Criminalità e beni confiscati, il Comune di Santa Maria la Fossa esce dal consorzio Agrorinasce
Nel Casertano, a rischio il finanziamento per il recupero dell'azienda agricola 'La Balzana'. La decisione potrebbe influenzare anche gli altri enti soci dell'agenzia e compromettere la gestione delle strutture tolte alla camorra
Rischia di avere gravi ripercussioni sulla gestione dei beni confiscati in provincia di Caserta la decisione del Comune di Santa Maria la Fossa di uscire dal consorzio Agrorinasce. L’amministrazione comunale guidata dal sindaco Nicolino Federico non ha voluto sentire ragioni e ha approvato nel civico consesso, infatti, l’addio all’agenzia che unisce i Comuni di Casapesenna, San Cipriano d’Aversa, San Marcellino e Villa Literno nel recupero e utilizzo dei beni confiscati alla camorra. Tutto nasce da una consulenza chiesta dal Comune della zona dei ‘Mazzoni’ a uno studio di avvocati di Caserta per “l’accertamento dei presupposti di legittimità degli atti precedentemente adottati in relazione ai rapporti instaurati dal Comune con la società Agrorinasce Scrl e l’accertamento della legittimità e/o dell’opportunità della stipula della convenzione, deliberata dal consiglio comunale il 19 dicembre 2018”. Dopo una relazione di sedici pagine, il parere dei legali è stato il seguente: “Gli scriventi ritengono che l’Ente non possa aderire alla trasformazione di Agrorinasce in consorzio pubblico come meglio definito dal decreto legislativo 267/2000”.
Uno smacco inaspettato per l’agenzia che rischia di far saltare il finanziamento di 30 milioni di euro per il recupero e la gestione di uno tra i più grandi beni confiscati alla camorra: l’azienda La Balzana, 220 ettari di terreno, con dieci ville e altrettanti edifici adibiti a stalle, silos o depositi e addirittura una chiesa e una scuola. A nulla è servito l’invito del prefetto di Caserta, Raffaele Ruberto, al sindaco di Santa Maria la Fossa per evitare una decisione che potrebbe avere conseguenze a cascata anche sugli altri Comuni aderenti al consorzio e su chi gestisce i beni confiscati, in una zona che in questi anni ha visto fiorire una serie di iniziative che hanno dato lavoro e riscattato il territorio.
Federico, dunque, va avanti nei suoi propositi. “Da maggio 2019, quando abbiamo vinto le elezioni, ci siamo interessati – esordisce il primo cittadino – della documentazione riguardante il Comune di Santa Maria la Fossa e Agrorinasce. Abbiamo innanzitutto riscontrato che, nel 2017, il consiglio comunale aveva approvato la possibilità della trasformazione di Agrorinasce da società cooperativa a responsabilità limitata a consorzio entro il termine di un anno. Passato oltre un anno, nulla è stato fatto. È chiaro che, una volta subentrata la nuova amministrazione, ci siamo guardati i documenti e abbiamo dato mandato agli avvocati per fare chiarezza su questa e altre situazioni venute fuori. Siamo andati a fondo anche sulla delibera di affidamento de La Balzana ad Agrorinasce, avvenuta addirittura circa trenta giorni prima delle elezioni. La legge prevede che, nei quarantacinque giorni precedenti alle elezioni comunali, non possono essere emesse delibere di giunta o di consiglio comunale, tranne che per eventi straordinari. Stiamo, quindi, parlando di atti illegittimi,ma se Agrorinasce o altre associazioni – prosegue il sindaco – vogliono confrontarsi con noi attraverso atti legittimi saremo ben lieti di andare avanti con loro. È un discorso di cui sono a conoscenza anche la prefettura e l’agenzia regionale sui beni confiscati. Non faremo, quindi, nulla di nostra iniziativa, ma anzi cercheremo di fare un tavolo con le associazioni presenti sul territorio e con la Prefettura. Abbiamo intenzione di mettere a regime un qualcosa che sia alla luce del sole e completamente legale, con affidamenti ad associazioni del terzo settore, così come prevede la legge”. Sul finanziamento per La Balzana Federico è sicuro: “Non penso che perderemo questi soldi. C’è ancora tempo e non ci sono scadenze immediate. Il nostro obiettivo – conclude – è trovare chi deve gestire questi beni”.
Dall’altra parte della barricata c’è Agrorinasce, che non ci sta a passare per un ente che non rispetta le regole. “Metteremo in campo tutte le iniziative possibili – assicura Giovanni Allucci –, comprese quelle di natura legale, perché ci sono molte inesattezze in ciò che ha prodotto il Comune di Santa Maria la Fossa. Ad esempio sull’affidamento ad Agrorinasce dei beni confiscati che, secondo loro, non si poteva fare. Da ventidue anni operiamo attraverso procedure adottate e riconosciute valide da tutte le istituzioni con le quali collaboriamo. L’ultimo caso è proprio quello de La Balzana: abbiamo presentato la documentazione necessaria e seguito le procedure. Ovviamente – prosegue il presidente del Cda di Agrorinasce – tutta l’istruttoria è stata ritenuta valida dai nostri interlocutori, che sono dirigenti dello Stato di varie istituzioni, tra cui il ministero dell’Interno. Ma mentre le istituzioni dello Stato, che hanno certamente una competenza superiore, rispetto a un Comune di 2.500 abitanti, hanno ritenuto validi gli atti, l’amministrazione comunale di Santa Maria la Fossa dice di no, rinunciando anche ai finanziamenti”.
Anche sulla legittimità del passaggio da Scrl a consorzio, Allucci non ha dubbi: “Abbiamo fatto un iter, anche con pareri giuridici importanti, che motivavano il passaggio da società in house a consorzio. L’iter è stato completato entro il 31 dicembre 2019. A inizio 2020 doveva iniziare la procedura per la trasformazione a consorzio, ma il Comune di Santa Maria la Fossa si è sempre rifiutato di partecipare, nonostante il suo fosse un atto dovuto per alcune delibere approvate nel 2018 dalla precedente amministrazione. Non ci sono, quindi, motivazioni giuridiche valide che giustifichino il loro atteggiamento: evidentemente sono di altra natura”. Infine, sul pericolo che la decisione del Comune di Santa Maria la Fossa possa influenzare gli altri enti e compromettere la gestione dei beni confiscati Allucci aggiunge: “È ovvio che la decisione di Santa Maria la Fossa, che è emblematica, crea un disagio a noi come Agrorinasce, ma anche a tutti i Comuni soci e a chi gestisce i beni confiscati. Con noi ci sono oltre trenta tra cooperative e associazioni, più altrettante imprese agricole e c’è il rischio – conclude Allucci – che possano perdere la gestione dei beni”.
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