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Home Inchieste

Focus criminalità e Covid #5 / Gianni Maddaloni: “Per i giovani il rischio di finire male è sempre dietro l’angolo, ma la palestra dà dignità”

Pier Paolo De Brasi di Pier Paolo De Brasi
17 Maggio 2020
in Inchieste, Società
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palestra

Gianni Maddaloni non solo è maestro di judo, ma per i ragazzi di Scampia è soprattutto maestro di vita. Padre di Pino, medaglia d’oro alle Olimpiadi di Sydney nel 2000, di Marco, pluricampione italiano ed europeo, e di Laura, moglie del pugile Clemente Russo, ospita nella sua palestra altri 600 ‘figli’, la maggior parte dei quali fanno sport in maniera gratuita. Gianni insegna loro il rispetto delle regole necessario a mantenere quella dignità umana che rischia di essere calpestata dalle sirene della criminalità. Soprattutto in tempi di Coronavirus, dove tutto è ampliato dalla crisi, come ci spiega in questa intervista.

Lei ha affermato che a Scampia la fase 2 non è mai iniziata. Perché?

“Nella fase 1 abbiamo dimostrato, non solo noi a Scampia, ma in tutta la Campania, di aver seguito le regole, rimanendo chiusi in casa per più di 40 giorni. Con la fase 2, nelle nostre periferie, la gente comincia a mettere a fuoco quelle che sono le esigenze di una famiglia. In questi quartieri, dopo anni di fabbriche e opportunità di lavoro, che ora non ci sono più, la gente è stata ghettizzata. È come se il sistema governativo avesse legalizzato il ‘nero’, ma con l’inizio della fase 2 è tornata la fame. Chi aveva conservato qualcosa di soldi li ha consumati per mangiare, ma ora sono finiti. Quindi la fase 2 è come una guerra. Io ho la palestra chiusa, ma dopo il 16 marzo ho avuto l’opportunità di mettere in moto il servizio civile, con 4 ragazzi. Contemporaneamente ho fatto un appello sui social a tutti i napoletani, agli imprenditori in particolare: chi può mi deve aiutare. Non si sono tirati indietro. Sono arrivati aiuti da un imprenditore del Vomero, da uno di Cardito che ha mandato 300 chili di banane e infine ci sono persone come Amedeo Manzo che ogni settimana mandano 60 spese abbondanti le quali, grazie anche a mia moglie, diventano 120. A questi e altri bisogna aggiungere la Caritas di Napoli. Lo posso dire senza presunzione, ancora una volta il mio grido di allarme è stato ascoltato e così riusciamo a distribuire cibo due volte a settimana, martedì e venerdì”.

Anche a Scampia le risultano gli stessi casi constatati nelle altre zone di Napoli, cioè prestiti e regalie da parte della criminalità organizzata alle famiglie più bisognose?

“Noi dobbiamo dare la possibilità alla gente di avere qualcuno che li aiuti. Con la mia associazione sostengo anche dei detenuti che prima stavano ai servizi sociali e ora, per colpa del Coronavirus, ai domiciliari. Mando anche a loro la spesa a casa e se mi chiedono 50 euro io glieli do, perché se chiedono i soldi ad uno strozzino poco dopo devono restituire il doppio. Io so che lo strozzinaggio, la criminalità, è sempre dietro l’angolo. Noi che stiamo sul territorio lo sappiano: non è solo il Covid, è sempre stato così, è sempre stato presente chi ti tenta per prostituirti alla criminalità. Noi che siamo operatori sportivi, ma anche operatori dell’informazione, dobbiamo far sì che il bello diventi interessante. C’è una ricetta chiara per salvare i ragazzi di strada: dargli la dignità, garantire loro la presenza di una figura paterna e, a quel punto, i ragazzi si salvano. Ci sono tanti boss oggi al 41bis che piangono perché vogliono che i figli prendano un’altra strada, diversa dalla loro”.

Ritiene che i provvedimenti dei Governo e della Regione abbiano mitigato questi problemi ed evitato che le persone si rivolgessero alla camorra?

“I miei collaboratori hanno fatto la domanda, ma ancora non hanno percepito i 600 euro. Io li ho pagati fino a fine marzo. Ho bruciato settemila euro fra le spese di gestione della palestra e i salari. Ad oggi non hanno preso niente. Si parla di miliardi di contributi, ma vedo in televisione che le piccole e le grandi imprese si lamentano, gli operai si lamentano. Dove vanno questi soldi? Tra poco scenderà la gente nelle piazze, succederà un pandemonio, perché le persone non hanno più soldi. La seconda fase in periferia vuol dire ripartire e avere degli aiuti, altrimenti qua in molti si rivolgeranno alla criminalità, specialmente quei giovani che non hanno genitori”.

Ora la sua palestra è un centro di distribuzione alimenti per gli abitanti di Scampia. Quando ritiene che possa riaprire e ritornare a essere quel centro di aggregazione sociale che è sempre stata?

“Abbiamo fatto la sanificazione, abbiamo comprato le attrezzature e i dispenser per disinfettare le mani quando entriamo e usciamo. Dovremmo riaprire dopo il 20 maggio, con i bambini che non faranno più orario continuo, ma ci sarà mezzora di spazio tra l’uno e l’altro turno, con 15 bambini alla volta e non più 30. Questo lo facciamo per non farli stare a casa, perché i bambini stanno uscendo pazzi”.

Ma adesso i suoi ragazzi cosa fanno, dove vanno ad aggregarsi?

“Abbiamo 600 iscritti. La maggior parte di loro, ragazzini di 12 o 13 anni, si allena a casa, anche con l’aiuto di video che abbiamo realizzato. Poi abbiamo una decina di campioni di livello internazionale che vengono in palestra, non fanno contatto, ma solo preparazione organica, tecnica e muscolare. A loro abbiamo effettuato i controlli necessari. Ora, però, è importante che i bambini escano di casa e, con le dovute precauzioni, tornino in palestra. Ho fatto anche la proposta a un istituto scolastico: a giugno e luglio, se vogliono, una classe alla volta può venire gratuitamente in palestra. Credo che si un’ottima cosa per i ragazzi di Scampia”.

 

(Il servizio fotografico è stato realizzato da Irene Angelino)

 

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Tags: Clemente RussoGianni MaddaloniLaura MaddaloniMarco MaddaloniPino MaddaloniScampia
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