Per pura coincidenza si sta discutendo proprio in questa giornata, che celebra la libertà di stampa nel mondo, dell’imbarazzante episodio che ha visto coinvolta l’inviata della Rai Giovanna Botteri, oggetto di body shaming nel corso della trasmissione Mediaset Striscia la notizia. Sminuire il lavoro qualitativamente molto alto della Botteri, sempre puntuale nell’informazione, ironizzando sul suo aspetto trasandato, equivale, senza esagerare, agli insulti e alle minacce che spesso chi fa questo mestiere subisce. Ridicolizzare una professionista che svolge il suo lavoro con sacrificio e dedizione è da condannare in maniera netta. Si parte da queste cose, apparentemente insignificanti, per arrivare ad atti ancora più gravi contro i giornalisti.
Si parla spesso di libertà di stampa come sale della democrazia, ma è evidente che l’articolo 21 della nostra Costituzione resta uno di quelli meno rispettati. È dal 1993 che esiste questa ricorrenza, anche per ricordare i giornalisti uccisi per i loro articoli, ma evidentemente a fare da contraltare al sacrificio di tanti bravi e onesti professionisti non ci sono strumenti di informazione liberi. In Italia, in particolare, l’assenza di editori puri, soprattutto per ciò che riguarda i gruppi più importanti, incide notevolmente, in negativo, sulla libertà di stampa, spesso assoggettata agli interessi politici ed economici di parte.
È sicuramente un’anomalia che esistano singoli giornalisti celebrati come eroi perché hanno dato la vita per la libera informazione. Raccontare in maniera veritiera ciò che accade nella quotidianità dovrebbe essere un esercizio normale per gli organi di informazione e non un’eccezione. Cosimo Cristina, Mauro De Mauro, Giovanni Spampinato, Carlo Casalegno, Peppino Impastato, Mario Francese, Mino Pecorelli, Walter Tobagi, Giuseppe Fava, Giancarlo Siani, Mauro Rostagno e Beppe Alfano sono giornalisti morti per mano delle mafie, perché in maniera “eccezionale” scrivevano la verità, senza filtri.
Alcuni vivono sotto scorta, altri vengono tutti i giorni minacciati, e non solo dalla criminalità organizzata. Fin quando gran parte dell’editoria subirà i ricatti dei “blocchi di potere” senza opporre resistenza collettiva o, peggio, fino a quando sarà connivente con “il sistema”, continueremo a celebrare i singoli eroi usciti fuori dal coro. I giornalisti dovrebbero essere tutelati, difesi; dovrebbe essere dovere civico e morale far conoscere le loro inchieste, diffonderle, considerarle patrimonio comune. Molte volte, invece, chi fa il proprio dovere diventa anche vittima di campagne del fango, di menzogne e di delegittimazione.
Ecco, i giornalisti non chiedono nulla di così impegnativo, o forse chiedono qualcosa di troppo impegnativo: l’applicazione dell’articolo 21 della Costituzione italiana. Le parole utilizzate dal legislatore sono chiare: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria [cfr. art.111 c.1] nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili”.
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