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Home Economia

L’economia campana fa i conti col Coronavirus

redazione di redazione
11 Marzo 2020
in Economia
economia

economia

di Mariano D’Amore*

 

Nell’economia attuale, le analisi riguardanti singoli territori non possono prescindere dal fatto che questi sono parte di un sistema più ampio, di dimensioni ormai globali. Perturbazioni che si originano in un punto del sistema si propagano inevitabilmente a tutti gli altri. Fonti autorevoli come il Fmi avevano già rivisto al ribasso di qualche decimale il tasso di crescita dell’economia mondiale quando l’epidemia da Coronavirus sembrava confinata alla Cina, il maggiore esportatore e il secondo importatore al mondo. Ma questo è uno scenario ormai superato dai fatti.

Siamo ora di fronte a un “effetto domino” che tocca i principali protagonisti del commercio mondiale (Cina, Stati Uniti, Germania, Giappone, Francia e altri). Naturalmente, la portata dell’impatto economico dipende dalle ipotesi sulla gravità del contagio e le misure adottate nei singoli Paesi per il suo contenimento. Sull’ipotesi “domino” l’Ocse ha fondato una stima di riduzione dell’1,5% del tasso di crescita dell’economia mondiale nel 2020.

GLI EFFETTI DELLA PANDEMIA

Per l’Osservatorio sui Conti Pubblici, diretto da Carlo Cottarelli, una pandemia “mite” porterebbe a un taglio del tasso di crescita dell’economia mondiale inferiore all’1% nel primo anno, laddove una pandemia “severa” (simile alla “spagnola” del 1918-19) potrebbe produrre effetti nell’ordine del 3-5% annuo. La frenata potrebbe essere maggiore per il commercio internazionale. Si pensi che, sulla base dei soli effetti dell’epidemia in Cina, erano state formulate previsioni di riduzione del traffico globale di merci dello 0,7% (fonte Srm).

Così come il Covid-19 colpisce in modo più virulento gli organismi più deboli, le conseguenze di un’epidemia come quella attuale tendono ad essere più gravi per quelle economie che sono affette da patologie pregresse e che presentano una maggiore esposizione a determinati fattori di rischio. È altamente probabile che, nel quadro descritto, l’Italia consegua risultati “sotto la media” degli altri Paesi, sia per le debolezze strutturali del nostro sistema economico sia per la circostanza che fa del nostro Paese uno dei più colpiti finora dalla diffusione del virus. Prima dell’adozione delle misure di contenimento generalizzate, S&P aveva stimato un rallentamento della nostra economia nel 2020 di ulteriori 0,7 punti, che porterebbe l’Italia dall’attuale stagnazione alla piena recessione.

LA SITUAZIONE IN CAMPANIA

Queste valutazioni generali valgono ancor di più per la Campania, che stava tendando di riemergere da una fase di difficoltà dell’economia iniziata nel 2018 (- 0,59% secondo l’Istat) sostanzialmente aggrappandosi al turismo e all’export, due ambiti oggi fortemente minacciati dall’emergenza Coronavirus. Per farsi un’idea delle dimensioni dell’impatto potenziale sulla nostra economia, si consideri che una perdita aggiuntiva di un punto percentuale sul Pil regionale (106 miliardi di euro nel 2018) equivarrebbe a circa 1 miliardo di euro in meno di ricchezza prodotta. In realtà, gli elementi che pervengono dai vari settori dell’economia campana fanno ritenere che la perdita possa essere molto più grande, soprattutto se il contagio e le misure di contenimento adottate dovessero perdurare più di poche settimane. Lo scenario pare piuttosto simile a quello di un’epidemia “severa”, con tassi di perdite più prossimi al 3% del PIL.

Cerchiamo di esaminare in sintesi i fattori di rischio e i meccanismi attraverso i quali l’emergenza che stiamo vivendo colpisce l’economia della nostra regione. Un primo gruppo di fattori riguarda la turbativa che l’epidemia induce nei rapporti tra la Campania e le economie degli altri Paesi, quindi negli scambi e nei flussi turistici con l’estero. Sul versante dell’export non è tanto il sud-asiatico a destare preoccupazione, considerato il suo limitato peso percentuale, quanto i paesi dell’Unione europea che rappresentano oltre il 40% delle nostre esportazioni. Francia e Germania assorbono assieme flussi di export per oltre 2 miliardi di euro l’anno. Altre aree “sensibili” per le esportazioni campane sono gli Stati Uniti e il Regno Unito. Il rischio è che un’eventuale esplosione dell’epidemia in questi Paesi, determinando una flessione nei consumi e nella produzione interni, abbatta la domanda verso i nostri prodotti e servizi. Per ogni punto percentuale di riduzione dell’export, le imprese campane perderebbero circa 100 milioni di euro.

I RAPPORTI CON LA CINA

Quanto alla Cina, nei rapporti con l’economia campana, essa si rileva più come fornitore che come mercato di sbocco. Si tratta del principale esportatore verso la nostra regione, dopo l’area Ue, con oltre un miliardo e mezzo l’anno. Anche le imprese campane sono quindi esposte al rischio di interruzioni nella cosiddetta supply-chain, in conseguenza di stop o rallentamenti nella produzione di materie prime, componenti e prodotti finiti negli stabilimenti cinesi. Naturalmente, l’espansione geografica dell’epidemia porta ad estendere questo rischio ad altre aree critiche per le nostre importazioni, come i Paesi dell’Ue. Va considerato che un punto percentuale in meno nei flussi all’importazione vale circa 130 milioni di euro, ma può generare un effetto moltiplicativo in termini di perdita di fatturato e di valore aggiunto per le nostre imprese, che utilizzano i beni importati come input nei processi produttivi o distributivi.

