Il 2020, per gli operatori sanitari degli ospedali napoletani, è iniziato allo stesso modo in cui è terminato l’anno appena trascorso. Quattro le aggressioni ai medici nei primi tre giorni di gennaio, un’escalation preoccupante, che ha acceso i riflettori su un fenomeno ormai fuori controllo. Oltre cento gli atti di violenza nei nosocomi partenopei registrati nel 2019, ma anche nelle altre province campane la situazione non è migliore. Le due strutture ospedaliere teatro di aggressioni nei confronti di dottoresse in servizio durante i primi giorni dell’anno sono il San Giovanni Bosco e il Vecchio Pellegrini, tra i nosocomi maggiormente a rischio, ma nessun complesso ospedaliero è immune.
Subito dopo il Capodanno, come fa sapere l’associazione a tutela dei camici bianchi “Nessuno tocchi Ippocrate”, sono state prese di mira due operatrici sanitarie, strattonate e addirittura prese a bottigliate. L’ultimo episodio in ordine di tempo è accaduto al pronto soccorso all’ospedale Vecchio Pellegrini dove un uomo ha devastato una parte del reparto. Il paziente, giunto nel nosocomio per un lieve malore, non ha voluto attendere il proprio turno e, prima di mettere sotto sopra il reparto, ha insultato medici e infermieri.
La Croce rossa è stata categoria nel commentare i casi di violenza negli ospedali napoletani: “Siamo messi peggio che nei territori di guerra”, hanno detto i volontari. Lavorare nella città campana, effettivamente, è più difficile che districarsi nei luoghi di trincea, dove perlomeno il personale e i mezzi di soccorso sono tutelati dalle convenzioni internazionali. Sono intervenuti sull’argomento anche il ministro della Salute Roberto Speranza e il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca.
Il primo ha dichiarato: “Inaccettabili le aggressioni a chi ogni giorno si prende cura di noi. Bisogna approvare al più presto la norma, già votata al Senato, contro la violenza ai camici bianchi. Non si può aspettare”. Il governatore campano, invece, ha fatto richiesta al prefetto e al ministero dell’Interno di un presidio fisso delle forze dell’ordine negli ospedali cittadini, questo per mettere gli operatori sanitari nelle condizioni di poter svolgere al meglio la loro delicata professione.
Ma si resta sempre nel campo delle buone intenzioni. L’ordine dei medici di Napoli si appella al premier Giuseppe Conte, affinché approvi un decreto legge che in prima battuta crei l’attenzione, fino ad oggi mancata, del Parlamento, così da investirlo della questione della violenza sui medici e gli operatori sanitari.
Il problema principale resta la carenza di personale, che non permette il regolare funzionamento degli ospedali, in particolare rende difficile il lavoro nei reparti più critici, come il pronto soccorso, dove si concentrano maggiormente le aggressioni contro il personale sanitario. File lunghe, attese snervanti, clima teso tra utenti, medici e infermieri, tanto che, quasi sempre, si verificano episodi di violenza.
Nonostante la regione Campania abbia confermato il risanamento economico e finanziario iniziato dal 2013 e abbia accresciuto il punteggio “Lea” che misura la qualità dei servizi sanitari, portandolo sopra la sufficienza, la situazione non è migliorata. Avviata la fase di uscita dal commissariamento, non è cambiato nulla per cittadini e pazienti. Gli utenti sono sempre alle prese con le disfunzioni ormai croniche: mancanza di personale, tetti di spesa che pesano su malati cronici e anziani, l’accesso alle prestazioni in centri accreditati a singhiozzo. Senza contare una rete dell’emergenza in affanno, i circuiti per trauma e ictus da completare, l’assistenza nei distretti costantemente sotto i valori minimi, soprattutto per le attività di prevenzione e screening. La strada da percorrere è lunga e non è detto che quella intrapresa sia giusta.
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