Teste di lumache che vanno a spasso
All’università di Nara, in Giappone, la dottoressa Sayaka Mitoh ha studiato con il suo team lo strano comportamento di alcune particolari specie di lumache. Le specie Elysia atrovidiris ed Elysia marginata sono state infatti osservate mentre staccavano la propria testa dal corpo in maniera volontaria. In realtà questa capacità non è ignota, ma non si sospettava che le teste potessero sopravvivere autonomamente e rigenerare interamente il corpo mancante. Grazie anche alla particolare capacità di assimilare cloroplasti (organelli vegetali indispensabili per la fotosintesi), le teste effettuano la fotosintesi per integrare le energie necessarie alla rigenerazione di quasi l’80% del loro corpo. La rigenerazione osservata è stata in grado di ricostituire cuore e organi interni senza difficoltà, probabilmente grazie a particolari tipi di cellule staminali. Si ritiene che tale comportamento possa servire a liberarsi di parassiti interni o a sfuggire ai predatori.
Il progetto NeuroDante
Nell’ambito di una ricerca nata dalla collaborazione tra il Dipartimento di Medicina molecolare e quello di Studi europei, americani e interculturali della Sapienza di Roma, un team di neuroscienziati guidati dai professori Fabio Babiloni e Paolo Canettieri hanno studiato gli effetti sul cervello della lettura di passi della Divina Commedia di Dante Alighieri. Nello studio, in particolare, è stata esaminata l’attività neurofisiologica dei vari partecipanti, divisi in categorie, attraverso varie metodologie oltre che con questionari di auto-valutazione su vari parametri delle esperienze vissute. I partecipanti esperti in letteratura mostravano apprezzamento principalmente durante le fasi di attività cognitiva, volte all’analisi e alla percezione degli stimoli (lettura, ascolto di brani), mentre i non esperti in letteratura mostravano un maggior apprezzamento durante le attività cognitive di ricordo e riconoscimento di brani conosciuti. In generale, inoltre, nei non esperti gli indici di attività emozionali erano preponderanti, mentre negli esperti avevano la meglio gli indici di attività di sforzo cognitivo. Questo avvalora l’ipotesi che esperti e non esperti apprezzino in maniera molto diversa l’arte.