In tema di export, non si può prescindere dagli effetti che l’epidemia sta producendo e produrrà sull’immagine del nostro Paese all’estero, ovvero dal “danno reputazionale” che inevitabilmente tocca anche la Campania, i suoi prodotti, la sua offerta turistica. Per uno straniero non è immediato distinguere tra Italia del Nord e Italia del Sud, Lombardia e Campania. Il turismo è certamente il settore più colpito, ma anche il settore agroalimentare, che rappresenta circa il 30% delle nostre esportazioni (3 miliardi di euro nel 2018), potrebbe soffrirne in modo particolare. Va tenuto presente che il danno reputazionale, per sua natura, permane per un periodo più lungo rispetto agli eventi che l’hanno generato. Moltissimo dipenderà dalla nostra capacità di gestire l’epidemia – anche in termini comparativi con altri Paesi – e dalla comunicazione che saremo in grado di veicolare ai nostri mercati esteri.

IL RAPPORTO CON LE ALTRE REGIONI ITALIANE

È facile prevedere che la perdita nell’export non potrà essere bilanciata da un incremento nella domanda nazionale, tutt’altro. Un secondo gruppo di fattori di rischio riguarda, infatti, le conseguenze dirette dell’epidemia e delle misure di contenimento sulla domanda proveniente dalle altre regioni italiane. Meno mobilità e meno attività delle persone significano meno produzione, meno redditi e meno consumi, ed è assolutamente rilevante, in questo aspetto, che le tre regioni più colpite (Lombardia, Emilia Romagna e Veneto) rappresentino oltre il 40% del nostro Pil. A volte si dimentica che le aree più ricche del Paese sono anche un fondamentale mercato di sbocco per le imprese meridionali. Il fatto che molte piccole e medie imprese campane operino come terzisti di produttori del Centro-Nord costituisce un ulteriore elemento di vulnerabilità, che tocca, ad esempio, il settore del tessile e della moda che concentra oltre il 20% delle imprese manifatturiere campane e 1,2 miliardi di valore aggiunto.

Non è sull’industria manifatturiera, tuttavia, che dobbiamo attenderci l’impatto maggiore dell’emergenza Coronavirus. Da tempo l’economia della Campania si è “dematerializzata”, con il settore dei servizi che contribuisce per circa l’80% al valore aggiunto regionale. Diversi sono i comparti del terziario che presentano un’esposizione significativa agli effetti dell’epidemia. Il sistema della logistica (oltre 6 miliardi di valore aggiunto) sta subendo pesantemente la frenata dei flussi di merci e persone. Il comparto dei servizi professionali e alle imprese (8 miliardi di valore aggiunto) pagherà nel tempo il calo delle attività produttive e dei redditi.

L’IMPATTO DEL CORONAVIRUS IN CAMPANIA SUL TURISMO

C’è poi il grande capitolo del turismo, settore nel quale operano in Campania circa 38.000 imprese e 120.000 addetti nel solo segmento delle strutture ricettive. Su questo settore convergono gli effetti delle paure e incertezze alimentate dal virus e delle limitazioni imposte dalle misure di contenimento, tanto all’estero che in Italia. Dati Confturismo stimano una perdita di circa 31 milioni di visitatori per il nostro Paese nel solo trimestre maggio-giugno 2020, pari a circa 7,4 miliardi di euro in meno. Pare molto probabile che l’epidemia si spinga abbastanza avanti nel tempo da condizionare anche le scelte riguardanti la prossima stagione turistica estiva. Già oggi le strutture ricettive campane segnalano cancellazioni nell’ordine del 70% (fonte Confturismo). Tenuto conto che la spesa dei turisti in Campania veniva stimata nel 2017 in circa 6 miliardi di euro – con 6 milioni di arrivi e 21 milioni di presenze (fonte Cnr-Iriss) – si può facilmente dedurre l’ordine di grandezza delle perdite potenziali.

Il terzo gruppo di fattori di rischio riguarda l’impatto dell’epidemia sui consumi in Campania. Le paure e le misure di contenimento modificano i comportamenti quotidiani dei consumatori. I comparti più colpiti sono le attività artistiche (in particolare cinema e teatro), di intrattenimento e divertimento, il commercio e i pubblici esercizi. Per questi ultimi due, Confcommercio Campania stima perdite, rispettivamente, del 40 e del 20% del fatturato. Per comprendere la gravità dell’impatto per la Campania, basti considerare che il solo commercio esprime circa 12,5 miliardi di valore aggiunto, con un’incidenza percentuale superiore a qualunque altra regione italiana (13% circa). Ipotizzare una perdita del 40% in questo comparto equivale a circa 400 milioni di euro su base mensile. È una perdita che si abbatte su un tessuto di circa 185.000 imprese attive (più di un terzo del totale in Campania) e 300.000 addetti.

Di fronte a shock della portata di quelli che abbiamo provato a descrivere, la capacità economico-finanziaria degli operatori economici diviene un elemento cruciale. In questo profilo, la Campania presenta un’elevata vulnerabilità, con oltre il 50% del tessuto produttivo composto da imprese individuali e l’80% da microimprese. Su questo universo di piccoli operatori graverà in parte maggiore – e non solo in Campania – il peso della tenuta del nostro sistema produttivo di fronte all’emergenza. Ed è un tema di assoluta rilevanza per le politiche economiche, sul quale l’Europa dovrà dimostrare di esistere.

 

* Professore ordinario di Economia aziendale nell’Università degli Studi di Napoli “Parthenope”

 

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Tags: campania
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