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Home Società

Beni confiscati in provincia di Caserta, modelli esistenti e difficoltà di gestione a 25 anni dalla legge 109/96

Organizzato dal presidio di Libera Aversa il dibattito ha visto la partecipazione, tra gli altri, dell'assessore regionale alla Legalità Mario Morcone. Il nodo del complesso agricolo "la Balzana" di Santa Maria la Fossa

Pier Paolo De Brasi di Pier Paolo De Brasi
9 Marzo 2021
in Società
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L'assessore regionale alla Legalità Mario Morcone

“Venticinque anni dalla legge 109/96 – Beni confiscati in provincia di Caserta: modelli esistenti e nuovi obiettivi di utilizzo”. Questo il tema del webinar organizzato dal presidio Libera Aversa “Dario Scherrillo e Attilio Romanò”, cui hanno partecipato Mariano Di Palma (Libera Campania), Mauro Baldascino (comitato don Peppe Diana), Elena Pera (Centri di servizio per il volontariato AssoVoce), Simmaco Perillo (Nuova cooperazione organizzata), Alfonso Golia (sindaco di Aversa), Daniela Lombardi (Agenzia nazionale beni confiscati e sequestrati – Napoli) e Mario Morcone (assessore alla Legalità Regione Campania), moderati dalla giornalista Tina Cioffo. L’evento, una delle tappe di avvicinamento al 19 e al 21 marzo – ventisettesimo anniversario dell’uccisione di don Peppe Diana e ventiseiesima Giornata della Memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie – ha analizzato i modelli esistenti nella provincia di Caserta, con particolare riferimento alle difficoltà riscontrate nell’applicazione della legge e le prospettive di miglioramento del sistema di valorizzazione dei patrimoni sottratti alle mafie. A “infiammare” la discussione il tema dell’utilizzo del più grande bene confiscato in Campania: l’azienda agricola “la Balzana” di Santa Maria la Fossa.

Ad aprire il dibattito è stato il sindaco di Aversa Alfonso Golia che si è soffermato sull’esperienza attuata nella cittadina normanna. “Stiamo portando avanti in sinergia con il terzo settore – ha esordito – un percorso partecipato ed efficace per l’utilizzo sociale dei beni confiscati. Non bisogna solo riaprire i beni, ma anche individuare degli utilizzi che siano funzionali. Questo lo si può fare solo con chi è impegnato sul territorio e può essere da sprono all’amministrazione. Sono molto soddisfatto, ma anche consapevole che c’è ancora molto da fare”. Se ad Aversa il tentativo di co-progettazione sui beni confiscati è orami una realtà, lo stesso non si può dire per il resto di Terra di lavoro, dove “gran parte delle amministrazioni comunali non sono sensibili a questo tema”. Ad affermarlo è Elena Pera di AssoVoce, per la quale “la grossa difficoltà è spingere le amministrazioni alla trasparenza e, quindi, alla pubblicazione dell’elenco dei beni. Adesso, comunque, stiamo monitorando le ‘buone pratiche’ presenti sui beni confiscati in provincia di Caserta e come laboratorio abbiamo scelto Casal di Principe. Il problema è anche la burocrazia lenta – ha concluso Pera – con l’Agenzia dei beni confiscati che deve velocizzare le consegne dei beni ai Comuni”. Simmaco Perillo ha portato nella discussione l’impegno concreto del consorzio di cooperative sociali Nuova cooperazione organizzata (Nco), attraverso l’utilizzo dei budget di salute e l’esempio della ricaduta sul territorio di una “buona pratica”, magari da replicare anche fuori regione. “La domanda cui bisogna rispondere con chiarezza e in maniera forte è che ruolo hanno i beni confiscati all’interno di un particolare contesto sociale: il bene confiscato è un simbolo ed è una risorsa per la costruzione di comunità libere”, ha affermato con decisione.

L’assessore regionale alla Legalità Mario Morcone, sollecitato da Tina Cioffo, ha toccato, quindi, il nervo scoperto del complesso agricolo “la Balzana” di Santa Maria la Fossa, ancora non assegnato per una querelle fra il Comune della zona dei “Mazzoni” e Agrorinasce, che rischia di far perdere un finanziamento di 15 milioni di euro già stanziati e di altri 15 che potrebbero arrivare. “Un’area di 220 ettari non possiamo affidarla al Comune di Santa Maria la Fossa che ha 2.600 abitanti – ha sostenuto Morcone – ma è un’operazione che dobbiamo fare insieme, senza voler togliere nulla al protagonismo dell’ente locale. È una progettazione che non può prescindere dal territorio, dalla Regione Campania e dall’occhio vigile dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati. I mondi economico-finanziari-criminali sono sempre presenti e pronti ad approfittare per dare la zampata. Anche per questo motivo la Regione ha ricostituito l’Osservatorio sui beni confiscati alla criminalità organizzata”. Nel replicare a Morcone, Mauro Baldascino ha puntato sul “ruolo centrale che nel nostro territorio ricopre l’economia sociale. È paradossale, quindi, che proprio su ‘la Balzana’ questo modello, riconosciuto da tutta Italia, non venga considerato. La Balzana è diventato un bene che fa parte di una strategia nazionale. Ben venga la Regione, ma è un errore escludere nella progettazione il mondo dell’economia sociale. Certe pratiche rischiano di aprire la porta alla criminalità organizzata – è l’allarme di Baldascino – perché non è possibile affittare i terreni e trovarci i familiari dei camorristi”. Per Mariano Di Palma “non bisogna trasformare ‘la Balzana’ in una cattedrale nel deserto. Bisogna, invece, indirizzare le risorse pubbliche esistenti in un progetto di sviluppo che sul quel territorio può funzionare, ascoltando tutte le realtà sociali e territoriali. Una politica di sviluppo che punti, quindi, all’agricoltura sociale. L’utilizzo di 220 ettari di terreno è un’occasione straordinaria per valorizzare in tutto il mondo i prodotti tipici locali”. Infine, Daniela Lombardi, dell’Agenzia nazionale beni confiscati e sequestrati, ha chiesto alle associazioni “collaborazione nel segnalare criticità e ritardi da parte dell’Agenzia” così come ha lamentato che “pochi Comuni si sono dotati di uffici capaci di gestire i beni confiscati”.

L’azienda agricola ‘La Balzana’ vista dall’alto

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