Con il voto favorevole di una parte della minoranza all’assestamento di bilancio del Comune di Aversa, cala definitivamente il sipario su un progetto politico-amministrativo che aveva l’ambizione, perlomeno nelle intenzioni, di rivoluzionare il modo di gestire la cosa pubblica. Un esperimento interessante ed entusiasmante, che aveva ottenuto il consenso di una larga fetta di cittadini aversani. Non ritornerò sullo “zainetto rosso” e nemmeno sulla campagna elettorale “stile Che Guevara”; questo fa parte del folclore ed è giusto, invece, riflettere sulle cose concrete. Il sindaco Alfonso Golia, al di là della propaganda “colorata” e spumeggiante, ha incarnato davvero uno spirito nuovo, merito del suo piglio sbarazzino e della personale capacità empatica.
Un dono naturale, apprezzato da tutti e accompagnato da una specchiata onestà, che sembrava aver proiettato la città verso nuovi orizzonti. Ebbene, Golia è riuscito a disperdere un patrimonio inestimabile in appena diciotto mesi; una trasformazione inimmaginabile e inspiegabile che lo ha portato a sconfessare di fatto (a parole l’interessato afferma naturalmente che la sua strada maestra è sempre la stessa) tutto ciò che aveva professato. Trasparenza, scelte alla luce del sole, niente inciuci, né compromessi: tutte nobili intenzioni svanite in una bolla di sapone. Oggi, in consiglio comunale, è andato in scena l’ennesimo ribaltone politico. Non c’è un termine diverso per definire il cambio di casacca di chi, votato in uno schieramento alternativo, sconfitto alle elezioni, finisce per fare da stampella a un’amministrazione comunale, già bocciata dagli alleati e quindi senza maggioranza, in procinto di andare a casa.
Ora, il sindaco Golia ha perso la purezza politica che aveva conquistato con merito, ma, soprattutto, ha innescato nuovamente un meccanismo noto ad Aversa, quello dell’inciucio, che ha fatto storia in passato. Ma su cosa si fonda il ribaltone politico? Quali nobili intenti ci sono dietro questa operazione? Per il momento non è dato saperlo. Si è detto: “Facciamo ciò per il bene della città”. Quale bene? Adesso, a bocce ferme si dovrà riscrivere un programma con i nuovi alleati, che prima erano avversari e che criticavano l’operato della maggioranza. Il sindaco è sicuro di trovare un accordo? E su cosa? E se poi succede che l’accordo non si trova, perché si scopre che le vedute continuano ad essere diverse, che si fa?
Insomma, da una posizione di forza sembra che il primo cittadino sia finito in un cul de sac. Dalla padella alla brace si potrebbe dire, usando un’espressione più “rustica”. Da parte nostra gli auguriamo tutte le fortune di questo mondo, ma dubitiamo che il primo cittadino, da qui in poi, possa vivere giorni tranquilli. L’opposizione rimasta fedele a se stessa, intanto, seppure si mostra indignata, segretamente gongola, potendo attaccare in maniera frontale il pasticcio operato nelle ultime settimane dai loro avversari. Ma in realtà, basterebbe avere un minimo di memoria per comprendere quanto sia effimera la loro posizione, dato che fanno finta di non ricordare le loro responsabilità nell’aver messo in ginocchio la macchina comunale, con oltre dieci anni di governo cittadino.
Oggi gridano allo scandalo per il ribaltone politico, ma la maggior parte di chi adesso fa opposizione, era protagonista in passato nella coalizione di governo di centrodestra, quella, per chi ha la memoria corta, che ha vissuto, a partire dal sindaco Domenico Ciaramella in poi, fibrillazioni e scossoni continui, con un numero considerevole di assessori saltati e cambiati in corsa per continuare ad amministrare, fino ad arrivare ai tre scioglimenti anticipati, che hanno decretato l’implosione dello stesso centrodestra. La preoccupazione, in questa desolante omologazione della politica, è che davvero adesso sia difficile mettere in piedi una proposta alternativa per Aversa. E di questo, a pagarne le conseguenze, come al solito, saranno i cittadini.
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