Emergono in queste ore nuovi retroscena inquietanti e agghiaccianti sulla morte di Anastasiia Bondarenko, la giovane ventitreenne ucraina morta carbonizzata durante un incendio scoppiato il 10 marzo scorso nel suo appartamento nel centro storico di Napoli. A causare l’incendio, come inizialmente si era ipotizzato, non sarebbe stato un fortuito incidente, bensì ad appiccare le fiamme nell’appartamento della giovane sarebbe stato volontariamente il suo ex compagno, Dmytro Trembach, ventiseienne anch’egli di nazionalità ucraina. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, i quali hanno ascoltato alcuni testimoni informati sui fatti e recuperato diversi messaggi e conversazioni telefoniche, Anastasiia e Dmytro stavano attraversando un momento di crisi relazionale.
La giovane era giunta a Napoli il primo marzo scorso, dopo essere scappata dalla guerra in Ucraina per portare in salvo la sua figlioletta di appena cinque anni. Anastasiia era già stata a Napoli tra settembre e novembre del 2021 in cerca di lavoro, poi sarebbe tornata in Ucraina dove a prendersi cura della figlia ci avevano pensato nel frattempo i nonni. Con l’invasione dell’esercito russo dell’Ucraina avvenuta la notte 24 febbraio, la ventitreenne aveva deciso di fare nuovamente le valige e tornare a Napoli, mettendo in salvo la figlia. Durante l’incendio costato la vita alla povera ragazza ucraina, scampata alla guerra ma non al suo destino infranto di fronte alla mano assassina del suo aguzzino, la figlioletta venne messa in salvo grazie alla sua amica e inquilina, Oleva Donchack, di origini russe, la quale fu la prima a intervenire per capire cosa stesse succedendo in quell’appartamento trasformato in un inferno di fuoco e di fiamme e allertando i soccorsi. Solamente l’azione eroica della donna fece sì che la bambina non morisse anche lei tra le fiamme.
È stata la stessa Oleva, inoltre, a indicare l’ex fidanzato dell’amica Anastasiia, una ucraina e l’altra russa, amiche nonostante i due Paesi siano in guerra, come possibile indiziato dell’accaduto. E infatti lo stesso Dmytro, all’atto degli interrogatori, nonostante avesse negato a più riprese di conoscere la vittima, aveva le mani ustionate, a riprova che sarebbe stato lui il possibile assassino della giovane. Dopo aver appiccato l’incendio l’omicida sarebbe poi scappato via, lasciando mamma e figlia da sole nell’appartamento in balia delle fiamme. Gli inquirenti hanno così analizzato il telefono del sospettato, scoprendo la presenza sul suo smartphone di messaggi che confermavano che era stato lui ad aver ucciso l’ex compagna in quanto non avrebbe accettato la fine della loro relazione, vendicandosi con Anastasiia al punto da stroncarle la vita. Sul suo telefono c’erano infatti dei messaggi lapidari e agghiaccianti rivolti alla madre della vittima: “Non vedrai più tua figlia”, scriveva, poi una telefonata tanto orribile quanto terrificante: “Tua figlia non c’è più, le ho dato fuoco”. Fondamentali, per incastrare l’assassino, anche le preziose testimonianze della madre della povera ragazza. Adesso il femminicida si trova in carcere con l’accusa di omicidio volontario.