Prosegue la settimana targata Campania al trentottesimo Torino Film Festival, quest’anno in programma online (a causa delle norme anti Covid-19) da venerdì scorso fino a sabato 28. Il calendario della rassegna, che per la prima volta vede alla guida il nuovo direttore Stefano Francia di Celle, porterà oggi in streaming (disponibile per le prossime quarantotto ore sulla piattaforma MyMovies) il nuovo film scritto e diretto da Antonio Capuano, Il buco in testa, liberamente ispirato alla storia di Antonia Custra, nata nell’autunno del 1977 ma orfana del padre, Antonio, poliziotto napoletano assassinato a soli 25 anni nel maggio di quell’anno a Milano, mentre prestava servizio durante una manifestazione di militanti di estrema sinistra. Quello di Capuano è un lavoro, presentato in anteprima mondiale nella sezione Fuori Concorso del Tff, nato “dalla voglia di raccontare una storia“, sottolinea il regista napoletano, che poi aggiunge: “Sono venuto a conoscenza dei fatti in maniera banale, alla radio, quando ascoltai questa ragazza che svelava – prosegue il cineasta che quest’anno ha compiuto 80 anni – di essere andata a Milano per incontrare, dopo trent’anni, colui che le aveva ammazzato il padre“. Da quell’incontro nel 2007, è scaturita poi una lunga gestazione, con la testimonianza raccolta di prima mano dal regista napoletano, lo studio degli atti, la ricostruzione dei fatti, una sceneggiatura preparata e tenuta nel cassetto per dieci anni, nel frattempo la scomparsa prematura di Antonia nel 2017, infine la lavorazione partita l’anno scorso grazie alla produzione di Dario Formisano per Eskimo in collaborazione con la Mad Entertainment di Luciano Stella.
Nel cast, in cui tra gli altri compaiono Francesco Di Leva, Gea Martire e Tommaso Ragno, a vestire i panni della protagonista c’è Teresa Saponangelo, che parla dell’intensa esperienza con Capuano sottolineando la sua supervisione totale attorno allo spazio scenico. Una cura, come svela l’attrice, che lo porta a dipingere, durante le riprese, il fondo di una fotografia preparata dagli assistenti scenografi perché secondo lui “non funzionava”. Per la Saponangelo, “Antonio è un regista-coreografo sul set: ti muovi con lui, danzi con lui. Devi imparare a seguire il suo ritmo che non è un ritmo esteriore ma un ritmo emotivo, dove le parole diventano un elemento secondario rispetto al ritmo della vita“.