“Sono davvero molto felice che ce l’abbiate fatta anche quest’anno”. Si inaugura ufficialmente così, con le parole beneauguranti del direttore della Mostra del cinema di Venezia Alberto Barbera, la decima edizione di Venezia a Napoli. Il cinema esteso, la rassegna che dal 2011 porta nelle sale (quest’anno tutte virtuali, sulla piattaforma MyMovies) la migliore selezione dei film della Biennale Cinema. Nell’anno più difficoltoso per il settore culturale, nella stagione in cui tutti i festival sono stati costretti a rimodularsi in versione online, la kermesse ideata e guidata da Antonella Di Nocera si presenta come l’ennesima prova di resilienza dell’arte.
“Ci sono cose che quest’anno ci ha insegnato e che porteremo con noi nel futuro”, ammette la direttrice del cinefestival durante la presentazione in streaming. Barbera le fa eco (“Abbiamo sperimentato modalità inedite che ritorneranno per migliorare la qualità e la quantità del servizio”) e anzi rincara la dose, lasciando trapelare gli indizi di un prossimo cambiamento: “Anche dalla Biennale spero di annunciare a breve alcune novità legate a un progetto volto a rafforzare il rapporto di fedeltà con gli spettatori“. Propulsione in avanti, quella del direttore della Mostra internazionale d’Arte cinematografica, il quale tuttavia non dimentica le problematicità: “Ci sarà un momento in cui torneremo a recuperare una nuova normalità, in uno scenario che sarà totalmente cambiato: andiamo di fronte a uno smantellamento del sistema distributivo tradizionale che sopravvive da cento anni. Non dobbiamo abbandonare le sale cinematografiche. Sarebbe una perdita che non possiamo permetterci”.

Quello di Venezia a Napoli 2020 è stato un avvio tutto all’insegna del cinema di poesia al femminile con due opere che (come sottolineato nella conversazione introduttiva online da Anna Masecchia, docente di Cinema dell’università Federico II di Napoli) riverberano, profondamente e in maniera diversa, una ‘cinescrittura’ vardiana dove il soggetto si intreccia a una dimensione soggettiva: Omelia contadina, azione cinematografica firmata dalla regista Alice Rohrwacher e dall’artista visivo JR, e Being My Mom, cortometraggio diretto da Jasmine Trinca.
Girato in poco meno di due giorni, il primo lavoro, che per scelta autoriale è stato distribuito gratuitamente, in maniera solidale, sul canale della Cineteca di Bologna, inscena un funerale dell’agricoltura nell’altopiano dell’Alfina chiamando direttamente in campo i contadini che lottano contro le monoculture industriali. “Non è un film ma la necessità politica di sostegno a una lotta”, spiega la regista Rohrwacher, che aggiunge: “Abbiamo partecipato, più che diretto, a un rito funebre attraverso il rito filmico: il cinema è la chiesa in cui abbiamo seppellito quattro giganti rappresentanti la Storia”.

L’opera di Jasmine Trinca, scritta da Francesca Manieri e recitata da Alba Rohrwacher (“Credo molto – confessa l’attrice romana, qui in veste di regista – nella sorellanza di questo lavoro collettivo”), si presenta invece come un metaforico tentativo di esorcizzare il fardello materno attraverso una peregrinazione che indaga con lirismo il rapporto tra una madre e una figlia. “È stato un vero e proprio gioco con il mezzo che mi ha fatto ritrovare l’entusiasmo per il cinema”, racconta Trinca. “Un provare a mettere in scena – prosegue – se stessi con valore terapeutico per trasformare un dolore in un processo creativo”.
Una figura materna particolarmente ingombrante è presente anche in un altro lavoro dal forte carattere autobiografico proiettato nella prima giornata di festival, Cigar au miel. Il film, opera prima scritta e diretta dalla franco-algerina Kamir Aïnouz, scandaglia l’appercezione femminile vissuta a Parigi da una ragazza diciassettenne algerina francese di seconda generazione durante gli anni Novanta (mentre in Algeria infuriava la guerra civile). L’autrice ha portato avanti una lavorazione di quasi dieci anni, tra scrittura e riprese, per fotografare con tono trasversale la faticosa costruzione identitaria di una donna vittima del patriarcato divisa tra due culture.
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