Un’operazione rilevante quella delle forze dell’ordine, che ha portato all’esecuzione di misure cautelari per ben ventisei persone, tutte gravemente indiziate a vario titolo dei reati di associazione finalizzata al traffico, detenzione illecita e cessione di sostanze stupefacenti. I reati, inoltre, sono stati aggravati dalle finalità mafiose, in quanto le ventisei persone in questione hanno agito avvalendosi del peso e della scia di terrore derivante dall’appartenenza al clan D’alessandro, operante nel comune di Castellammare di Stabia, e al clan Afeltra-Di Martino, operante nella zona dei Monti Lattari. Le ordinanze cautelari, eseguite nella giornata di oggi dai carabinieri del nucleo investigativo di Torre Annunziata, si sono divise in custodia in carcere per quattordici persone, arresti domiciliari per sette indagati e obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per le ultime cinque persone.
Il provvedimento concluso oggi trae origine da un’ampia e più strutturata attività d’indagine, che si riferisce al periodo compreso tra il 2017 e il 2018, spettro temporale in cui gli inquirenti hanno dimostrato che il clan D’alessandro era riuscito ad assumere il pieno controllo del mercato delle sostanze stupefacenti su tutta l’area stabiese, comprendendo Castellammare di Stabia e i comuni limitrofi come Santa Maria la Carità e Vico Equense, raggiungendo l’intera penisola sorrentina. Un’alleanza strategica con il clan Afeltra-Di Martino, inoltre, ha consentito loro di estendere il sistema criminale fino all’area dei Monti Lattari. Il meccanismo su cui si fondava il sistema, creato ad hoc, prevedeva una piattaforma unica per la fase di distribuzione della marijuana nelle diverse piazze di spaccio. Tra le ventisei persone in questione, i fili dell’operazione erano tenuti da elementi di spicco del clan D’Alessandro, che avevano fissato un prezzo minimo di vendita per avere così una quota fissa da poter destinare agli affiliati detenuti e alle rispettive famiglie.
L’acquisto degli stupefacenti avveniva su larga scala; il clan D’Alessandro si era affidato al servizio di alcune persone che, nel periodo di ‘indagine di mercato’, avevano il compito di reperire la merce attraverso nuovi canali di approvvigionamento. Si è scoperto che i canali maggiormente usati come intermediari durante l’acquisto degli stupefacenti erano riconducibili alla potente cosca calabrese della ‘ndrangheta dei Pesce-Bellocco, operanti a Rosarno in provincia di Reggio Calabria. Il clan calabrese ha sviluppato un’egemonia nella Piana di Gioia Tauro, dove sono ormai considerati veri e propri leader nel settore della distribuzione degli stupefacenti. Durante le indagini, un servizio di osservazione e pedinamento ha portato all’intercettazione di due trasporti di marijuana provenienti proprio da Rosarno e all’arresto dei corrieri. La marijuana sequestrata, occultata dalla frutta, ammontava a un peso di circa 25 chili.
I sequestri, tuttavia, non sono finiti qui. L’associazione mafiosa è arrivata perfino a utilizzare donne in stato di gravidanza come corrieri, nel tentativo di eludere i controlli giocando sulle loro qualità di vettori insospettabili. Una di esse, però, è stata identificata e arrestata, portando al sequestro di oltre un chilo di marijuana. Altri sequestri, riconducibili all’organizzazione in questione, sono avvenuti nel comune di Poggiomarino (circa 3,5 chili di marijuana) e sull’autostrada Napoli-Bari all’altezza di Avellino (circa 26 chili). Era diventata il luogo preferito per lo smercio di cocaina, invece, la penisola sorrentina, come dimostrano le cessioni cristallizzate nel corso dell’indagine, riservate a una clientela esigente di imprenditori e professionisti. In totale, sono stati eseguiti sei arresti di spacciatori e corrieri, mentre i sequestri di stupefacenti hanno portato a un ammontare complessivo di 56 chili di marijuana e 2 chili di cocaina.
In concomitanza con queste indagini, hanno preso corpo anche attività investigative sul profilo patrimoniale delle famiglie riconducibili ai ventisei indagati. Il risultato è stato un decreto di sequestro preventivo, emesso dal giudice per le indagini preliminari su richiesta della direzione distrettuale antimafia di Napoli, che ha riguardato beni mobili, immobili, rapporti finanziari, imprese e quote di società. Tra una decina di autoveicoli e due motocicli, appartamenti e ville residenziali, imprese di varia natura (prodotti caseari, pelletteria, taxi e oggettistica cimiteriale) e due quote societarie (relative a un’azienda di cibo da asporto e un’impresa edile) tra Castellammare di Stabia e Salerno, il patrimonio in questione è stato stimato avere un valore di circa 15 milioni di euro.
Delle ventisei persone raggiunte dalle misure cautelari, sono quattordici i destinatari della custodia in carcere: Antonino Alfano (33 anni), nato a Gragnano; Vincenzo Starita (39 anni), nato a Pompei; Marco Cimmino (32 anni); Francesco Di Maio (37 anni); Sergio Mosca (62 anni); Marco Schettino (44 anni); Vincenzo Schettino (43 anni); Giovanni Tufano (41 anni); Ciro Vitale (43 anni); Francesco Delle Donne (38 anni); Giuseppe Vuolo (38 anni); Carmine Barba (40 anni); Antonio Longobardi (41 anni) e Nino Spagnuolo (43 anni), tutti nati a Castellammare di Stabia.
Sette, invece, sono i destinatari della misura cautelare degli arresti domiciliari: Francesco Ciurleo (35 anni), nato a Cinquefrondi (Reggio Calabria); Antonio Giuseppe Ferraro (47 anni), nato a Rosarno (Reggio Calabria); Roberto Somma (36 anni), nato a Pompei; Tommaso Naclerio (50 anni), nato a Gragnano; Raffaele Polito (29 anni); Alfonso Perillo (52 anni) e Luigi Staiano (31 anni), tutti nati a Castellammare di Stabia. Sono stati raggiunti, invece, dalla misura cautelare di obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria: Nicola Romano (53 anni), nato a Gragnano; Maurizio Amendola (50 anni); Ernesto Di Maio (34 anni); Silverio Onorato (30 anni) e Michele Di Maria (38 anni), tutti nati a Castellammare di Stabia.
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