Gli effetti economici della guerra in Ucraina toccano anche il prezzo del latte e dei formaggi che cresce del 30%. Il settore lattiero caseario sta vivendo un periodo di grande difficoltà con i produttori di latte che rimettono in circolo solo sette mucche sulle precedenti dieci. Con conseguente minor produzione di latte e ovviamente si producono meno formaggi e quelli prodotti costano di più.
Dunque, gli allevatori scelgono l’unica strada possibile, quella di ridurre il numero di mucche per contenere i costi, eliminando quelle che producono meno latte. Il costo del latte per la stalla si aggira attorno ai 50 centesimi al litro (anche se in alcune zone d’Italia si può arrivare anche a 58 centesimi al litro), e il prezzo attualmente pagato al litro non supera i 45 centesimi, con l’eccezione di alcune aziende che pochi giorni fa hanno chiuso un accordo con gli allevatori a 48 centesimi al litro.
“E’ una tempesta perfetta”, preciso il presidente di Assolatte Paolo Zanetti, “perché arrivavamo da un periodo pre-guerra con già un grosso rincaro dei prezzi, non solo agricoli, ma anche legati all’energia, al gas, al cartone e alla plastica. La guerra non ha fatto altro che acuire questo grandissimo aumento dei prezzi”.
“In tutto lo scenario internazionale – spiega Zanetti – manca il latte. Tutta Europa registra questo fenomeno. Spero che il governo possa instaurare misure a sostegno del comparto zootecnico. Noi che siamo industriali del settore, naturalmente, siamo vicini agli allevatori che hanno dovuto subire rincari enormi dell’energia soprattutto in questo ultimo periodo”.
La guerra dunque ha dato il colpo di grazia ad un settore già in difficoltà. Dal costo dell’energia, agli imballaggi fino al trasporto. Il consumatore finale dunque si troverà a pagare circa il 30% in più per i prodotti della filiera, comprese le eccellenze come il Grana Padano o il Parmigiano Reggiano che sono stati fatti con latte di almeno 9 mesi fa, ma che si sono comunque dovuti adeguare all’attuale costo della materia prima.