Secondo il Tribunale amministrativo regionale, il Comune di Aversa è pienamente legittimato nella determinazione delle tariffe della Tari afferente ai costi del ciclo integrato dei rifiuti. Una notizia positiva per l’amministrazione guidata dal sindaco Golia, che vede Mario De Michele nel ruolo di assessore al ramo, esecutivo difeso dall’avvocatura comunale rappresentata da Giuseppe Nerone e Domenico Pignetti. La decisione da parte del Tar è stata presa in seguito al ricorso presentato dalle cooperative che operano nel settore dei parcheggi.
Il Comune, infatti, secondo i giudici amministrativi ha rispettato il cosiddetto metodo normalizzato nella commisurazione delle tariffe adempiendo il decreto numero 158 emanato dal Presidente della Repubblica il 27 aprile del 1999. Tale decreto, all’articolo 3, prevede da regolamento che la tariffa inerente alla tassa sui rifiuti (Tari) è composta da una parte fissa determinata dal costo del servizio, e da una parte variabile calcolata in rapporto alla quantità di rifiuti conferiti al servizio fornito e ai costi di gestione. A questa determinazione si aggiunge l’articolo 1, comma 652, della legge numero 147 del 2013, il quale dispone che il Comune può commisurare la tariffa alle quantità e alla qualità media di rifiuti ordinariamente prodotti per unità di superficie in relazione agli usi e alla tipologia delle attività svolte unitamente al costo del servizio sui rifiuti.

Lo scopo del provvedimento adottato dal Comune di Aversa è quello di far fronte alle difficoltà oggettive che subentrano nel determinare correttamente il volume dei rifiuti urbani conferiti da ciascun proprietario. Il Comune può quindi ricorrere ai criteri basati sulla capacità produttiva dei detentori calcolata in base alla superficie occupata dai beni immobili in loro possesso, dalla loro destinazione d’uso e sulla natura dei rifiuti da essi prodotti. La giurisprudenza ordinaria ha così convalidato che la normativa nazionale, la quale prevede che la tassa venga calcolata in base a una stima sul volume dei rifiuti generati e non sul quantitativo di quelli effettivamente prodotti, non può essere in alcun modo considerata in contrasto con l’articolo 5 della direttiva numero 12 del 2006, così come convalidato anche dalla Corte di Cassazione.
Le modalità di calcolo della tassa restano dunque di discrezionalità dell’ente locale. Pertanto, le delibere adottate dal Comune, in osservanza delle linee guida redatte dal ministero dell’Economia e delle Finanze e nel rispetto del sopraenunciato Dpr, per quel che concerne le specifiche attività legate alle utenze non domestiche, sono pienamente legittime sotto il profilo amministrativo, sancendo così l’inesistenza della supposta sproporzione, irragionevolezza e illogicità che avrebbe compromesso, secondo i ricorsisti, la regolare azione amministrativa.
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