“Un anno bianco fiscale, in cui le aziende non pagano le tasse: per evitare licenziamenti e fallimenti”: è la proposta del presidente di Confesercenti Campania, Vincenzo Schiavo, per il dopo Covid-19, quando le imprese dovranno risalire la china della ripresa. Intanto, però, la situazione è ancora critica e la luce in fondo al tunnel non si vede, nonostante ristori e voglia di ricominciare.
Ci sono segnali di ripresa, dottor Schiavo, dopo la conferma della zona gialla in Campania e l’inizio dei saldi?
“Purtroppo i segnali di ripresa non ci sono, perché chi sta lavorando perde dal 40 al 70 per cento del fatturato in confronto allo scorso anno. C’è il settore del turismo in totale crisi, in quanto mercato e domanda sono fermi, con gli aeroporti aperti, ma vuoti. Non ci sono pacchetti turistici, così come le navi da crociera non viaggiano e l’intero indotto è bloccato: guide, agenzie di viaggio, tour operator, alberghi sono tutti fermi. Altre categorie, invece, sono completamente chiuse, come le scuole da ballo, le palestre e le sale bingo. Dietro ogni attività ci sono lavoratori, ci sono famiglie e persone che hanno investito. C’è, quindi, il dramma nel dramma. La ristorazione anch’essa vive, in gran parte, di turismo, così come il commercio. Sicuramente, è un altro comparto in grande difficoltà, anche perché hanno almeno il 50 per cento di fatturato in meno per la chiusura alle 18, ma il fitto e la corrente non gli costano la metà”.
Anche gli autonoleggiatori hanno protestato. È un altro comparto che sta soffrendo per la crisi pandemica?
“In Campania abbiamo quattromila autobus, un migliaio di imprese sono in grande difficoltà e solo questo comparto dà oltre ottomila posti di lavoro. Sono completamente fermi. Bisogna cercare nuove opportunità per sostenere queste imprese. Insomma, il governo centrale e quello regionale, invece di affaticarsi ad acquistare autobus per il trasporto locale dovrebbero usufruire, per un anno, di questi autovettori privati che sono fermi, ma hanno comunque da pagare gli stipendi, le banche e quant’altro. Almeno rimettiamo in moto un settore. La mobilità è stata sempre un nervo scoperto per i governi, ma con l’ausilio dei privati potremmo risolvere due problemi: aiutiamo un settore molto importante e facilitiamo il trasporto di persone, lavoratori e studenti”.
Ci sono i ristori, ma lei ha chiesto un “anno bianco fiscale” in cui gli imprenditori non pagherebbero le tasse. Ma non sarebbe un azzardo con un debito pubblico che già adesso rischia di essere fuori controllo?
“Quando ricominceranno a riaprire le attività sarà un dramma, con una valanga di licenziamenti e una marea di persone per strada. Per evitare tutto questo dobbiamo fare in modo che all’imprenditore, almeno per un anno, non costi avere un impiegato, non paghi le tasse sulla sua produzione e vada incentivato ad assumere, così da far muovere l’economia. Lo Stato dove trova i soldi? Riceverà 216 miliardi di euro dall’Europa, di cui circa cento sono a fondo perduto. Nei prossimi ristori dovrebbe investire 36 miliardi di euro, ne rimarrebbero altri 70 a fondo perduto e 110 da ridare in debito. Per un anno, invece di chiedere le tasse a imprese e lavoratori, lo Stato si sostiene non solo limitando gli sprechi e la spesa pubblica, ma con i soldi dell’Unione europea: così mette in moto l’economia”.
Lei ha parlato di 50.000 aziende che hanno contratto un debito e non riescono a pagare. Quanto è grande il rischio che le aziende in difficoltà cadano nelle mani di usura e criminalità?
“In Campania abbiamo circa 50.000 imprese con una sofferenza bancaria molto alta e, se non riparte l’economia, rischiano di cadere nelle mani del male assoluto dell’usura e anche in un fallimento. In entrambi i casi muoiono. C’è bisogno di dare una mano a queste imprese. Chi non darà i soldi a usurai e delinquenti deciderà di fallire. Un fallimento aziendale è un fallimento di un uomo, di una famiglia e queste cose creano danni enormi. Come associazione, proviamo a dare una mano a chi ha il coraggio di dircelo, ma molto spesso veniamo a conoscenza del dramma quasi alla fine, perché l’imprenditore si chiude in se stesso e pensa di risolvere il problema accettando i soldi da uno sconosciuto che arriva come un salvatore, ma è la sua condanna. È gentaglia spietata”.

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