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Home Spettacoli Cinema

Ecco la Campania al Torino Film Festival con le nuove opere di Antonio Capuano e Toni D’Angelo

Il maestro del cinema napoletano ha presentato "Il buco in testa" con Teresa Saponangelo, mentre il quarantenne cineasta partenopeo il suo "Calibro 9", sequel del cult movie di Fernando Di Leo del 1972 e, al tempo stesso, omaggio alla gloriosa produzione di genere italiana dell'epoca

Roberto P. Ormanni di Roberto P. Ormanni
24 Novembre 2020
in Cinema, Spettacoli
Teresa Saponangelo con Francesco Di Leva nel film di Antonio Capuano "Il buco in testa"

Teresa Saponangelo con Francesco Di Leva nel film di Antonio Capuano "Il buco in testa"

Prosegue la settimana targata Campania al trentottesimo Torino Film Festival, quest’anno in programma online (a causa delle norme anti Covid-19) da venerdì scorso fino a sabato 28. Il calendario della rassegna, che per la prima volta vede alla guida il nuovo direttore Stefano Francia di Celle, porterà oggi in streaming (disponibile per le prossime quarantotto ore sulla piattaforma MyMovies) il nuovo film scritto e diretto da Antonio Capuano, Il buco in testa, liberamente ispirato alla storia di Antonia Custra, nata nell’autunno del 1977 ma orfana del padre, Antonio, poliziotto napoletano assassinato a soli 25 anni nel maggio di quell’anno a Milano, mentre prestava servizio durante una manifestazione di militanti di estrema sinistra. Quello di Capuano è un lavoro, presentato in anteprima mondiale nella sezione Fuori Concorso del Tff, nato “dalla voglia di raccontare una storia“, sottolinea il regista napoletano, che poi aggiunge: “Sono venuto a conoscenza dei fatti in maniera banale, alla radio, quando ascoltai questa ragazza che svelava – prosegue il cineasta che quest’anno ha compiuto 80 anni – di essere andata a Milano per incontrare, dopo trent’anni, colui che le aveva ammazzato il padre“. Da quell’incontro nel 2007, è scaturita poi una lunga gestazione, con la testimonianza raccolta di prima mano dal regista napoletano, lo studio degli atti, la ricostruzione dei fatti, una sceneggiatura preparata e tenuta nel cassetto per dieci anni, nel frattempo la scomparsa prematura di Antonia nel 2017, infine la lavorazione partita l’anno scorso grazie alla produzione di Dario Formisano per Eskimo in collaborazione con la Mad Entertainment di Luciano Stella.

Nel cast, in cui tra gli altri compaiono Francesco Di Leva, Gea Martire e Tommaso Ragno, a vestire i panni della protagonista c’è Teresa Saponangelo, che parla dell’intensa esperienza con Capuano sottolineando la sua supervisione totale attorno allo spazio scenico. Una cura, come svela l’attrice, che lo porta a dipingere, durante le riprese, il fondo di una fotografia preparata dagli assistenti scenografi perché secondo lui “non funzionava”. Per la Saponangelo, “Antonio è un regista-coreografo sul set: ti muovi con lui, danzi con lui. Devi imparare a seguire il suo ritmo che non è un ritmo esteriore ma un ritmo emotivo, dove le parole diventano un elemento secondario rispetto al ritmo della vita“.

Il buco in testa di Antonio Capuano

Una storia di vendetta e di perdono, quella de Il buco in testa, che ragiona sugli anni di piombo ma che trova la sua eco nel presente: “Come esseri umani – riflette Antonio Capuano – siamo una razza meravigliosa e pessima. Non ci correggiamo mai. Non sono solo gli anni di piombo, sono successe sempre cose gravissime, atroci. Ma ci hanno insegnato qualcosa? Non stiamo andando di nuovo verso quella direzione? Non sentite l’aria sinistra che tira? Se hai voglia, possibilità e sensibilità di mutarti rispetto alle cose che vedi, lo fai“.

Un riverbero degli anni Settanta, ma di tutt’altra natura, arriva anche dall’altro film campano presentato sempre nella sezione Fuori Concorso del festival torinese. È stato proiettato ieri, infatti, in anteprima nazionale, Calibro 9, il nuovo film di Toni D’Angelo, sequel e al contempo omaggio filologico a Milano Calibro 9, pellicola cult del 1972 firmata da Fernando Di Leo. Prodotto da Gianluca Curti (che veste anche i panni di co-sceneggiatore) per Minerva Pictures (società di produzione di famiglia, che con Ermanno Curti, padre di Gianluca, produsse proprio la pellicola di Di Leo), il lavoro di D’Angelo tenta di fotografare il cambiamento dei meccanismi criminali (la malavita organizzata di allora, la ‘ndrangheta di oggi) mettendo al centro della narrazione l’ereditarietà dell’arte criminale vissuta dall’avvocato Fernando Piazza (interpretato dal profilo pop di Marco Bocci), figlio di Nelly Bordon (Barbara Bouchet, volto divistico che funge da trait d’union tra le due pellicole) e di Ugo Piazza (l’indimenticabile Gastone Moschin protagonista nella pellicola del ’72).

“L’approccio con il film – racconta il quasi quarantenne regista napoletano, figlio d’arte di Nino D’Angelo – è stato di grande rispetto nei confronti di un autore e intellettuale enorme quale Di Leo. E il grande rispetto mi ha portato a lavorare sulla non emulazione di quel tipo di cinema, unico, dal quale c’è solo da imparare“. Quella di D’Angelo, dunque, è una rilettura del genere “più poliziottesco che crime“, precisa lui, ma con uno sguardo anche ad altre sue passioni cinefile, come i polizieschi anni Ottanta di Hong Kong e i tratti noir di Jean-Pierre Melville, mescolati in Calibro 9 alle atmosfere del gangster movie all’italiana.

Calibro 9 di Toni D’Angelo

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Tags: torino film festival
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