Lucio Del Pezzo se n’è andato nel giorno di Pasqua a 86 anni, nella Milano che aveva eletto da decenni come sua città adottiva. L’artista, nato a Napoli il 13 dicembre 1933, è stato certamente uno tra i più rilevanti e originali del panorama italiano della seconda metà del Novecento, grazie a un linguaggio espressivo costantemente in oscillazione tra pop, neodadaismo, riletture surrealistico-metafisiche, influenze architettoniche e scultoree, a comporre una pittura ludica e sognante in dialogo continuo con collage e oggetti. Il suo approccio neosurrealista e neodada, con un occhio attento alle derive della società di massa, risale proprio agli anni giovanili partenopei, quando intorno all’Accademia di Belle arti di Napoli una nuova generazione di creativi confluì prima nel Gruppo 58 e poi nella sua rivista-manifesto Documento Sud.
La neoavanguardia napoletana del Gruppo 58 ha prodotto una tra le esperienze artistiche più interessanti – seppur di breve durata – nel panorama artistico italiano novecentesco del secondo dopoguerra. Erano anni di grandi fermenti, in Italia e anche all’ombra del Vesuvio, con l’era atomica che, grazie all’intreccio di paure ataviche e promesse progressiste di energia illimitata, iniziava a influenzare anche l’ambiente artistico italiano. Nel 1952, tra Milano e Bruxelles, Enrico Baj e Sergio D’Angelo avevano fondato il Movimento dell’arte nucleare, che già dall’anno successivo – attraverso la mediazione di Mario Colucci – iniziò a influenzare anche la nuova scena artistica napoletana, come apparve evidente nelle opere che lo stesso Colucci assieme a Del Pezzo, Mario Persico, Carlo Del Pozzo e Franco Palumbo esposero nella storica mostra allestita all’Istituto Cultural Español Santiago di Napoli, nel 1957. L’anno dopo, quindi, a quegli artisti s’aggiunsero Libero Galdo, Sergio Fergola e Luigi Castellano (Luca), con quest’ultimo che si fece promotore appunto della nascita del Gruppo 58 (Biasi, Del Pezzo, Di Bello, Fergola, Luca, Persico) e poi, nel 1959, della rivista Documento Sud. In quegli anni, come detto, Del Pezzo iniziò a elaborare un linguaggio artistico autonomo, attraverso pitture-oggetto e assemblaggi nei quali il tono ludico e il sentire mistico erano rielaborati in cromatismi pop-metafisici. Nel 1959, l’artista firmò il Manifeste de Naples, che raggruppò i componenti della neoavanguardia napoletana e milanese, assieme ad altri esponenti di primo piano della cultura dell’epoca: da Nanni Balestrini a Edoardo Sanguineti, da Giuseppe Alfano a Enrico Baj, Angelo Verga, Ettore Sordini, Sergio Fergola e altri ancora.
A Milano si trasferì nel 1960, su invito di Baj. Dopo la prima mostra meneghina in quello stesso anno, iniziò ad ampliare ulteriormente la componente metafisica del proprio linguaggio grazie alle influenze di De Chirico, Carrà, Fontana, Morandi, Sironi, arricchendolo però con una continua decontestualizzazione di forme geometriche che lo portò a coniare la definizione di Visual Box, riferita ai suoi lavori sempre più in bilico tra immagine pura e tridimensionalità derivante dall’utilizzo di pannelli geometrici e oggetti di vario tipo (dai birilli alle uova di legno e ai manichini). A metà anni Sessanta, Del Pezzo approdò a Parigi e iniziò a ottenere riconoscimenti sempre maggiori, come la sala personale alla trentatreesima edizione della Biennale di Venezia. Del decennio successivo sono anche le esperienze come grafico (per esempio, per Olivetti e Renault) e una notorietà sempre maggiore grazie a grandi mostre in Italia e all’estero. Nel 1979, ritornò a vivere definitivamente a Milano, dove iniziò anche a insegnare alla nuova Accademia di Belle Arti al posto di Emilio Tadini e continuò a creare arte nel suo studio sui Navigli. Nel corso degli anni Novanta approdò, quindi, anche alla scenografia, collaborando col teatro Valli di Reggio Emilia e col Verdi a Parma, mentre il Duemila lo riportò nella sua Napoli, dove venne coinvolto nel progetto della nuova metropolitana dell’arte, in particolare con l’opera Stagioni (nella foto in alto), collocata all’esterno della fermata di Materdei e costituita da quattro pareti rivestite di ceramica intorno all’ascensore esterno, con ciascuno dei quattro lati a raffigurare una stagione dell’anno.
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