Nasce a Napoli il network per l’arteriopatia obliterante periferica, nota ai più come malattia delle vetrine. La patologia colpisce più di 3000 campani, ha un’eziologia di natura generalmente arterosclerotica e provoca un restringimento delle arterie. E se a livello cardiaco e cerebrale i rischi ben noti sono ictus e infarto, negli arti inferiori si rischia la mancata irrorazione dei tessuti con conseguente necrosi e amputazione dell’arto. I primi sintomi sono dolori al polpaccio e alla gamba che provocano una zoppìa intermittente. Da qui il nome di malattia delle vetrine: il dolore, infatti, impedisce al soggetto che ne soffre di camminare bene, costringendolo a fermarsi, come quando si passeggia per osservare le vetrine e fare shopping. I principali fattori di rischio della malattia sono l’età avanzata, l’ipertensione, il fumo, l’ipercolesterolemia e il diabete mellito. Il piede diabetico, per esempio, è una tra le principali complicanze di cui soffrono i pazienti diabetici. Il network per l’Aop, nato da un’ iniziativa del dipartimento di scienze biomediche dell’università Federico II di Napoli, ha come obiettivo quello di creare un nuovo modello assistenziale per i pazienti affetti dalla patologia, mettendo in rete sedici ospedali campani.
In ogni struttura ospedaliera, le persone che vanno incontro a rivascolarizzazione arteriosa, sia essa chirurgica ovvero endovascolare, degli arti inferiori saranno affidati alle cure di un team multidisciplinare, composto da chirurghi vascolari e cardiologi. Nell’ambito di uno studio internazionale, è emerso come tali soggetti siano particolarmente esposti al rischio di eventi avversi, sia legati al cuore sia agli arti. Inoltre, allo stato attuale, solo una parte ristretta riceve una terapia medica adeguata, che rispetti le raccomandazioni delle linee guida internazionali. I ricercatori coinvolti nello studio si occuperanno proprio di accertare che, dopo la procedura di rivascolarizzazione, i pazienti ricevano una valida terapia medica e che questa venga adeguatamente seguita nel tempo, consentendo loro, ad esempio, di avere controllo appropriato della pressione arteriosa e dei livelli di colesterolo.
“L’ interazione tra il chirurgo vascolare e il cardiologo è fondamentale – spiega Giovanni Esposito, ordinario di malattie dell’apparato cardiovascolare e direttore dell’unità operativa complessa di cardiologia, emodinamica e utic della Federico II – perché l’approccio alla patologia deve essere di tipo chirurgico e farmacologico. In passato, l’ischemia del piede diabetico, causata proprio dall’arteriopatia obliterante, risultava inevitabilmente nell’amputazione, con tutti i rischi connessi. Nell’arco di un anno, infatti, la mortalità dei pazienti amputati è di uno su tre, in alcuni casi anche di uno su due. Oggi, invece, le terapie farmacologiche associate alle tecniche di rivascolarizzazione, come stent e by-pass, permettono di evitare l’amputazione grazie alla riapertura delle arterie e al ripristino della circolazione nel piede. E in questo percorso il peso della terapia farmacologica è aumentato enormemente. Basti pensare che oggi i farmaci riescono a ridurre del 35% le amputazioni. Se consideriamo che in italia vengono eseguite 70.000 amputazioni l’anno, di cui 30.000 a causa di fattori ischemici, le altre derivano da incidenti, con la giusta terapia farmacologica si evitano almeno 10.000 amputazioni. Le terapie farmacologiche di maggior successo sono quelle antitrombotiche con anticoagulanti orali e quelle con farmaci in grado di ridurre il colesterolo: questi farmaci hanno ridotto drasticamente non solo i casi di infarto, per cui erano nati, ma anche le conseguenze più severe e invalidanti della malattia periferica”.
Nella strategia terapeutica per i pazienti affetti dalla malattia delle vetrine è importante agire sull’arterosclerosi. Tra i trattamenti di prima scelta, raccomandati dalle linee guida internazionali, vi sono i farmaci ipolipidemizzanti, come le statine o le associazioni con ezetimibe. Le statine possono contribuire efficacemente a ridurre gli eventi cardiovascolari più gravi (il 26% in meno) e la necessità di amputazioni. Tuttavia, nei casi di un inadeguato raggiungimento del livello di colesterolo LDL < 55mg/dl, le linee guida suggeriscono l’aggiunta a tali terapie di farmaci inibitori del PCSK9, al fine di ridurre significativamente il rischio di eventi cardiovascolari nei pazienti con arteriopatia periferica. Ma anche il fattore tempo è importante, come ricorda Eugenio Stabile, associato di malattie dell’apparato cardiovascolare e corresponsabile dello studio Amt-leader con Esposito: “Questa malattia è diffusa più di quanto si pensi ed evolve lentamente, per cui viene spesso trascurata. Invece è fondamentale rivolgersi subito al medico se si nota una ferita che tarda a guarire sul piede o se si prova dolore al polpaccio affinché si possa essere subito indirizzati dagli specialisti. E poi noi stessi possiamo fare tanto per prevenirla e contrastarla, con uno stile di vita sano e una terapia medica adeguata”.
Il centro di cardiologia della Federico II sarà il centro di coordinamento per le sedici strutture aderenti all’iniziativa, tesa al controllo e alla prevenzione della malattia delle vetrine. La rete nelle cinque province campane assicurerà ai pazienti una presa in carico uniforme e standardizzata che migliori la loro qualità e aspettativa di vita. La rete si rivolgerà a un target potenziale di circa 1.100 pazienti. La piattaforma informatica faciliterà il coordinamento tra il centro referente e quelli aderenti, favorendo una gestione assistenziale uniforme. Di seguito i centri aderenti a cui i pazienti possono fare riferimento nelle varie province campane: Federico II, ospedale Monaldi, ospedale del Mare, ospedale dei Pellegrini, clinica Mediterranea, ospedale Cardarelli, casa di cura Villa dei fiori, ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona, ospedale San Luca, casa di cura Salus, ospedale Maria SS. Addolorata, ospedale Sant’Anna e San Sebastiano, ospedale San Giuseppe Moscati, clinica San Michele, clinica Montevergine, ospedale San Pio.
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