Nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, nel Casertano, detenuti imparano a cucire e a fabbricare cravatte di alta sartoria grazie a un protocollo d’intesa firmato a Napoli tra Donatella Rotundo, direttore del penitenziario casertano e Maurizio Marinella, amministratore unico della storica azienda napoletana, alla presenza del magistrato di sorveglianza Marco Puglia e di Giovanni Russo, capo Dipartimento amministrativo dell’istituto di detenzione.

Il prestigioso marchio napoletano “Marinella”, eccellenza mondiale nella produzione delle cravatte e accessori di sartoria, mette così a disposizione gratuitamente il ‘know how’ di Maurizio Marinella e del personale specializzato per la realizzazione e la supervisione del design del prodotto realizzato dai detenuti della casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere. Lo scopo del progetto è promuovere un nuovo approccio di implementazione del lavoro all’interno delle carceri, che consenta un più agevole reinserimento all’interno della collettività. Le sarte della maison napoletana hanno addestrato le formatrici le quali, in un laboratorio ad hoc all’interno del carcere, trasmetteranno dai prossimi giorni ai detenuti l’arte di realizzare cravatte artigianali, destinate poi al personale di Polizia penitenziaria.
“È gratificante pensare di offrire un futuro a persone che attraversano momenti difficili nella loro vita”, ha dichiarato Maurizio Marinella, durante la sua partecipazione insieme al figlio Alessandro (general manager). “Questa è la nostra seconda esperienza con le cravatte, avendo già realizzato un’iniziativa simile nel carcere femminile di Pozzuoli. Siamo impegnati in operazioni di solidarietà e sociali, e ci fa piacere vedere negli occhi di queste persone una luce diversa. Non si tratta di pubblicità, ma di emozione. Se vogliamo parlare di investimento, possiamo dire che è un investimento nelle persone, non legato ai fatturati o ai bilanci, ma alla gioia e all’integrazione“.
“Dietro a questa iniziativa ci sono due obiettivi“, ha affermato la direttrice Donatella Rotundo. “Il primo è trasmettere ai detenuti una professionalità che possa essere utilizzata nel mondo del lavoro, una formazione proveniente dalle eccellenze. Il secondo è la produzione di capi destinati all’Amministrazione penitenziaria. In questo modo, risparmiamo sulle gare d’acquisto e siamo in grado di autoprodurre ciò di cui abbiamo bisogno“.
