Roma, dicembre 2020. La città si approssima al Natale tra luci, addobbi natalizi e una insolita tempesta di neve che avvolge la città e sembra essere la cornice ideale della festività più attesa dell’anno. Ma il candore della neve è deturpato dal sangue. Nel Foro romano – dove, secondo la leggenda, è sepolto Romolo – è stato ritrovato il cadavere di una donna sventrata. Opera di un serial killer che mette in ginocchio la capitale attraverso efferati delitti che rimandano tutti alla fondazione della città eterna. Uccide con addosso una testa di lupo e un mantello di pelliccia, esternando dunque una ferinità licantropica disumana e incide sulla pelle delle vittime un’oscura maledizione arcaica: sakros esed.
Le indagini sono affidate a una profiler di origini slave, dal nome che evoca le serie tv americane: Giulia Rakar. Giulia è una donna forte, pratica le arti marziali Mma ed è votata al Bene, quello con la B maiuscola. Giulia è una criminologa che dà la caccia al male più efferato, quello apparentemente insensato dei serial killer e ha imparato a farlo entrando nella mente del nemico, cercando di ragionare con la sua testa; Giulia, quindi – se volessimo ragionare in una dialettica manichea che vede il bene da un lato e il male dall’altro – è icona del Bene.
Ma la realtà non è così semplice come ci insegnano le fiabe perché, dietro i suoi occhi chiari, Giulia nasconde un buio impenetrabile che lei stessa non riesce a illuminare. Quando era una bambina ed era una grande appassionata di storie – in particolare della inquietante fiaba di Barbablù – Giulia fu travolta dal male. La sua famiglia fu distrutta in maniera atroce e insensata e la cicatrice che le procurò quell’evento pulsa ancora e non le dà pace. Ebbene, con questo caso Giulia dovrà percorrere una strada accidentata e pericolosissima, perché per risolverlo non le basterà entrare nella mente del killer: dovrà evitare che sia lui a entrare nella sua e a distruggerla per sempre.
La cornice narrativa è quella del thriller. Del genere viene rispettato tutto: il ritmo concitato, la suspense a ogni pagina, il linguaggio fluido e funzionale a depistare il lettore quando serve, i capitoli brevi che non indulgono ad autocompiacimenti stilistici. La narrazione è in terza persona, ma la prospettiva è interna. Non credo che la scelta sia di poco conto, perché noi lettori entriamo nei recessi della mente di Giulia e insieme a lei affondiamo nel suo buio, affondiamo in un fuori che però è dentro la protagonista. Ma questo libro non è solo un romanzo thriller.
Ho conosciuto la penna del filosofo Simone Regazzoni con un saggio: La filosofia di Harry Potter, testo che oltre a mettere in luce la ricchezza filosofica del romanzo della Rowling, mi aveva colpito perché dimostrava in maniera molto chiara come l’atto etico (la scelta tra ciò che è giusto e ciò che è facile, per dirla alla Silente) fosse qualcosa di possibile al di là della legge. Con questo romanzo invece Regazzoni mette le mani in un argomento scabroso e perturbante, nella paura umana più ancestrale: il male che si annida dentro di noi e nonostante noi, lo straniero che ci abita.
“Secondo Jung in tutti noi c’è un lato Ombra e un lato Persona. La Persona indica tutto ciò che si associa al mondo reale e quotidiano. L’Ombra incarna il lato oscuro, dominato da aggressività e pulsioni distruttive, la nostra eredità arcaica e ancestrale […]
-E qual è allora la differenza tra noi e loro? – […] Giulia con il palmo della mano cancellò la riga che tagliava in due il cerchio. -La differenza è che in loro la separazione tra l’Ombra e la Persona è, per qualche ragione, venuta meno e il lato oscuro ha preso il sopravvento” (pp. 195-196).
Non attraverso una riflessione filosofica, ma attraverso una storia, l’autore ci mostra come la forma più minacciosa del male non sia esterna a noi, ma in noi. Del resto, la psicoanalisi non ci ha insegnato che le paure infantili dell’uomo nero o del mostro sconosciuto, o ancora degli animali, sono le primissime forme di difesa dal carattere perturbante e ingovernabile della vita, di un qualcosa che è in noi nonostante noi?
E la paura dell’ingovernabilità della follia, del male associato alla follia, non è anch’esso espressione dell’angoscia dell’uomo che porta da sempre la follia in sé? Il confine rigido tra normalità e follia, tra bene e male risponde infatti solo a una finalità protettiva: escludere lo straniero, il mostro che portiamo dentro di noi. Pensare di proclamare la diversità tra noi e loro, però, non risolve il problema, allontanare la Stultifera navis non allontanerà il male dalla città. E questo Giulia lo sa, anche se non è stata ancora in grado di fare i conti con il suo buio.
Come ho detto prima, questo libro è molte cose. È un libro che fa i conti con la filosofia, le serie tv, la criminologia e la storia più antica di Roma con i suoi recessi che si mescolano tra storia, mito ed esoterismo. È infine anche un libro che ti spiazza e ti lascia a terra per un po’, perché ti interroga, non ti lascia via d’uscita, ti obbliga a non prenderti in giro e a fare i conti con il reale della vita. Ma compito dei libri e della letteratura non è anche tagliarci come un coltello, cambiare le nostre credenze, squarciare veli e lasciarci senza fiato?
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