È stato pubblicato anche quest’anno il rapporto sulla qualità della vita a cura del Sole 24 Ore. I fattori considerati dagli economisti del quotidiano economico-finanziario tengono conto di sei macroaree tematiche sulle quali è stata condotta l’analisi: la prima riguarda la ricchezza pro-capite e i consumi dei cittadini; la seconda il tasso demografico e l’accesso alle cure sanitarie; la terza la mole d’affari e l’accesso al mondo del lavoro; la quarta la tutela dell’ambiente e la qualità dei servizi offerti; la quinta è inerente al funzionamento della giustizia, alla sicurezza e al tasso di criminalità, mentre il sesto e ultimo parametro preso in considerazione riguarda l’accessibilità ai luoghi della cultura e della conoscenza, oltre alla possibilità di praticare sport e impiegare il tempo libero in città.
Ebbene, all’interno della classifica stilata dal Sole 24 Ore, che tiene in considerazione le 107 città italiane capoluogo di provincia, Napoli si piazza quasi giù in fondo, al novantaduesimo posto. Si tratta di un dato estremamente negativo per il capoluogo partenopeo che rispetto allo scorso anno perde ben undici posizioni. A influire pesantemente sulle condizioni socio-economiche della città, così come emerge dallo studio pubblicato, è stata la pandemia da Coronavirus, che ha letteralmente messo in ginocchio il comparto turistico e il settore della ristorazione, che in una città a vocazione turistica come Napoli rappresentano una fetta consistente dell’indotto cittadino. La nota maggiormente dolente, secondo l’analisi condotta dal quotidiano economico-finanziario, riguarda proprio il comparto lavoro: la città, infatti, è novantaquattresima in Italia per offerta lavorativa. A mantenerla a galla nella classifica è invece il comparto legato all’intrattenimento e all’offerta culturale, per i quali Napoli si piazza al settantesimo posto, ma anche in questo caso si tratta di numeri negativi se paragonati ad altre città soprattutto in virtù dell’immenso patrimonio storico, artistico e culturale offerto dal capoluogo partenopeo, ma ancora non sufficientemente valorizzato.

Ma se Atene piange Sparta non ride. Peggio di Napoli, in Campania, solo Salerno e Caserta, che si posizionano rispettivamente al novantatreesimo e al novantaquattresimo posto della classifica, subito dopo il capoluogo, confermando l’amaro trend negativo per quel che riguarda la qualità della vita. Il capoluogo salernitano perde rispetto allo scorso anno sette posizioni, una in meno invece per Caserta, che si aggiudica la maglia nera. In controtendenza Avellino che guadagna dieci posizioni e si piazza all’ottantaquattresimo posto, mentre sul podio delle città più vivibili in Campania sale Benevento, che si posiziona al settantanovesimo posto, guadagnando ben sedici posizioni rispetto al 2019.
Su scala nazionale, meglio di Napoli, le città siciliane di Messina, Catania e Palermo. Sul podio sale invece Bologna, premiata per la qualità dei servizi che offre ai suoi cittadini, oltre alle opportunità di lavoro, per la cura dell’ambiente e alla vastità dell’offerta culturale e formativa. Seguono il capoluogo felsineo Bolzano, Trento, Trieste, Udine e Aosta, mentre si piazzano in buona posizione anche le altre città dell’Emilia Romagna, tutte promosse. Sonora e inaspettata bocciatura invece per Milano. La città meneghina, che era finita sul podio delle classifiche dello scorso anno e di quello precedente, precipita al dodicesimo posto, dopo Siena e Cagliari, che invece confermano i trend positivi di Toscana e Sardegna. Valutazioni negative anche per le altre città lombarde, duramente colpite dalla crisi pandemica. Diciannovesimo posto inoltre per Genova, ventunesimo per Torino e ventisettesimo per Firenze, mentre Roma si piazza al trentaduesimo posto. Fanalino di coda, nella classifica nazionale, Crotone, che giace al centosettesimo posto: la città ionica è appena preceduta da Caltanissetta, centoseiesima, e Siracusa, centocinquesima.
Alla luce di tali valutazioni si può dunque affermare che la crisi epidemiologica ha colpito soprattutto le città a maggiore vocazione commerciale, imprenditoriale e turistica, mentre reggono quei territori la cui ricchezza è basata sui servizi, sia pubblici sia privati, sul comparto informatico-tecnologico, sulla grande industria e sul terziario avanzato. Le città del Mezzogiorno restano infine in fondo alla classifica, evidenziando e ancora una volta confermando l’enorme divario sociale, culturale ed economico che persiste da oltre un secolo tra nord e sud del Paese.

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