Il tanfo nauseabondo sprigionato dai mucchi di spazzatura dati alle fiamme, in quella che da anni è comunemente nota come la Terra dei fuochi, con l’arrivo dell’estate si insinua prepotentemente nelle case dei cittadini. Come un’inesorabile stagione mortifera che non conosce fine, con i primi caldi questo male stringe la propria morsa sui centri abitati della provincia di Caserta, tornando ancora una volta al centro dell’attenzione. Per i più, e questo basterebbe ampiamente a farne una priorità assoluta, questi roghi sono fonte di un avvelenamento lungo e costante che, nel tempo, si è già tradotto in seri danni per la salute. Per altri, invece, ogni singolo sacchetto di immondizia dato alle fiamme può essere un punto di non ritorno. È il caso di Luigi, un ragazzo di 22 anni residente a Teverola, nell’Agro aversano, che vive attaccato a un respiratore e per la cui salute il padre Salvatore si batte senza tregua da anni. La famiglia Fabozzi abita in via Cupa, una strada che segna il confine tra i comuni di Casaluce e Teverola, costeggiata da villette e numerosi terreni a uso agricolo. Qui, praticamente ogni giorno, vengono sversati da ignoti grossi quantitativi di rifiuti, che si accumulano tra le sterpaglie e, con l’arrivo della bella stagione, vengono sistematicamente dati alle fiamme causando folte nubi tossiche che avvolgono tutto il circondario.

Una situazione che preoccuperebbe chiunque dotato di amor proprio ma che, per la salute di Luigi, ha avuto e continua ad avere un impatto assolutamente disastroso. “Luigi viene al mondo nel 1998, apparentemente sano – racconta il padre -. A 5 giorni dalla nascita, tuttavia, lo abbiamo riportato in ospedale per l’elettrocardiogramma e i medici ci hanno fanno notare come il bimbo avesse subito una piccola ipossia al momento della nascita, avvenuta col taglio cesareo, e una sepsi ombelicale a causa di un bisturi non correttamente sterilizzato. Dopo poco più di un mese, sono iniziati i primi problemi di salute seri: crisi convulsive, crisi epilettiche, una serie di cose che ci hanno portato, negli ultimi 20 anni, a girare un po’ tutto il mondo. Se oggi Luigi è ancora vivo – continua Salvatore – è solo grazie all’amore di tutta la sua famiglia e delle persone che gli vogliono bene”. Il bambino, quindi, cresce con notevoli problemi di salute, che lo rendono particolarmente cagionevole e vulnerabile ad ambienti insalubri. La parte più cupa del dramma si consuma cinque anni fa: nel gennaio 2015 Luigi, già colpito da una bronchite, inala dei fumi tossici giunti dalla strada e ha un’altra, devastante crisi respiratoria. Trasferito d’urgenza in ospedale, va in coma per 45 giorni. Dal nosocomio uscirà solo sei mesi più tardi, dopo essere stato sottoposto a una tracheostomia. Da quel momento, la sua vita dipende dalla macchina che gli consente di respirare.
“Io da allora combatto per fare ciò che in una città normale sarebbe l’ordinario – afferma il padre, che riferisce di dover provvedere da sé, due volte all’anno, a servizi essenziali quali la deblattizzazione e la derattizzazione -. Ho installato delle telecamere attorno alla mia abitazione, con le quali sono riuscito a documentare diversi casi di sversamento e combustione di rifiuti. Posso riferire di episodi sconcertanti, come quando un’utilitaria percorse tutta la strada con la portiera aperta, disseminando sacchetti lungo il tragitto”.
Una situazione assurda, che assume contorni tragici quando si pensa a quello che c’è in ballo: “Siamo abbandonati a noi stessi – denuncia Salvatore –. Nei campi circostanti sono sotterrati amianto, materiali tossici, di tutto. Gli unici che ci hanno dato una mano concretamente sono stati l’assessore all’Ambiente del Comune di Teverola, Alfonso Fattore, e i carabinieri, che da tanti anni mi aiutano a combattere la mia battaglia per la vita di mio figlio“. Un supporto prezioso che, tuttavia, non è sufficiente a risolvere il problema. “Nessuno del Comune di Casaluce – spiega Salvatore, che mostra i documenti delle innumerevoli segnalazioni – si è mai fatto vivo, nonostante le tante denunce, gli esposti e le petizioni da me presentati; l’ultima risale a meno di un anno fa”. Quello che Salvatore chiede è di poter vivere in casa propria senza che quest’ultima si trasformi in una trappola mortale per il proprio figlio.

Grossi passi in avanti, in tal senso, potrebbero essere fatti con azioni di trascurabile entità per i Comuni di Teverola e Casaluce, interventi più volte chiesti dalla famiglia Fabozzi e, ciononostante, mai arrivati. L’installazione da parte delle autorità cittadine di tre semplici pali alimentati da corrente elettrica lungo la strada, ad esempio, permetterebbe a Salvatore di fornire la via di un impianto di illuminazione e di telecamere di sorveglianza, servizi essenziali per cui, specifica, sarebbe disposto anche a pagare di tasca propria. Per chi vive in un contesto normale, queste possono sembrare cose di poco conto ma, nella situazione di Luigi, luci e telecamere possono fare la differenza fra la vita e la morte, tra una sopravvivenza messa a rischio ogni giorno da comportamenti criminali e la tranquillità di poter vivere a casa propria senza dover temere nulla. Una tranquillità che da anni, in questa piccola strada tra Teverola e Casaluce, per Luigi e i suoi genitori sembra irraggiungibile.
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