Lotito (la Azzurra di Gomorra – La serie), Ludovica Nasti (Lila bambina in L’amica geniale) e l’italo-belga Fabrizio Rongione (l’attore-feticcio dei fratelli Dardenne), ma anche gli altri interpreti Imma Piro, Francesca Bergamo, Valentina Curatoli, Niamh Mccan e un Gigi Savoia capace di svettare da fuoriclasse qual è in una manciata di inquadrature. Di livello anche il comparto tecnico, con Alessandro Abate alla fotografia, Giogiò Franchini al montaggio, Antonio Farina alle scenografie, Rossella Aprea ai costumi, Daniele Maraniello al suono e Riccardo Veno, autore dell’evocativa colonna sonora originale.
Ivana Lotito, davvero molto brava, recita nel ruolo di Carmela, una giovane donna bella e indomita, che cerca di tirare avanti tra mille lavori e piccoli espedienti per non perdere la custodia della figlioletta Maria (la Nasti). Nelle loro vite entra Tarek (Rongione), un algerino residente da vent’anni a Napoli, dove gestisce una piccola pizzeria. L’uomo prova attrazione verso Carmela, ma anche una sconfinata tenerezza per questa donna forte ma disperata, costretta a ingegnarsi senza troppi scrupoli persino sulle spalle dei migranti, vittime come lei dell’attuale contesto sociale di decadenza e ingiustizie sempre più marcate.
Sannino, da dove nasce l’idea di questo suo primo film di finzione?
“L’ispirazione a raccontare questa storia viene da una persona reale, un’amica conosciuta anni fa e che mi ha spesso coinvolto in giornate senza fine, passate a inseguire persone da incontrare, commissioni da fare all’ultimo momento, illusioni quotidiane per non tornare a casa e in fondo fuggire al destino di una vita segnata dalla nascita. Partendo da questo rapporto ho immaginato il personaggio principale. Il film racconta il momento in cui Carmela deve, per necessità e inconsapevole desiderio, uscire dalla sua solitudine, dal suo orgoglio, dalla sua chiusura al mondo, per incontrare l’altro. Un ‘nuovo’ altro, sconosciuto, disperato anch’esso. In un mondo dove la lotta di classe è stata sostituita da una lotta interna tra coloro che vivono nella marginalità e nella clandestinità, Carmela usa le poche armi che ha a disposizione per la sua sopravvivenza. Questo è l’ambito sociale e politico nel quale si svolge la storia“.
Nel film, lei analizza anche il contesto delle nuove povertà, tra migrazioni e difficoltà di integrazione.
“Il punto è: parlare delle persone o dei problemi sociali? In realtà, secondo me, non esiste nessun problema sociale chiaramente delineato. I problemi sono tutti problemi umani. Certo, siamo nel pieno di una fase di decadenza, di ingiustizia sociale, di disumanizzazione ma lo sappiamo tutti e non abbiamo più armi per difenderci. Quindi ripartiamo dalla persona, dalla gente coinvolta negli argomenti, spinta dalla necessità di sopravvivere e di cercare la vita. Al di là della riflessione sul mondo, ciò che da sempre mi interessa nel mio lavoro è la persona. In questo caso una donna, che ancora oggi, in quanto donna, ha troppo spesso una posizione marginale“.
Una donna che, però, fin dal nome rimanda direttamente a Carmela, il brano immortale di Sergio Bruni e Salvatore Palomba del 1976, non presente per scelta registica in colonna sonora, ma citato esplicitamente fin dal titolo, quel Rosa pietra stella che omaggia l’incipit della canzone. Come mai questa suggestione musical-culturale?
“Il riferimento ideale alla canzone è nato in un secondo momento. Lo spunto di partenza, infatti, si rifà, come detto, alla storia di una mia amica di gioventù ma, durante una lettura della sceneggiatura col co-produttore Gaetano Di Vaio, entrambi ci rendemmo conto di come la mia Carmela si rifacesse all’immaginario evocato nel brano di Palomba e Bruni, per esempio all’incipit ‘Stu’ vico niro nun fernesce maje / e pur ‘o sole passa, e se ne fuje / ma tu staje lla’ tu rosa, preta e stella / Carmela‘, ma anche a un altro verso come ‘Tu chiagne sulo si’ nisciuno vede / e strille sulo si’ nisciuno sente / ma nunn’è acqua ‘o sanghe dint’e vene / Carmela‘. D’altra parte, nel film ho inserito tanti riferimenti culturali tipicamente napoletani, ma attualizzandoli al contesto odierno multiculturale e disumanizzante“.
I riferimenti nella costruzione del personaggio sono anche squisitamente cinéfili. D’altra parte, lei è anche uno studioso della settima arte. A quali autori ha guardato come punti di riferimento ideali?
“La mia Carmela, in effetti, oltre a ispirarsi a una persona reale, ha come riferimento le donne raccontate in Rosetta dei fratelli Dardenne, Adua e le compagne di Antonio Pietrangeli, Mouchette di Robert Bresson, Vivre sa vie di Jean-Luc Godard. Ma anche in Gloria di John Cassavetes, Senza tetto né legge di Agnes Varda e nell’adorato Mamma Roma di Pier Paolo Pasolini. Tutte queste, proprio come la mia, sono donne sole, molte volte spaesate rispetto al contesto che le circonda e spesso costrette a prendere decisioni drastiche, a volte crudeli, spinte da una necessità assoluta. Insomma, si tratta di donne che lottano, che si complicano la vita, che portano dentro di sé un desiderio grande, un sogno ancora confuso ma presente, un sogno in attesa di essere realizzato, forse in un’altra vita“.
Quanto sono importanti, in Rosa pietra stella, le location nelle quali è ambientata la storia?
“Gran parte del film è ambientato a Portici, una piccola ma popolosa cittadina al confine sud-est di Napoli. Io sono originario proprio di lì, di questa cittadina benestante e conformista dove la figura di Carmela, con il suo carattere e le sue difficoltà a gestire la vita e la maternità, risaltano molto più che in una metropoli come Napoli, dove la sua condizione è comune a moltissime donne e famiglie. Per lei, la contigua grande città rappresenta il luogo delle maggiori opportunità, della fuga, dove ti conoscono in pochi e ti giudicano meno, ma anche il luogo dove ci si perde come in un magma in cui è difficilissimo muoversi e dal quale è impossibile uscirne illesi. Le riprese a Portici sono più descrittive dei luoghi, dei contesti che Carmela vive e ha vissuto, dei luoghi anche di una certa bellezza dal punto di vista artistico e paesaggistico ma che le trasmettono un forte senso di solitudine. Invece, questa donna volitiva e fragile si propone allo sguardo degli spettatori come una sorta di metafora-incarnazione proprio della Napoli contemporanea, dolce-dura-bella proprio come quella Rosa pietra stella del titolo“.
Segui già la pagina Il Crivello.it?