Cresce il mercato mondiale di cocaina grazie a nuovi centri di traffico: i prezzi nei vari Stati
Il traffico di cocaina - al 90% prodotta da Colombia, Perù e Bolivia - sta attraversando un nuovo periodo di espansione: nel 2020 ne sono state prodotte 1.982 tonnellate
C’è sempre più droga a disposizionee costa sempre meno; si abbassa l’età media e si amplia la platea dei consumatori. La produzione mondiale di cocaina ha raggiunto livelli record, la domanda è rimbalzata e sono emersi nuovi centri del traffico globale, coinvolgendo un numero maggiore di gruppi criminali.
In termini numerici nel 2020, i campi dei tre Stati sudamericani che da soli forniscono il 90% del totale – Colombia, Brasile e Perù – erano occupati per 234mila ettari da piantagioni di cocaina. La produzione potenziale era del 44% più alta che nel 2006, data del picco storico. Emerge dalla ricerca “Global Report on Cocaine 2023” dell’UNODC (Ufficio ONU per il controllo della droga e la prevenzione del crimine), come riportato da Il Sole 24 Ore.
Le piantagioni di cocaina, tra il 2013 e il 2017, sono raddoppiate. Il picco è stato raggiunto nel 2018, prima di stabilizzarsi e schizzare di nuovo nel 2021, scrive il report. Negli ultimi tempi sono però aumentati anche i sequestri: +94% tra il 2006 e il 2020. Significa che molta della cocaina che sarebbe dovuta finire sulle piazze di spaccio mondiali è stata bloccata, impedendo una crescita ancora più esponenziale del suo mercato. Tuttavia, i numeri mostrano un settore che non riesce a essere arginato. Così, nel 2020, le tonnellate di cocaina pura prodotta sono arrivate a sfiorare le 2mila unità: 1.982. La domanda sempre più alta e il valore di mercato della sostanza sono la ragione dietro i numeri record. In alcuni Paesi, un grammo di cocaina può arrivare a costare addirittura più del petrolio.
Come sottolinea sempre Il Sole, su dati UNODC, in Arabia Saudita – dove non solo lo spaccio, ma anche soltanto il consumo di cocaina, rischia di provocare la pena della condanna a morte – per un grammo si arriva a pagare 533 dollari. Un barile di petrolio si ferma intorno ai 70. Le differenze di prezzo nel mondo sono marcatissime. Tra le Nazioni dove la cocaina costa di più ci sono ad esempio Mauritius (nel 2018 si arrivava a 442 dollari), Macao (413 dollari nel 2019), gli Emirati Arabi Uniti (401 dollari nel 2020), la Corea del Sud (341 dollari nel 2020) e il Kuwait (329 dollari nel 2019). Anche in Australia e in Nuova Zelanda la polverina bianca è piuttosto costosa: 241 e 230 dollari al grammo. In Giappone si scende poco al di sotto dei 200 dollari (188), così come Indonesia e Algeria (entrambe a 183 dollari)
Si spende molto meno invece nell’Europa occidentale e centrale, dove la media è di 84 dollari. Se negli Stati Uniti si viaggia sui 100, più si scende nel Continente americano – avvicinandosi alle piantagioni da cui tutto parte – più crolla il prezzo. Negli Stati centrali si sta sui 20 dollari al grammo, in quelli meridionali sui 10. Il Sole riporta anche i dati dei prezzi al dettaglio in ogni singolo Stato europeo, forniti da UNODC ed Europol, comparando quelli del 1990 a quelli del 2020. In Italia, 33 anni fa un grammo di cocaina costava 108 euro. Tre anni fa ne servivano 91. Il costo è calato quasi ovunque. In Francia prima si stava sui 99 euro, ora sui 75. In Germania si è passati dai 120 agli 83, in Spagna dai 110 ai 67, nei Paesi Bassi dai 66 ai 57, in Belgio – dove dal porto di Anversa passa gran parte di tutto quello che viene smistato in Europa – da 80 euro si è scesi a 60. Il Paese dove la cocaina costa meno è il Portogallo: 38 euro. Un chilo di cocaina, confrontando sempre i prezzi del 1990 e del 2020, in Italia è passato dal costare 54mila dollari a 43.770 dollari.
Anche nel nostro Paese la “geografia” del commercio di polvere bianca è in evoluzione. La maggior parte dei sequestri in Italia nel 2020 erano stati fatti nel porto di Livorno, in Toscana, ma già l’anno successivo è stato quello di Gioia Tauro in Calabria a superare le confische di tutti gli altri porti italiani messi insieme, arrivando a 14 tonnellate, ben oltre la metà del totale di circa 20 tonnellate sequestrate quell’anno, mostrando da un parte la sempre maggiore centralità della ‘Ndrangheta nel commercio della Penisola, ma anche la capacità dei trafficanti di modificare le proprie rotte di importazione, con i carichi che arrivano principalmente da Brasile, Cile, Colombia, Ecuador, Guatemala, Nicaragua e Perù. La cocaina arriva in Italia anche da altri Paesi europei, tra cui i Paesi Bassi e la Spagna e oltre alla ‘Ndrangheta sono la Camorra e alcune reti criminali albanesi che stanno facendo accordi con diverse reti internazionali per organizzare le importazioni nella penisola, a volte lavorando anche in collaborazione tra di loro.
E, secondo il rapporto, sono cambiate anche le dinamiche delle organizzazioni criminali nel Paesi di produzione, soprattutto in Colombia. Nella nazione sudamericana la smobilitazione dei combattenti delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (Farc), che in precedenza controllavano molte delle regioni in cui si coltivava la coca, ha creato una possibilità per l’ingresso di altri soggetti, sia locali che persino gruppi stranieri provenienti da Messico ed Europa.
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