Secondo l’ultimo rapporto Censis quasi un italiano su due spera per il 2020 nell’arrivo di “un uomo forte” che riesca a mettere le cose a posto. Una fotografia della società sempre più prigioniera di orizzonti limitati e della crisi, tra analfabetismo funzionale, uso eccessivo dello smartphone e crescita demografica in forte calo.
Emblematico, in tal senso, quanto sta accadendo in Campania, che oggi è una delle regioni che sta “invecchiando” più velocemente, anche in ragione di un consistente flusso di giovani in uscita che non trovano, nel territorio, opportunità economiche e di lavoro adatte alle loro ambizioni.
È questa la crudele realtà che emerge dai recenti dati diffusi dall’Istat sul trend demografico della Campania e soprattutto delle province di Napoli e Caserta: più decessi che nascite, in quanto la popolazione ha da tempo perso la sua capacità di crescita per effetto della dinamica naturale dovuta alla sostituzione di chi muore con chi nasce. Tra i dati quello più sconfortante riguarda il numero di residenti che lascia queste province per trasferirsi altrove: in media, due abitanti al giorno decidono di andarsene definitivamente.
Analizzando, inoltre, le statistiche di alcuni grandi Comuni della provincia di Napoli e Caserta, come Melito, Sant’Antimo, Aversa, Orta di Atella, Frattamaggiore e Giugliano (sotto alcuni grafici) si ha la conferma del rischio di diventare “un paese di vecchi, ma non per vecchi”. Qui i trend demografici sono tutti in negativo, diminuisce il numero delle nascite, aumenta il numero dei giovani che cercano lavoro al Nord o all’estero e aumenta quindi l’età media. In aumento anche il numero dei nubili/celibi, mentre diminuisce il numero degli stranieri, che non trovano lavoro e lo cercano in altre zone dell’Italia. Crescono anche i casi di anziani che vivono da soli, senza alcuna assistenza e al limite della sopravvivenza.






Una intera macrozona della regione Campania sta subendo un’emorragia crescente di giovani generazioni, riducendo al minimo il necessario ricambio generazionale. Il trend demografico negativo coincide con la crisi occupazionale, che riguarda oggi anche gli stranieri. La perdita dei residenti, in particolare di professionisti trasferitisi altrove per la disattivazione delle filiali bancarie, dei servizi medici e degli uffici aziendali, è una delle cause delle difficoltà che oggi incontra il commercio in Campania.
La crisi, inoltre, ha costretto molte imprese a chiudere i battenti e altre a ridurre la forza lavoro e questo ha avuto ripercussioni negative sul numero della popolazione residente. Secondo la Confcommercio Campania, il calo demografico allontana ancora di più il Sud dall’Europa.
Il problema non riguarda solo il Mezzogiorno. Secondo l’Istat si prevede un primo leggero ridimensionamento, da 60,4 a 60,3 milioni di abitanti tra il 2019 e il 2030, per poi subire un calo ben più accentuato che porterebbe la popolazione italiana nel 2050 a 58,2 milioni, con una perdita complessiva di 2,2 milioni di residenti rispetto a oggi.
In poche parole, nasceranno sempre meno bambini se non si verificherà, sul breve periodo, una svolta economica e imprenditoriale capace di rigenerare benessere e prospettive. Nel frattempo, le amministrazioni comunali continuano a riempire le città di cemento e cubature inutili e di migliaia di vani disabitati con conseguente deprezzamento degli immobili.
In Campania un mix di fallimento politico e crisi economica sta generando un corto circuito nella struttura sociale di una comunità che non può avere futuro se non inverte la tendenza del saldo naturale. Di questo passo diventerà una Regione della Terza età. E, purtroppo, non saranno le parole “accorate” dei politici di professione o dei sindaci in fascia tricolore l’elemento in grado di cambiare le leggi dell’economia, di ridurre gli effetti della disoccupazione e di arginare il peso devastante dei trend demografici.
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