La Procura di Milano ha chiesto di processare con il rito immediato Alessandro Impagnatiello. L’uomo è accusato di aver ucciso con 37 coltellate, il 27 maggio scorso, la compagna Giulia Tramontano, incinta al settimo mese. Sono quattro le aggravanti da ergastolo che il PM aggiunto Letizia Mannella e il PM Alessia Menegazzo contestano al barman, attualmente detenuto. La decisione sul procedimento spetterà adesso alla gip Angela Minerva.

Dopo poco più di cinque mesi dall’omicidio, la procura ha raccolto prove contro Impagnatiello e ha deciso di chiedere il rito immediato, perché consente di saltare l’udienza preliminare e arrivare dritti al dibattimento e inoltre non ha una natura premiale: questo vuole dire che in caso di condanna l’imputato non riceverà uno sconto della pena. Nello specifico, in base al Codice di procedura penale, il pubblico ministero chiede il giudizio immediato “quando la prova appare evidente, se la persona sottoposta alle indagini è stata interrogata sui fatti dai quali emerge l’evidenza della prova“.
L’accusa sostiene che Impagnatiello, la notte del 27 maggio, ha ucciso la sua compagna, in attesa di un bambino, con 37 coltellate e poi ha cercato di bruciare e di sbarazzarsi del corpo ritrovato quattro giorni dopo l’assassinio tra le sterpaglie vicino a dei box e non molto lontano dalla loro abitazione a Senago, nel Milanese. Le indagini hanno poi rivelato prove di premeditazione dell’omicidio. Nei mesi precedenti, l’assassino, avrebbe tentato di avvelenarla con il topicida. All’uomo, quindi, sono stati contestati l’omicidio aggravato dalla premeditazione, dalla crudeltà, dai futili motivi e dal rapporto di convivenza, e poi l’occultamento di cadavere e l’interruzione di gravidanza non consensuale. Infatti, in base agli accertamenti e agli esiti di una consulenza autoptica, è stata rilevata la presenza di un veleno per topi, il «bromadiolone» sia nel «sangue che nei capelli» di Giulia sia nei «tessuti e capelli fetali» del bimbo che aveva in grembo, addirittura con un «incremento» della somministrazione «nell’ultimo mese e mezzo».
La famiglia della vittima è rappresentata dall’avvocato Giovanni Cacciapuoti e si prepara a costituirsi parte civile nel processo, richiesta che verrà avanzata anche dal Comuna di Senago, con l’avvocato ed ex PM Antonio Ingroia.
