Dal 3 luglio è entrata in vigore in Europa la direttiva numero 904, meglio nota come Single use plastic products, approvata nel 2019 per limitare la dispersione di plastica monouso nell’ambiente e che prevede il divieto di utilizzo di prodotti in plastica quali contenitori monouso, piatti, bicchieri, posate, cotton fioc e plastica oxo-degradabile. Si tratta di un provvedimento importantissimo per ridurre l’inquinamento in Europa: basti pensare che il 61% dei rifiuti prodotti nel vecchio continente è composto da plastica e la riduzione del suo utilizzo è di fondamentale importanza per il futuro dell’ambiente e dei mari.
I rifiuti in plastica hanno letteralmente devastato e distrutto gran parte della flora e della fauna degli ambienti naturali e di quelli marini, provocando un danno ambientale di proporzioni enormi. Il settore del packaging dovrà necessariamente rivedere il proprio modello produttivo: i contenitori, soprattutto quelli per alimenti, dovranno infatti essere in carta oppure in plastica biodegradabile al 100%. Se dunque l’Europa si dimostra sensibile sui temi della salvaguardia dell’ambiente, lo stesso non si può dire dell’Italia, la quale sebbene abbia recepito la direttiva europea, al momento non è dotata di alcuna legge specifica in materia che regoli e limiti il consumo di plastica. Infatti secondo le organizzazioni ambientaliste Greenpeace e Plastic Free il nostro Paese è in estremo ritardo per ciò che riguarda le norme che prescrivono la riduzione di sostanze inquinanti. Il Governo italiano se da un lato avrebbe fornito incentivi economici alle industrie per la conversione dei polimeri, è tuttavia mancato un piano di riconversione industriale che permettesse una vera transizione ecologica. Ciò vuol dire che le aziende in Italia continueranno a produrre plastica inquinante sebbene nel resto d’Europa sia vietato, almeno fino a quando non saremmo dotati anche noi di un’apposita legge.

Questi ritardi hanno scatenato le polemiche inevitabili delle associazioni ambientaliste che hanno puntato il dito contro il Governo. Sul banco degli imputati ci sarebbe anche la famosa clausola della legge di delegazione numero 53 del 22 aprile del 2021 che “salverebbe” momentaneamente la plastica monouso usata per imballare i cibi, proprio quella incriminata dall’Unione Europea di essere maggiormente inquinante. Per il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, bersaglio delle critiche degli ambientalisti, il green new deal europeo potrebbe trasformarsi in un “bagno di sangue” e per questo motivo andrebbe tutelata la produzione delle industrie italiane, nonostante ciò significherebbe continuare a produrre sostanze inquinanti, dunque gli obiettivi richiesti dall’Europa potrebbero slittare per il nostro Paese nel 2026.
L’obiettivo primario dell’Europa, tuttavia, resta quello di realizzare entro il 2050 un continente interamente plastic free. L’Italia riuscirà a raggiungere questo traguardo nei tempi prestabiliti? Nel frattempo aspettiamo con ansia che la plastica non riciclabile o non biodegradabile venga abolita del tutto e che al suo posto vengano utilizzati prodotti realizzati con cellulosa e fibre naturali a bassissimo impatto ambientale o a impatto zero come il mais, la canna da zucchero, il bambù, la canapa, il riso, il caucciù e il cocco.
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