Inchiesta “Pineta grande”: chiesto rinvio a giudizio per 36 indagati
Per gli inquirenti, si sarebbe creato un radicato sistema corruttivo per favorire il direttore della clinica di Castel Volturno in cambio di assunzioni e permessi
La Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere ha chiesto il rinvio a giudizio di 36 persone coinvolte nell’inchiesta riguardante la clinica Pineta grande di Castel Volturno e indagate a vario titolo per i reati di corruzione, falso, abuso d’ufficio, reati urbanistici, rivelazione dei segreti d’ufficio e indebita induzione a dare o promettere utilità. L’inchiesta aveva preso corpo nel gennaio di quest’anno, quando finì agli arresti Vincenzo Schiavone, amministratore della struttura sanitaria di Castel Volturno, per poi proseguire a maggio scorso col coinvolgimento nelle indagini di altri 48 indagati tra funzionari della Regione Campania ed ex amministratori del Comune di Castel Volturno.
Le indagini condotte a carico di Schiavone hanno permesso di far emergere numerose irregolarità e illiceità legate ai lavori di ampliamento della clinica Pineta grande, autorizzati da apposite delibere del consiglio comunale di Castel Volturno nonostante fossero in aperto contrasto con le normative urbanistiche regionali che regolano la realizzazione e l’ampliamento delle strutture sanitarie. Secondo gli inquirenti, sarebbero responsabili di questi atti illeciti non solo l’ex primo cittadino di Castel Volturno, Dimitri Russo, ma anche la giunta e una parte del consiglio comunale.
Secondo quanto confermato anche dalla Cassazione, otto persone legate a vincoli di parentela con i membri dell’amministrazione, sarebbero infatti state assunte dalla direzione generale della clinica tra il 2015 e il 2018, in cambio del rilascio dei permessi a costruire considerati illegittimi. Organi politici e tecnici del Comune di Castel Volturno avrebbero, dunque, rilasciato provvedimenti favorevoli alla clinica, mettendo su un vero e proprio sistema di corruzione clientelare. Ulteriori irregolarità sarebbero state compiute dalla struttura commissariale della Regione Campania nella programmazione del fabbisogno sanitario regionale, al fine di favorire la sanità privata con specifici provvedimenti di sostegno economico e finanziario e depotenziare il settore pubblico. Mentre negli ospedali pubblici venivano ridotte e tagliate le “eccedenze”, queste venivano al contrario aumentate nel settore privato tramite l’elargizione dei suddetti “favori”.
Le indagini avrebbero così rivelato l’intreccio tra la dirigenza sanitaria dell’ospedale, l’amministrazione comunale, i funzionari della Regione Campania e gli amministratori della direzione sanitaria regionale. Grazie a questo sistema corruttivo, Vincenzo Schiavone avrebbe altresì ottenuto ulteriori favori quali il trasferimento presso la sua struttura ospedaliera dei posti letto delle cliniche Villa Ester, Villa Bianca e Padre Pio, in maniera tale che Pineta grande si trovasse così ad avere una maggiore disponibilità di posti di degenza rispetto a quelli accreditati. Tali elementi probatori, così come evidenziati anche dall’accurata analisi condotta sugli atti da parte dell’Autorità nazionale anticorruzione, avrebbero quindi svelato il sistema illecito che si era creato per favorire gli interessi di Schiavone, considerato un vero e proprio “dominus” della sanità regionale campana.
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