Ebbene sì, il culto di San Gennaro, santo patrono di Napoli venerato sia dalla Chiesa cattolica che da quella ortodossa, è stato candidato come patrimonio immateriale dell’umanità dell’Unesco. Il progetto intitolato “Culto e devozione di San Gennaro a Napoli e nel mondo” sarà presentato nella giornata di sabato presso il duomo della città partenopea in presenza del cardinale Crescenzio Sepe e le più importanti autorità politiche, civili e religiose della Campania.
La presentazione ufficiale della candidatura avverrà domani pomeriggio alle ore 12 davanti agli occhi dei fedeli e di tutti coloro, tra associazioni ed enti religiosi, che hanno sostenuto e creduto fortemente in questo progetto. Non faranno mancare la loro presenza il sindaco di Napoli Luigi De Magistris e il governatore della Campania Vincenzo De Luca. Tante sono le realtà coinvolte nel progetto nato nel 2018 e che adesso, dopo un iter complesso durato quasi tre anni, si avvia a compimento. Tra queste vanno menzionate il centro interdipartimentale di ricerca “Lupt” dell’Università “Federico II” di Napoli, la fondazione religiosa della diocesi “Fare chiesa città”, la deputazione della cappella del tesoro di San Gennaro, il Pio Monte di Misericordia, il Museo Diocesano di Napoli, il complesso monumentale “Donnaregina”, il comitato “San Gennaro – Guardia in onore alla cripta”, l’associazione “I sedili di Napoli”, la fondazione “Ferrante Sanseverino”, l’associazione “Sebeto” e l’International council on monuments and sites.
Quello di San Gennaro è un culto molto sentito e radicato in città. Il martire, morto decapitato a Pozzuoli nel 305 d.C. durante le persecuzioni cristiane, viene celebrato ogni 19 settembre, data della sua esecuzione. Secondo la tradizione, le ampolle custodite nel duomo, compirebbero il miracolo della liquefazione del sangue tre volte all’anno: la prima domenica di maggio, ogni 16 dicembre e ogni 19 settembre, in occasione dei festeggiamenti del santo. La leggenda, molto radicata nella credenza popolare partenopea, vuole che l’eruzione del Vesuvio del 1631 sia stata fermata solo grazie all’esposizione delle sue reliquie di fronte al vulcano. La mancata liquefazione rappresenterebbe l’annunciazione di pericoli nefasti per Napoli e per i suoi abitanti. Secondo le indagini condotte dal Cicap che si occupa dello studio dei fenomeni non spiegabili scientificamente, tale scioglimento sarebbe dovuto a particolari sollecitamenti meccanici che ne permetterebbero la liquefazione all’interno dell’ampolla.
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